Dawn Brower

Tutte Le Signore Amano Coventry


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e non lo videro da nessuna parte. La stanza sembrava stranamente tranquilla. Non c’erano neppure domestici nei dintorni e Charles dovette ammettere che sarebbe stata una zona adatta per un incontro clandestino. “La biblioteca non è da queste parti?” chiese Dashville.

      “Penso di sì. Andrò a controllare, invece perché tu non vai a guardare in giardino? Se lo trovi, portalo a casa mia e chiedi al mio valletto di iniziare a farlo ritornare sobrio. In ogni modo ci vediamo lì tra un’ora.” Era tutto quello che poteva fare per salvare Shelby. Se Dashville o lui stesso non fossero riusciti a trovarlo, avrebbe provato nuovamente un altro giorno, ma non avrebbe continuato se Shelby avesse fatto troppo il difficile.

      “Va bene”, concordò Dashville. “Buona fortuna”. Si girò e lasciò Charles da solo nel corridoio che conduceva verso i giardini sul retro. Sperava di trovare Shelby o che almeno Dashville lo facesse. Il conte aveva bisogno di aiuto.

      Charles aggrottò la fronte, poi iniziò a camminare verso la libreria. Manteneva un’andatura disinvolta, anche se avrebbe dovuto avere più fretta di trovare il conte. Semplicemente non ci metteva il cuore e non sapeva perché. Di solito si agitava al pensiero di salvare un membro potenziale del suo club. Ultimamente era stato colpito da una certa noia e non riusciva a scacciarla. C’era qualcosa che non andava nella sua vita, ma non sapeva cosa. Tuttavia non poteva soffermarsi a pensare a quello al momento. Charles doveva almeno cercare di localizzare Shelby. Il corridoio era ancora tranquillo e ciò non prometteva bene per la ricerca del conte.

      Fece ancora qualche passo, poi si fermò. Una donna era in piedi vicino all’entrata della biblioteca. Charles non riusciva a distinguere i suoi lineamenti, ma la sua silhouette era certamente femminile, e per di più con delle belle curve. Forse Shelby aveva veramente un appuntamento sul posto e Charles lo avrebbe trovato in biblioteca. Odiava veramente interrompere il piacere di un uomo, ma non poteva evitarlo. Charles continuò a dirigersi verso la biblioteca e seguì la donna all’interno. Lei non aveva notato la sua presenza e non sembrava esserci nessun altro nella stanza. La luce della luna che filtrava attraverso le finestre illuminava i suoi lineamenti, ma non abbastanza da permettergli di vederla a sufficienza. Voleva guardarla e scoprire se era bella come suggeriva la sua ombra. Sapeva solo una cosa- era vestita di bianco. Generalmente quello era il colore riservato alle debuttanti, altrimenti dette innocenti. Come mai una vergine stava incontrando segretamente Shelby? Pensava che il conte l’avrebbe sposata? Charles avrebbe dovuto toglierle quell’illusione.

      Le si avvicinò e disse, “Vi siete persa?”

      Lei sobbalzò alla domanda. Forse dopotutto non stava aspettando nessuno. Una donna che progettava di incontrare un uomo, non sarebbe stata sorpresa dal suono di una voce maschile. “Chi c’è?” domandò.

      Aveva un piacevole accento scozzese che gli provocò brividi lungo la spina dorsale. Non c’erano molte donne scozzesi che frequentavano i balli a Londra. Non aveva neppure sentito di qualche nuova arrivata. Non che fosse impossibile che fosse appena arrivata a Londra. Charles non teneva il conto delle debuttanti. Di solito sentiva parlare di loro, che lo volesse o no. “Non avete risposto alla mia domanda”, scherzò. “Rispondere a una domanda con un’altra domanda non è molto opportuno, mia cara”.

      Si avvicinò al caminetto e passò le dita sulla mensola finché non trovò la scatola con l’acciarino. Poi si chinò e si accinse ad accendere il fuoco. Faceva un freddo cane nella stanza e aveva l’impressione che sarebbero rimasti lì per un po’. Avrebbe anche aiutato ad illuminare un po’ la stanza, così avrebbe potuto dare un’occhiata migliore alla ragazza.

      “Cosa state facendo?” gli chiese.

      “Penso che un fuoco renderà le cose migliori, vero?” Non smise di fare quello che stava facendo per guardarla. Charles voleva un fuoco e lo avrebbe acceso. Dopo averlo fatto, le avrebbe rivolto tutta l’attenzione.

      “Ma almeno sapete quello che state facendo?” Si era avvicinata a lui ed ora si stava chinando per criticare la sua tecnica.

      Charles ridacchiò leggermente. In qualche modo gli piaceva. Lei non stava cercando di corrergli dietro e di attirare la sua attenzione. Ciò era abbastanza un sollievo. “Ho acceso qualche fuoco nella mia vita.” Non in un solo modo…”Si fidi, posso farlo.”

      “Qualcosa mi dice che non vi stiate riferendo solo a come accendere una fiamma nel caminetto” La ragazza fece un passo indietro. “Non avete risposto alla mia precedente domanda. Chi siete?”.

      Lui si alzò in piedi dopo che il fuoco iniziò a bruciare vivacemente e rimise a posto la scatola. Charles si girò per osservarla e per sgridarla per il suo comportamento maleducato, ma non riuscì a pronunciare una parola. Il fuoco la rendeva assolutamente mozzafiato. I suoi capelli rosso scuro assomigliavano a una fiamma che sfavillava di luce e la sua pelle chiara era deliziosa. Sembrava quasi invitarlo ad assaporarla, ma si trattenne. Quelli erano i suoi desideri, non quelli di lei, che scaturivano. Deglutì con difficoltà e poi si schiarì la gola. Il suo membro si irrigidì nei calzoni e pregò che lei non lo notasse. “Mi sembra di capire dal vostro continuo sviare il discorso, che non vi siate persa.”

      “No”, concordò lei. “E immagino che la vostra strana abitudine di cambiare argomento di conversazione sia il vostro modo di evitare di presentarvi.” Un dolce sorriso si formò sul suo viso e la rese ancora più bella. “Ma non dovete preoccuparvi. Il vostro nome non mi interessa.”

      “Veramente?” Lui alzò un sopracciglio. “E perché?”

      Lei si strinse nelle spalle e si girò dall’altra parte, dirigendosi verso la finestra. La giovane donna guardava fuori e verso il cielo scuro. “Perché non resterò a Londra. Non c’è niente qui per me. Quando mia sorella troverà un marito, andrò a casa e non ritornerò mai più.”

      Suonava quasi come una sfida. “Tenete le distanze, così non sarete tentata di restare.” Era qualcosa che avrebbe fatto lui. Lei era uno spirito affine e lui la rispettava, anche se non era d’accordo. Una donna piena di vita come lei non avrebbe dovuto rinchiudersi lontano dal mondo.

      “Questo è un modo di considerare le cose.” Lei continuava a guardare fuori dalla finestra e sembrava che volesse ignorarlo. Ciò infastidiva Charles più di quanto volesse ammetterlo.

      “Un po’ di conversazione non farà male a nessuno”, iniziò a dire. “ Fare la mia conoscenza non significa che verrete intrappolata da me o da Londra. Perché non facciamo una scommessa e non scopriamo qualcosa di nuovo?”

      “Preferirei di no” disse lei. “Non sono un tipo da scommesse. I rischi non portano niente di buono secondo la mia esperienza.”

      Era troppo evasiva e lui voleva spezzare la corazza che si era costruita attentamente. Se voleva iniziare ad intaccarla, avrebbe dovuto darle gli strumenti per farlo. “Forse non volete veramente conoscermi”, iniziò, “ma penso che possiamo essere dei grandi amici”. Le fece un inchino. “Lasciate che mi presenti. Sono il Conte di Coventry, ma voi mia cara, potete chiamarmi Charles.”

      Lei lo guardò oltre la propria spalla. Aprì le labbra, ma non uscì una parola. Poi sorrise. “E io sto facendo tardi a tornare al ballo, mio signore. Non preoccupatevi di chiamarmi in qualsiasi modo, dubito che ci rivedremo.”

      Con quelle parole lo superò e lo lasciò solo nella biblioteca. Charles non era mai stato così intrigato nella sua vita. Avrebbe scoperto il suo nome e si sarebbero rivisti. Avrebbe fatto del suo dannato meglio per assicurarselo.

      CAPITOLO 3

      I raggi brillanti del sole filtravano attraverso le finestre del salotto ed illuminavano tutta la zona. C’era veramente troppa luce per leggere ed Abigail aveva difficoltà a trattenere la propria irritazione. Come avrebbe potuto imparare qualcosa sulla mitologia greca, se non riusciva a concentrarsi sulle parole? Borbottò e chiuse il volume, frustrata, poi lo gettò sulla sedia libera al suo fianco.

      “Bene”, disse Melinda. Un sorriso soddisfatto le illuminava il viso. “Ora che hai finito di fare l’erudita, ti andrebbe di unirti a me per una passeggiata a Rotten Row?”

      Abigail storse il naso, poi sospirò. Forse sarebbe dovuta andare con Belinda per fare un po’ di movimento.