Dawn Brower

Il Cuore In Attesa


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il suo tono accusatorio – sembrava quasi un'accusa.

      "Ancora una volta noto una domanda nella domanda. Possiamo giocare a questo gioco per tutta la notte dottoressa, ma non posso rispondere a quello che sta pensando senza sapere di cosa si tratta". Incrociò le braccia al petto. "Conosco Paige dalla scuola media, prima che mio padre mi mandasse in quell'inferno. È una brava persona".

      "Alcune persone sarebbero state fiere per l'istruzione che hanno avuto alla Shelton Academy".

      Non gli piaceva l'insinuazione dietro quella frase. Era uscita con Nolan e sapeva quanto fosse meschino per come l'aveva trattato. "Solo quelli che non sanno quanto tutti siano idioti".

      "Non ho avuto nessun problema con loro, forse eri tu".

      "Sì" – disse sarcasticamente – "Hai perfettamente ragione. Era colpa mia e meritavo di essere il loro sacco da box verbale ogni giorno per quattro anni". L'aveva considerata male in tutti quegli anni? Perché improvvisamente li difendeva e stava iniziando una lotta con lui? Cosa si era perso? Nolan l'aveva plagiata quando erano stati insieme? Scosse la testa, scacciando le domande dalla sua testa. Non importava realmente. Non l'avrebbe mai visto come un suo pari e lo aveva accettato da molto tempo. "Perché continui a guardarmi come se potessi ferire te o qualcun altro?"

      "Sei tu?"

      "Non ho mai…" Deglutì con forza. Davvero pensava che fosse capace di far del male a qualcuno? "Suppongo che tu abbia un motivo per farmi questa domanda. Perché non me lo dici?"

      "Perché questa bambina ha dei lividi che somigliano ad un grande pugno, probabilmente maschile" – alzò il mento – "Quindi dimmi, quanto bene conosci la madre di Halie?"

      Merda. Pensava che lui avesse abusato della bambina. Non lo conosceva per niente se pensava una cosa del genere. Cavolo, chi voleva prendere in giro? Reese non si era mai preoccupata di capire chi fosse realmente. L'aveva sempre guardato come un caso caritatevole. Almeno i suoi occhi color nocciola non riflettevano più pietà. Però non le aveva riposto. Era stato salvato dall'inferno oppure si era aperta la porta.

      "Ah sei qui" disse entrando il suo partner Carter. Il suo sguardo si posò su Reese. Poi guardò Dane e sospirò. "Anche tu, stavo cercando entrambi".

      "Cosa c'è?" – chiese Reese – "Sto lavorando, è meglio per te che sia importante".

      "Ho delle cattive notizie…"

      A quanto pareva era la specialità di quella giornata. "Spara" disse Dane. "Potresti anche strappare la benda e farla finita".

      Carter non si trattenne e disse senza preamboli: "Nolan è scappato".

      Cazzo. "Come?"

      "Un pullman che lo stava trasportando in prigione si è capovolto una settimana fa. Avevano pensato che fosse scomparso".

      Tutto il colorito scomparve dal volto di Reese. Dondolò sui suoi piedi, perse conoscenza, sarebbe caduta a terra se Dane non si fosse lanciato per prenderla. Anche se non si fidava di lui era sempre stato lì per lei. Era così innato in lui che non c'era un altro modo di essere. La prese tra le sue braccia e la cullò. "L'ho presa. Hai parlato con Claire?"

      Scosse la testa. "Non risponde al cellulare. Ero già qui, ho pensato che avrei trovato prima voi due. Devo avvertirla…" Carter si tappò la bocca e poi si passò una mano tra i suoi capelli biondi. "Como farò a proteggerle tutte e due? Sono le mie sorelle…"

      "Io ho Reese. Va' da Claire".

      Annuì e uscì dalla stanza. Dane portò Reese sull'altro letto vuoto della stanza e la distese su di esso. Si era ripresa quasi subito e voleva essere lì a proteggerla – che le fosse piaciuto oppure no…

      CAPITOLO 2

      La maledetta tempesta che gli era piombata addosso stava per esplodere in un gran casino prima che la notte fosse finita. Carter fissò il semaforo rosso di fronte a lui e picchiettò il voltante con un gesto rapido. Claire non aveva ancora risposto al cellulare e Matt a quanto pareva l'aveva spento. Sperava che i due fossero insieme. L'alternativa… Non l'avrebbe nemmeno considerata. Il bastardo Nolan Pratt non avrebbe trovato un modo per ferire sua sorella. Finalmente era riuscita a trovare un po' di pace nella sua vita – la felicità che meritava.

      La luce del semaforo divenne verde e premette sul pedale dell'acceleratore. La sua macchina stridette non appena aveva accelerato. Non era molto lontano dallo studio legale dove lavoravano Matt e Claire. Dovevano essere entrambi lì – a meno che Matt non fosse in tribunale. Aveva chiamato persino allo studio, ma aveva risposto la segreteria telefonica. La receptionist doveva essere in pausa pranzo. Il cuore gli batté forte nel petto quando vide lo studio legale. Posteggiò la macchina in un parcheggio e spense il motore. Per quanto lo volesse non corse fino all'edificio, ma camminò velocemente e sperava che la gente non lo guardasse come se avesse perso la testa. Perché chiaramente era così…

      Carter aprì la porta e finì dritto contro Olivia West. Allungò la mano per aiutarla a rialzarsi. "Che diavolo fai?" urlò mentre le cadevano le cartelle che teneva in mano. "Che ti è preso?"

      "Mi dispiace…" Si guardò intorno, cercando Claire o Matt. Di solito ne avrebbe approfittato per fare ad Olivia degli apprezzamenti sulla sua bellezza. Aveva attirato la sua attenzione, non voleva che lei. "Dov'è mia sorella?"

      "È impegnata". Olivia fece un passo indietro, sistemandosi la camicia. "Non ama le interruzioni. Cosa c'è di così importante che ti ha fatto sbattere contro qualcuno con i tuoi bei muscoli?"

      Carter era irritato dalle sue sciocchezze. Si lamentava sempre con lui per qualcosa. Forse era un po' sadico, ma a una parte di lui faceva piacere. Se non fosse così preoccupato per Claire avrebbe potuto divertirsi, ma non ne aveva il tempo. C'erano cose più importanti che ammirare una bellissima ed intelligente ragazza. "Non voglio ripeterlo. Dov'è Claire?"

      "È in una… una…" – si schiarì la voce – "Lei e Matt sono in riunione nel loro ufficio".

      "Era così difficile?" Si girò e si avviò verso l'ufficio di Matt.

      Olivia si schiarì la voce. "Bussa prima di entrare".

      La guardò sopra la sua spalla. "Non hai un posto dove stare?"

      "Non esattamente" – mise le mani sui fianchi – "Speravo che fossi un gentiluomo e mi aiutassi a raccogliere le cartelle che mi sono cadute, ma mi sbagliavo. Avrei dovuto saperlo prima di aspettarmi qualcosa di remotamente cortese da parte tua."

      Carter si strofinò la punta del suo naso con l'indice e il pollice. Che Dio lo salvasse… "Ti aiuterò a raccogliere i tuoi maledetti fogli una volta che avrò parlato con Claire. Certe cose sono più importanti di te e delle tue esigenze. Pensi mai agli altri, oltre che a te stessa?"

      "Potrei farti la stessa domanda." Olivia West era la regina degli sguardi e avrebbe potuto fulminare un ragazzo. Lo sguardo che gli aveva fatto lo avrebbe abbattuto se non fosse stata una persona di scarso valore. "Ad ogni modo, pensa prima alle tue cose."

      "Lo farò. Grazie mille". Ne aveva abbastanza delle sue stronzate.

      Senza dire altro bussò alla porta di Matt. "Claire!" la voce di Carter era così forte che risuonò per tutta la stanza.

      "Devi proprio urlare?" Olivia chiese sarcasticamente. "L'intero ufficio ti sentirà con questo tono".

      Carter la ignorò come meglio poté, ma fu difficile con lei in piedi dietro di lui… Sentì un suono di voci smorzate. Almeno era sicuro che i due fossero in ufficio. Pensò che forse potesse esserci qualcun altro, ma quali erano le probabilità? Bussò ancora una volta, sperando di accelerare il processo. Aveva già provato ad aprire la porta ma era chiusa a chiave. Poteva buttarla giù oppure essere paziente e aspettare che qualcuno venisse ad aprire. Finora era calmo, ma non lo sarebbe stato per molto. Se nessuno di loro avesse aperto subito, l'avrebbe presa a calci.

      "Qual è l'emergenza?" Matt disse dopo aver aperto. Era in piedi sull'uscio della porta e lo fissava. "Eravamo nel bel mezzo di una cosa".

      Carter guardò Claire che era in piedi vicino alla scrivania di Matt dall'altro lato dell'ufficio. Il fatto che si stesse abbottonando la camicia non passò inosservato. Era impegnata sì