Dawn Brower

Il Cuore In Attesa


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pugno solo per quello sguardo. Ti prego, fa' che anche lei non si lasci ingannare dalla sua perfetta facciata… Si schiarì la voce. "Mi chiamo Reese".

      Probabilmente quello era un segnale per andarsene, ma non riusciva a muoversi. Continuava a pensare. Non sarebbe mai riuscito a conquistarla, non avrebbe nemmeno dovuto provarci. A cosa diavolo stava pensando? Non era adatto a lei e questo continuava ad essere un problema per il suo cuore. Reese lo aveva riportato alla realtà, doveva smettere di vivere in una fantasia. Non sarebbe mai andata oltre il fascino di Nolan e avrebbe considerato realmente Dane.

      "Reese" – disse Nolan delicatamente – "Mi piacerebbe parlare di più con te, ma sono impegnato a buttare la spazzatura. Forse dopo potremmo provare a conoscerci meglio".

      Reese ancora una volta lo guardò e aggrottò la frotte. "In realtà, devo rifiutare il tuo invito. Sono fidanzata" – indicò Dane e sorrise – "Se vuoi scusarmi, gli ho promesso che avrei ballato con lui".

      Non poteva essere più sorpreso, si era dichiarata a lui piuttosto che a suo fratello. Lo aveva fatto, in un certo senso. Non poteva non amarla di più in quel momento. Lo sguardo accigliato di Nolan valeva cento giorni della sua sfortuna perché, per un volta, era stato fortunato. Avrebbe ballato con la ragazza che amava, pensò a quanto lo aveva sperato quando aveva deciso di andare a quel ballo.

      "Sei pronto?" Reese gli tese la mano. "Adoro questa canzone".

      Non avrebbe potuto scegliere una canzone migliore per ballare con lei, se glielo avessero chiesto. Non era niente senza Reese e, a dire il vero, non aveva nessuna pretesa su di lei. Quanto era triste tutto quello? Ingoiò quel groppo che aveva in gola e le tese la mano. "Sarebbe un onore".

      Camminarono mano nella mano. Non riusciva a dire nemmeno una stupida parola, ma a volte volte le parole non servono. Se avesse potuto dichiararle il suo amore, lo avrebbe fatto; tuttavia, i sentimenti di lei non erano gli stessi. Reese lo avrebbe sempre considerato come qualcuno da aiutare e un amico su cui poteva contare. Doveva accettare che il loro rapporto non avrebbe mai raggiunto il livello che voleva. Una piccola parte di lui pianse per la frustrazione per quello che non poteva avere ma, per la maggior parte, era felice di poter avere almeno qualcosa da lei. Solo perché voleva che lo amasse, non significava che sarebbe successo. Alcune cose non sono destinate ad accadere e lui e Reese ne erano la prova.

      "Ti stai divertendo?" gli chiese.

      Doveva essere uno scherzo – non avrebbe mai considerato minimamente divertente quello che aveva fatto con Nolan. "Non fino a questo momento". Dopo il loro ballo, era uscito in fretta per evitare il suo malvagio fratello. Anche se avesse avuto un altro litigio con lui, sarebbe andato tutto bene. Aveva ottenuto quello per cui era venuto e quello era tutto ciò che importava.

      "Sono felice che sei venuto" – gli disse Reese – "Pensavo che non saresti venuto. Tutti dovrebbero andare al ballo, anche solo per pochi minuti. Il liceo non dura per sempre e qualche ricordo sarà apprezzato quando invecchieremo". Le sue labbra si distesero in un caldo sorriso. "O per lo meno così mi hanno detto".

      "Penso che tu abbia ragione". Almeno nell'ultima frase. "Ma il liceo non è stato proprio piacevole per me. Sto per diplomarmi, ma non mi volterò mai indietro". Alcune cose era meglio dimenticarle e gli anni infernali alla Shelton Academy erano in cima alla sua lista.

      "Mi dispiace".

      "Perché?" – chiese – "Non sei tu la responsabile".

      "Lo so". Aggrottò la fronte. La musica si diffondeva mentre loro seguivano il ritmo. "Ma mi dispiace lo stesso. Spero che un giorno le cose non siano più così difficili per te".

      "Va tutto bene". Sentì una sensazione strana al centro del suo stomaco. "Ho un progetto e un giorno niente di tutto questo avrà importanza".

      "Mi fa piacere". Il suo viso si illuminò quando sorrise. "Voglio aiutare le persone e diventerò il miglior dottore di tutto lo stato. Sapere cosa voglio mi aiuterà a raggiungerlo, quindi sono veramente felice che anche tu abbia un progetto".

      "Perché?" – non poté fare a meno di chiedere – "Cosa importa cosa farò della mia vita?"

      Il suo sorriso si affievolì lievemente. "Perché ti guardo e so quanto stai lavorando duramente al ristorante – potresti pensare che nessuno se ne accorga, ma io sì. Nessuno dovrebbe essere così stanco alla tua età. Spero che un giorno sarà più semplice per te".

      "No" – rispose – "Quando sarà più semplice, allora sicuramente le cose andranno male. Sto bene, te lo prometto". Non voleva che lei si preoccupasse per lui o per il suo futuro. "Concentrati sui tuoi obiettivi e sarai un medico meraviglioso, come hai programmato. Forse un giorno i nostri cammini si incroceranno di nuovo e possiamo confrontarci".

      "Sarebbe meraviglioso, ti terrò al corrente". Il suono della musica iniziò a disperdersi. "Ma per me ci vorrà più tempo rispetto a te, visto che non mi diplomerò prima di due anni. Non dimenticarti di me quando raggiungerai i tuoi sogni".

      "Non lo farei mai". Come poteva dimenticarsi di lei? "La canzone è finita. Suppongo che debba accompagnarti al tuo appuntamento". Sperava di non doverlo fare, ma la realtà aveva un modo di insinuarsi quando meno lo voleva.

      "Andrò da sola. Grazie per il ballo".

      "È stato un piacere". Un nodo si stava formando di nuovo nella sua gola. Non aveva considerato a quanto sarebbe stato difficile lasciarla andare. Lei annuì e si avviò verso il suo fidanzato, non prima di essersi girata a guardare Dane. Invidiava il suo fidanzato più di quanto potesse ammettere. Lo invidiava per avere il beneficio di stare con lei – di amarla liberamente… Il suo cuore l'avrebbe sempre aspettata finché non si fosse dichiarata, ma temeva che lei non lo avrebbe mai fatto.

      CAPITOLO 1

      Oggi

      Reese spinse una ciocca di capelli dietro il suo orecchio e fece un respiro profondo. Era stato un giorno particolarmente duro in ospedale. Amava il suo lavoro, ma alcuni giorni erano più difficili di altri. Lavorare in pediatria era stata un'attenta decisione. Voleva salvare i bambini in modo che potessero vivere una vita lunga e piena. A volte non riusciva a fare quell'unica cosa che doveva fare e, quando aveva perso quelle anime innocenti, era ancora più distrutta. La perdita della piccola Amanda… Una bambina non più di tre anni – doveva essere viva e felice. Perché il mondo era così crudele? Non riusciva a scacciare l'angoscia che si era insinuata dentro di lei.

      Aprì la porta più vicina e accese la luce. In qualche modo era riuscita a trovare la sala d'attesa per le famiglie nell'unità di terapia intensiva pediatrica. Non c'era nessun membro della famiglia ad aspettare per sapere se la piccola fosse morta o viva. Il silenzio ed una stanza vuota la salutarono. Le lacrime le scesero lungo le sue guance prima di accorgersi di aver liberato le emozioni che erano nel suo cuore. Come avrebbe potuto credere che sarebbe riuscita a fare quel lavoro? La sua forza interiore non poteva sopportare altri dolori come quello, altrimenti non sarebbe mai riuscita a sopravvivere.

      Forse era arrivato il momento di rivalutare i suoi obiettivi di vita. Aveva bisogno di pace e calma, quindi fece l'unica cosa che non aveva mai fatto da quando era diventata un medico. Spense il cellulare, poi lo mise nella sua tasca cosicché nessuno avrebbe potuto contattarla per un po' di tempo e finalmente poteva respirare e prendere una decisione sulla sua vita.

      Senza pensarci, si sedette sulla sedia più vicina e pensò a tutto quello che era andato storto e, sì, anche a quelle giuste nella sua vita. Aveva finito la facoltà di medicina prima di tutti i suoi compagni di classe, aveva superato a pieni voti il tirocinio e aveva trascorso il primo anno nella sua residenza ad Envill East. Se avesse continuato su quella strada sarebbe stata in cima al programma e sarebbe stata scelta per la borsa di studio. Sarebbe dovuta essere entusiasta, eppure non lo era. La sua carriera era sulla buona strada; tuttavia, la sua vita personale era un totale disastro.

      Un bussare alla porta riecheggiò nella stanza, distraendola dalla sua malinconia. "Dottoressa Jackson?"

      Si asciugò velocemente le lacrime sulle sue guance e si girò non appena si sentì chiamare. "Sì?"

      "C'è bisogno di lei per un consulto al pronto soccorso – non rispondeva al cellulare…" le disse l'infermiera. Maledizione.