Laura Merlin

L'Eco Delle Anime


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le avessero gettato un secchio pieno di ghiaccio sopra la testa. Si staccò di colpo e allontanò Male con un gesto brusco.

      Il demone non si aspettava di essere respinto così e barcollò all’indietro. Nessuno si era accorto di quello che era appena successo tra i due, gli altri avventori del locale continuavano a sorseggiare i loro cocktail e a ridere di chissà quali battute come se niente fosse. Nael, invece, era ancora più confusa e tutta quella tranquillità intorno le dava un senso di claustrofobia.

      ‹‹Che succede?››, provò a chiedere Male con tono canzonatorio.

      ‹‹S-stai lontano da me! Non mi toccare mai più››, gli urlò contro lei.

      Indietreggiò senza perderlo di vista, e non appena raggiunse l’uscita si mise a correre verso l’indirizzo che Kay le aveva mandato.

      Per sua fortuna, il Settore 2 era proprio lì vicino. Nel giro di quindici minuti trovò il nucleo 29 all’unità 175. I grandi numeri neri posti su ogni edificio si notavano facilmente, in contrasto con i lisci muri bianco candido.

      Provò a suonare il campanello.

      Nessuno rispose.

      Guardò l’orologio, mancava mezz’ora scarsa al coprifuoco e il suo nucleo abitativo al Settore 3 distava venti minuti buoni da dove si trovava ora. Non sarebbe mai arrivata in tempo e questo era un grosso problema, ma non avrebbe mai lasciato sola la sua migliore amica nel momento del bisogno.

      Sapeva che dopo il coprifuoco non si poteva uscire di casa per nessun motivo. A volte succedeva che i Nia-Za scendessero per controllare che tutto fosse in ordine all’interno della cittadella. Di tanto in tanto qualcuno veniva scoperto fuori casa, nella maggior parte dei casi si trattava di ubriachi. Si vociferava in giro che venissero torturati fino allo sfinimento e che le urla facessero venire la pelle d’oca a chi avesse avuto la sfortuna di avere il nucleo abitativo proprio accanto al luogo dell’esecuzione.

      Prese un respiro profondo per scacciare il panico procurato da quei pensieri disgustosi e tremendi. Decise di fare un ultimo tentativo.

      Questa volta, però, bussò. La porta si aprì con un leggero click. Era stata chiusa male.

      Nael entrò e bisbigliò ‹‹È permesso?››.

      Ancora nessuna risposta.

      La debole luce nella stanza non permetteva di distinguere bene ciò che c’era dentro. Nael intravide una sagoma al centro della stanza, una specie di sacco vuoto ripiegato su sé stesso. Strizzò gli occhi per vedere meglio.

      Il cuore cominciò a battere all’impazzata, il respiro si fece più corto, le mani iniziarono a sudare.

      Non era un sacco vuoto, era qualcosa di più inquietante. Qualcosa che non avrebbe mai e poi mai voluto vedere. I piedi si mossero in avanti, spinti da una misteriosa forza invisibile. Si avvicinò alla cosa al centro della stanza. Non appena fu abbastanza vicina da non avere dubbi su cosa fosse, si portò una mano alla bocca e soffocò un grido di terrore.

      Barcollò all’indietro per lo spavento. La cosa, in realtà, era un cadavere di donna. Una specie di mummia avvizzita. I capelli radi e grigio cenere facevano intravvedere un cuoio capelluto ricoperto da macchie marrone - verdognole. La pelle raggrinzita sembrava il risultato di un’ustione di primo grado. Il viso era stato immortalato per sempre in un’orrenda smorfia di dolore, con gli occhi che sembravano voler schizzare fuori dalle orbite da un momento all’altro. La carne della bocca, come staccata a morsi, lasciava scoperto un buon pezzo di mandibola e una parte dell’arcata dentale. Il puzzo di marcio e putrefazione si stava pian piano diffondendo nell’aria.

      Nael, troppo presa dallo stato del corpo di quella povera donna, si accorse solo in quel momento dei vestiti che indossava: un paio di jeans a sigaretta slavati e una t-shirt giallo fluo con sopra scritto Nessuno è perfetto! Io sono nessuno.

      Quella stupida maglietta l’aveva regalata lei a Kay. L’aveva trovata in un mercatino dei tempi pre-apocalisse e aveva deciso che sarebbe stata perfetta per una pazza scatenata come Kayley.

      ‹‹In che casino ti sei cacciata?›› disse con un filo di voce, cadendo in ginocchio di fronte al cadavere. ‹‹Perché mi sono fidata a lasciarti andare con quell’essere infernale?››.

      ‹‹Essere infernale, eh? Devo dire che hai azzeccato il termine adatto… Stella privata del Cielo››. Una voce cupa risuonò nella stanza.

      ‹‹Chi sei? Che vuoi da me?››. Il sangue di Nael scorreva a più non posso nelle vene.

      ‹‹Tu sei la portatrice dei sigilli!››. Una risata agghiacciante le provocò un brivido lungo la schiena. ‹‹Cosa vogliamo da te? Semplice, vogliamo vederti morta… come la tua amica››.

      Gli assassini di Kay volevano uccidere anche lei.

      Per quale motivo? E cosa voleva dire definendola in quel modo? Lei non era la portatrice di un bel niente. Doveva per forza essere un bruttissimo incubo. Nessun essere umano poteva ridurre una persona in quelle condizioni, solo un demone poteva farlo.

      Chi osava essere tanto sfrontato da infrangere il secondo articolo del patto fatto col Maligno mettendo in pericolo la sua stessa vita?

      Il mondo cominciò a vorticarle attorno, l’aria sembrò smettere di girare nei polmoni e tutto si fermò. Nella testa le riecheggiò lontana la risata di Kay.

      Spuntò un ricordo. Il loro primo incontro a scuola, quando Nael le aveva sorriso e le aveva offerto un fazzoletto per asciugarsi le lacrime. Poi seguirono altri ricordi a una velocità innaturale. Momenti felici, gioiosi, in cui niente e nessuno sembrava poterle dividere.

      Tranne la morte.

      A quel pensiero tutta la disperazione del mondo sembrò riversarsi dentro il suo corpo e le immagini si bloccarono su un attimo preciso: il giorno dopo il Path’s Day. La voce di Kay risuonò chiara, come se stesse pronunciando quelle parole in quello stesso istante.

      “Poi ammettilo, senza di me ti annoieresti a morte”.

      Si ricordò di non aver avuto tempo per replicare. Le lacrime le salirono agli occhi e scoppiò a piangere, colta dall’improvvisa certezza che ora non avrebbe più potuto risponderle.

      ‹‹Starò tremendamente male senza di te››, la voce di Nael era rotta dai singhiozzi. ‹‹Riposa in pace, Kayley Reese Sloan››.

      Si prese il viso tra le mani, e in quello stesso istante un fortissimo dolore inatteso all’avambraccio destro la fece urlare. Il grido era carico di potere e sembrò vibrare in quella sorta di dimensione in cui era stata catturata. Un’abbagliante luce rossa stava incidendo qualcosa sul braccio della ragazza. Le mordeva la carne, la strappava e si nutriva del suo stesso sangue iniettandole dentro una nuova linfa vitale. Nael si sentiva bruciare, proprio come nell’incubo che aveva fatto.

      Ebbe il timore che fosse tutta opera del Maligno, ma una certezza che partiva dal cuore la rassicurava che non era opera sua. Si trattava di una forza celestiale, pura e trasparente, mossa solo dall’amore di un essere che si faceva chiamare l’Onnipotente.

      Quando tutto finì, la stanza ripiombò nella debole luce della lampada da tavolo accanto al televisore. Il corpo di Kay non c’era più. Al suo posto, era rimasto un mucchietto di cenere. Nael allungò una mano tremante verso i resti carbonizzati dell’amica. Li accarezzò con dita tremanti e una lacrima le scivolò dal viso.

      La pelle del braccio destro pizzicava e le faceva male. Si guardò e vide uno strano simbolo rotondo, con dei disegni all’interno e delle scritte all’esterno. Era lo stesso del sogno.

      A differenza del simbolo che aveva visto tatuato sulla schiena di Ny la sera del concerto, quello era più rassicurante. Il rosso scarlatto dei simboli trasmetteva forza e coraggio. Cercò di leggere cosa c’era scritto e restò sorpresa