Dawn Brower

Il Duca Di Lady Pear


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matrimonio. "Comunque, vi avevo scritto che non sarei tornato a Londra per le vostre nozze. E voi sapete bene il perché." Attraversò la stanza e tolse il tappo dalla caraffa di brandy, poi si versò due dita in un bicchiere. Prima di bere, si voltò verso l’amico. “Ne preparo uno anche a voi?”

      "Se questo significa che vi degnerete di accettare la mia compagnia…sì, grazie, ne prenderei volentieri uno.” rispose Collin. I suoi capelli rosso dorato erano un po' arruffati, cosa insolita per il giovane Conte. Collin prese il bicchiere che Cameron gli porgeva e ne bevve un bel sorso. "Sono contento che siate tornato." Inclinò il bicchiere verso di lui. "Avete deciso di restare, questa volta?"

      Cameron fece scivolare le dita sul bordo del bicchiere. Non aveva molta voglia di bere, ma ora che l’amico era qui avrebbe dovuto fargli compagnia per forza. Evitò deliberatamente il suo sguardo. "Sto vagliando la cosa.” rispose.

      "Davvero?" C'era un accenno di sorpresa nel tono di Collin. "Non lo dite solo per illudermi?"

      "Mi sembra che ve la siate cavata egregiamente senza di me, in tutto questo tempo.” Alzò lo sguardo e rivolse a Collin un mezzo sorriso. Cameron aveva provato a sentirsi libero, in quegli anni, come se non ci fossero spose promesse o obblighi pendenti sulla sua testa. Purtroppo, era una mera illusione, e lo sapeva. Non poteva sottrarsi ai suoi impegni. Per quanto fuggisse lontano, prima o poi avrebbe dovuto onorarli.

      "A quanto pare avete trovato moglie. Sono felice per voi, caro amico!” esclamò, dando un colpettino sulla spalla del Conte.

      "Anch’io sono molto felice. E vorrei che lo foste anche voi. Ma non mi pare che lo siate. Non vi vedo sorridere da molto tempo. Dubito che siate riuscito a trovare pace, da quando abbiamo lasciato Eton."

      "Lo ero…prima che sapessi dei debiti di mio padre.” Chiuse gli occhi e sospirò. “Ma, da quando sono stato obbligato a quello stupido contratto di fidanzamento, nulla è più stato lo stesso. Avete ragione, Collin. Non sono felice, e temo che non lo sarò mai. Non saprei nemmeno da che parte cominciare.”

      I suoi genitori non erano stati un bell’esempio di amore coniugale. Il loro era stato un matrimonio di convenienza, e non avevano mai finto di amarsi. Ma che importava! Ormai stava fuggendo da troppo tempo. Inizialmente era stato convinto che il suo stile di vita libertino e mondano potesse essergli d’aiuto…ma si era sbagliato.

      Collin finì il suo brandy e posò il bicchiere. Nei suoi occhi azzurri era visibile una certa ansia per l’amico. "Quando eravamo più giovani, a Eton, molti dei nostri compagni di scuola vi chiamavano “lo scapolo d'oro." Fece un gesto verso Cameron. “ E di certo non per il colore dei vostri capelli, anche se è un paragone calzante. No, eravamo tutti convinti che, dato che un giorno sareste diventato Duca, avreste avuto tutto ciò che un uomo poteva desiderare e che sareste stato felice.”

      Cameron sbuffò. "Ciò dimostra quanto poco mi conoscevate." IN realtà, neanche la sua infanzia era stata serena: suo padre era sempre lontano da casa e sua madre era praticamente assente. Lui era vissuto con servi e precettori, e anche i bambini con cui giocava non riuscivano a colmare il vuoto che sentiva dentro. Per i suoi genitori, metterlo al mondo aveva significato fare il proprio dovere e, una volta concepito l’ erede maschio, potevano anche smettere di vivere insieme. La dote di sua madre era stata sperperata dall’incapacità di suo padre, e questo non aveva affatto giovato al matrimonio, e comunque…non c'era mai stato amore tra loro. Questa era una delle ragioni per cui Cameron aveva evitato Lady Pearyn per così tanti anni. Non voleva avere un matrimonio come quello dei suoi genitori. Voleva di più, molto, molto di più.

      "Vi capisco, più di quanto crediate. - disse Collin,in tono solenne - Perché vi conosco meglio di chiunque altro." Collin si sporse in avanti. “Ma ora dovete dare un senso alla vostra vita. Non siete un libertino, come vi ostinate a credere. Avete un animo nobile e la rabbia nei confronti dei vostri genitori è comprensibile. Tuttavia…prendere moglie e mettere su famiglia non mi sembra una punizione tanto atroce. Vedrete che c’è del buono, nel matrimonio.”

      "Sarà così, ma non m’importa." mormorò Cameron, tristemente. Non poteva ribellarsi al suo destino, ormai. Non poteva essere in fuga per sempre. "E comunque le vostre parole non mi sono di grande aiuto.”

      "È qui che siete in errore. Ho conosciuto la vostra fidanzata e credo che vi sbagliate, sul suo conto. Credo che, se aveste una conversazione con lei, vi rendereste conto che forse entrambi desiderate la stessa cosa. Anche lei ha dovuto vivere all’ombra di questo fidanzamento, esattamente come voi. E’ ora che facciate qualcosa di diverso, dall’imbarcarvi sulla prossima nave in giro per il mondo. Decidete di rimanere e di affrontare di petto i problemi. Non siate vittima, ma artefice, del vostro futuro!”

      Cameron sorseggiò il suo brandy. Collin lo induceva a riflettere, ma riguardo a Pear…non era ancora convinto. “Come fate a conoscere i sentimenti di Lady Pearyn? Quando le avete parlato? "

      "A volte poche frasi sono sufficienti per capire l’animo di una persona. E’ una fanciulla adorabile, e molto franca. Inoltre è una donna davvero indipendente: organizza salotti culturali e sostiene l’arte di ogni tipo. Il suo palazzo è sempre pieno di letterati e artisti, ed è anche molto corteggiata. Lei è gentile con tutti, ma sempre con leggerezza, ed è una persona davvero amabile. Tuttavia, ha uno sguardo triste, e la cosa non mi ha lasciato indifferente: credo che si senta sola. Inoltre, fino a quando resterà legata a voi, non potrà farsi corteggiare ufficialmente da altri. Se proprio non intendete sposarla…non sarebbe giusto da parte vostra ridarle la sua libertà?”

      C'erano molte cose giuste, nel discorso dell’ amico. Lady Pearyn era davvero infelice? Aveva sempre pensato che fosse una ragazzetta anonima, avida di diventare duchessa, e che passasse la sua vita tra abiti e feste come tutte le ragazze della buona società. Non aveva mai desiderato conoscerla, ma ora…le parole di Collin lo incuriosivano. Davvero era così colta? Non le aveva mai scritto e ignorava quale fosse il suo grado d’istruzione. E fare da musa all’Arte…era un nobile pensiero, degno di una mente elevata. Forse l’aveva giudicata male. E per quanto riguardava l’essere infelici…cosa le mancava, in fondo? Aveva entrambi i suoi genitori, era fidanzata ufficialmente e la sua famiglia era ricca. Possibile che le mancasse…l’amore?

      "Potreste anche avere ragione, - iniziò Cameron - ma non so davvero cosa fare." Doveva farle una visita? Scriverle una lettera? "Siamo fidanzati da anni…ma in realtà non ci conosciamo affatto.”

      "Lo so…- ridacchiò Collin - Se è per questo, non sapete nemmeno come siete fatti. Dubito che, se v’incontraste per caso, vi riconoscereste. Ma voi l’avete vista, qualche mese fa. Ricordate quella ragazza vestita da uomo, la primavera scorsa? Accanto a lei c’era una sua amica…molto avvenente, direi. Ricordo che vi piacque.”

      Era l'ora della confessione. "Davvero? Sinceramente…non me lo ricordo. Ma…vi sbagliate su una cosa... Conosco abbastanza bene il suo viso.” La sua innata curiosità aveva avuto la meglio, in quegli anni. Cameron era curioso di sapere come fosse diventata da grande la sua fidanzata, e aveva fatto di tutto per…darle una sbirciatina, anche se da lontano. Sapeva che era molto bella, ma non conosceva abbastanza il suo animo per decidersi di dichiararsi a lei. Non voleva ritrovarsi accanto una donna comune o, peggio, stupida e avida. Dopotutto, i suoi genitori si erano preoccupati solo dei soldi. "L’ho intravista, qualche volta, quando sono tornato qui per una visita…E l’ho rivista dopo la morte di mio padre. Avevo bisogno di sapere ... "

      "Se potesse essere di vostro gusto? Oh, credetemi, è molto bella! Non trovate?"

      Lady Pearyn era una delle donne più belle su cui Cameron avesse posato lo sguardo. I suoi capelli erano scuri come il cielo notturno e i suoi occhi erano di un blu così puro che avrebbe potuto facilmente perdervisi. Ma non conosceva ancora la sua anima, ed era quello che in realtà gli interessava.

      "Sì, è vero. - disse, con indifferenza - Dunque, vi ha conquistato, caro amico? E ditemi: ha dei corteggiatori? E’ innamorata di qualcuno?”

      "V’interessa davvero? - esclamò Collin, scrutandolo bene in faccia - Pensavo che non v’importasse…o sbaglio?”

      Questo era il problema. Non sapeva cosa voleva, ma quella ragazza cominciava