Dawn Brower

Bugie Di Famiglia


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per loro. Erano solo un modo per passare il tempo e combattere la solitudine. Quando si era stancata della nuovo conquista, impacchettava Ametista e in quattro e quattr’otto loro due si spostavano in pascoli più verdi. Peccato che i pascoli, in realtà, non erano mai così verdi! In questo modo, Ametista non aveva radici e non sentiva di appartenere a nessun posto.

      “Sì, la mamma è bellissima!” confessò. Ed era vero. Leonessa Keane era stupenda e, con il fisico che aveva, avrebbe potuto fare ancora la modella, se lo avesse desiderato. Invece, voleva solo che i maschi si buttassero ai suoi piedi e che la trattassero da regina.

      “Ne sono convinto – disse lui, guardandola con calore – Allora, completiamo questa registrazione.” Mosse velocemente le dita sulla tastiera del pc. “Scusa, ma devo chiedertelo. Ametista è davvero il tuo nome o è un nomignolo? L’ametista è una pietra.”

      “No, è il mio vero nome.” A volte avrebbe voluto che quello fosse un soprannome, ma poi i suoi amichetti l’avrebbero presa in giro. Cambiare giro di amicizie non l’aveva mai aiutata molto. Dopo un po’ aveva smesso di vergognarsi di quel nome, e lo aveva accettato. Comunque, l’aveva aiutata a distinguersi, quando aveva iniziato la sua rivista. In fondo, quel nome le ricordava che non era un persona come le altre e ogni tanto la faceva sentire meno sola, nella vita.

      Lui sorrise e le fece l’occhiolino: “Ok, allora segniamo così. Ah, vedo che hai prenotato per tre settimane! Se alla fine ti sarai divertita, spero che tornerai a trovarmi!”

      Lei sgranò gli occhi per la sorpresa? Ma …ci stava provando? Mai, prima d’ora, aveva ricevuto una proposta così sfacciata! Il suo flirt precedente era stata una cosa assolutamente da pazzi. E questo? Poteva essere meglio? Non ricordava quando si fosse sentita tanto attratta da un ragazzo: era quasi troppo bello! Faceva male già solo a guardarlo! Le parole di lui la scossero dai suoi pensieri:

      “Voglio dire…sono nato qui e conosco tutte le attrattive di questo posto, molto meglio di quello che si può leggere sul web! Uffa! Mi sto incartando! In realtà, vorrei passare del tempo con te, mentre sei qui. A proposito, mi chiamo Cooper.”

      Benché arruffata, quella spiegazione le sembrò tenerissima. Pensò che anche a lei avrebbe fatto piacere conoscerlo meglio. Gli sorrise con dolcezza:

      “Piacere, Cooper, io sono Ametista!” Cavolo! Che idiozie diceva, lui lo sapeva già! Bella cretina, doveva apparire ai suoi occhi! “Ok, allora me la dai la chiave della stanza?” tagliò corto.

      Lui la teneva già in mano. Ad Ametista parve che Cooper non avesse intenzione di lasciarla andare. “Ecco la chiave. Stanza tredici. E’ di sopra, in fondo al corridoio.” le indicò con la mano.

      “Grazie” mormorò, mentre lui le consegnava la chiave.

      “Beh, goditi il tuo soggiorno!” esclamò lui, con un tono un po’ deluso.

      Malgrado avesse voluto tuffarsi tra le sue braccia, Ametista cercò di non darlo a vedere. Non era una di quelle che andava con chiunque. Si voleva troppo bene, per concedersi al primo viso interessante che le si parava davanti! Non sarebbe stata la donna indipendente che era, lei, Ametista Keane, se avesse deciso di trascorrere l’intero soggiorno con quel ragazzo appena conosciuto! Qualsiasi cosa avesse in mente, doveva rifletterci sopra per bene. Lui era carino e gentile, e probabilmente avrebbe avuto bisogno comunque del suo aiuto, a breve. Quindi, si sforzò di mantenere un contegno e nel contempo di dargli una piccola speranza.

      “Grazie, probabilmente accetterò la tua offerta!”

      “Cosa?” esclamò lui, piombando dalle nuvole.

      “Ne riparleremo dopo che avrò riposato un po’.” Detto ciò si volto e se ne andò, lasciando dietro di sé solo una forte scia di profumo. A mezza strada si fermò e si guardò intorno, ammirando la bellezza della hall del piccolo hotel. Un divanetto e due lussuose poltroncine facevano da ala a un delizioso tavolino, posto davanti al camino con una bella mensola in marmo. Ai lati di questo c’erano due colonnine, sempre in marmo, con pregiati intarsi fatti a mano. Le sarebbe piaciuto passarci sopra le dita e dare un’occhiata più da vicino, a quelle meravigliose incisioni, ma sarebbe stato per un’altra volta. Prima di sfare sfogo a quei capriccetti, aveva cose più urgenti da fare. Scoccò un sorriso a Cooper, indecisa se salire le scale che portavano al piano. Quando si voltò di nuovo, lui era lì a fissarla, col chiaro fumetto che diceva: “Quanto mi piaci!”

      Con voluta civetteria gli chiese: “Ah, dimenticavo! Puoi indicarmi un posto dove si mangia bene?”

      Lui s’illuminò tutto, come se avesse vinto il premio della lotteria. Brillava come una lampadina da un milione di watt! Ametista sorrise dentro di sé, impaziente dalla voglia di conoscerlo meglio.

      “Ci sono solo due locali in cui si mangia davvero bene – rispose Cooper – e probabilmente li hai anche visti mentre entravi in città. Il primo è un ristorantino Italiano che fa una splendida pizza e dei buoni piatti di pasta. Si chiama “da GIOVANNI”. Se invece vuoi rimanere sul tradizionale, c’è un posto dove si fanno ottimi hamburger, che è il North Point Café.”

      Cavolo, era più di quanto sperasse! Annuì col capo: “Grazie!” esclamò.

      Sulla faccia di Cooper si poteva leggere la delusione per il fatto di non essere stato invitato a tenerle compagnia. “Di niente.” mormorò.

      Ametista afferrò al volo i suoi pensieri: anche a lei avrebbe fatto piacere uscire con lui, ma quello non era il momento. Magari, un altro giorno. Aveva bisogno di tempo per ambientarsi e organizzarsi. Si voltò di nuovo verso le scale e questa volta salì al piano. Ogni passo, la portava sempre più vicina alla stanza in cui avrebbe trascorso le prossime settimane. Sperò che quella vacanza si sarebbe rivelata la migliore che aveva avuto fino a quel momento e che quel luogo superasse tutte le sue aspettative.

      CAPITOLO SECONDO

      Mentre Ametista entrava nella sua stanza, Cooper non poteva fare a meno di ringraziare il suo Angelo Custode che gliel’aveva mandata nel suo piccolo albergo di famiglia! Mai, prima d’ora, una ragazza così bella aveva solcato quella soglia! Il suo volto, coì familiare, gli aveva tolto il fiato, e aveva dovuto lottare molto con se stesso per riprendere il controllo.

      Quando aveva alzato lo sguardo da dietro il bancone e l’aveva vista per la prima volta, pensò di stare sognando. Come potevano essere veri quei magnifici riccioli neri che le scendevano sulle spalle e quei magnetici occhi verde oliva, che lo avevano ipnotizzato per qualche secondo? Aveva subito pensato a una visione, di quelle che, si diceva, infestavano l’albergo. Per lunghi attimi non era riuscito a spiccicare parola. Poi, finalmente, si era riscosso e aveva realizzato che quella meravigliosa donna era vera, stava di fronte a lui e lo guardava.. Ma era così simile a quella che era scomparsa molti anni a, e che forse era morta. Ametista Keane recava sicuramente dei misteri con sé, e lui intendeva scoprirli. Per fortuna, sarebbe rimasta in città per un paio di settimane, e così avrebbe avuto tutto il tempo necessario per scavare a fondo su di lei.

      La porta dell’albergo e si aprì ed ecco entrare Benjamin Anderson, il suo miglior amico. Si conoscevano da ventun’ anni, ormai, ed erano originari di North Point. Entrambi non avevano frequentato il college: le rispettive famiglie avevano altri progetti su di loro, che non prevedevano certo quella spesa extra. Tuttavia, Cooper stava prendendosi la laurea telematica di Economia e Commercio: come poteva aspettarsi, la sua famiglia, che fosse in grado di gestire un’attività di quel tipo se non aveva la minima cognizione in materia?

      I suoi genitori avevano eccessiva fiducia in lui, e gli avevano lasciato tutto in mano. Anche l’amico si trovava in una situazione simile, ma lui non aveva alcuna intenzione di studiare e aggiornarsi.

      Ben si avvicinò al bancone e lo salutò:” Ehi, Coop, che ne diresti di fare un giro in barca con me?” gli chiese.

      Cooper scosse il capo: “Mi piacerebbe, Ben, ma ho troppo da fare, qui. E’ il giorno libero di Olivia, e quindi devo gestire tutto da solo. Forse domani. Sai che mio padre non viene più tanto in albergo.”

      Benjamin fece una faccia delusa: “Cavolo, mi dispiace proprio! Ci saremmo divertiti! Ho lavorato molto, negli ultimi giorni, e avevo bisogno di rilassarmi un po’! E ora che