con materiale su una ventina abbondante di casi irrisolti, casi che sicuramente ancora lo turbavano. C’era però solo un caso per cui tutto il materiale, sia cartaceo che digitale, era conservato all’interno di una cassetta di sicurezza dentro alla cassaforte. Era il caso del Cacciatore della Notte.
Jessie lo conosceva bene. Il caso veniva insegnato all’FBI e ovunque nei dipartimenti di polizia. Il Cacciatore della Notte era un noto serial killer che aveva ucciso e smembrato oltre cinquanta persone lungo la East Coast negli anni Novanta, prima che Garland gli mettesse i bastoni tra le ruote. Purtroppo il Cacciatore della Notte aveva avuto la meglio, catturando e torturando Garland per due giorni, prima che il profiler fosse capace di liberarsi e usare il machete stesso dell’assassino contro di lui. L’uomo però era poi scappato scomparendo nella notte.
Dato che la sua identità non era mai stata determinata e non c’erano stati altri omicidi dopo quella volta che potessero essere collegati al modus operandi del Cacciatore della Notte, la maggior parte della gente riteneva che fosse morto per le ferite. Ma chiaramente Garland non la pensava allo stesso modo. Non aveva mai parlato a Jessie del caso, ma i suoi ultimi appunti al riguardo risalivano ad appena tre mesi prima, suggerendo la sua convinzione che l’uomo fosse ancora in circolazione. Jessie decise che non avrebbe gettato via quel materiale.
Si sedette alla scrivania di Garland, immaginando quante volte doveva essersi messo comodo anche lui sulla sua poltrona di pelle per lavorare a un caso. Improvvisamente si sentì travolta da un’inaspettata ondata di emozione.
Dopo il funerale, aveva frenato il più possibile i pensieri di Garland quando tentavano di fare capolino nella sua mente. Le procuravano troppo dolore. Il padre naturale di Jessie era stato un serial killer che era scomparso dopo aver assassinato sua madre quando lei aveva sei anni. I suoi genitori adottivi erano stati uccisi dallo stesso padre serial killer solo pochi anni fa. E ora anche la persona per lei più vicina a una figura paterna era scomparsa, sempre per mano di qualcuno di cui lei avrebbe dovuto potersi fidare.
Cacciò i pensieri e i ricordi di come Garland aveva lasciato questo mondo e si concentrò su come vi aveva vissuto. Un profilo in un giornale aveva calcolato che Garland Moses aveva catturato 1.200 assassini nella sua carriera, inclusi più di cento serial killer. E questo solo sulla base di quanto riportavano i registri pubblici.
Ma la sua vita non era stata definita esclusivamente dai casi che aveva risolto. Jessie era più propensa a ricordare altri momenti meno celebri. I suoi pensieri divagarono alle colazioni insieme a lui al Nickel Diner – l’origine della password per aprire la porta di casa sua – a pochi isolati dalla centrale di polizia dove entrambi lavoravano.
Ricordò come Garland fosse stato capace di far sorridere Hannah, indipendentemente da quanto lei sembrasse di cattivo umore. Era un uomo che proiettava l’idea di essere rude e distaccato, ma sia lei che Hannah aveva capito che si trattava di una facciata che usava per nascondere un’identità incredibilmente dolce. Jessie mise insieme una miriade di ricordi di tutte le volte che l’aveva sostenuta, esprimendo fiducia nelle sue capacità, anche quando lei stessa ne dubitava.
Sentendo le lacrime che le salivano agli occhi, Jessie allungò una mano per prendere un fazzoletto dalla scatola sopra alla scrivania. Mentre si tamponava gli occhi, scorse una cosa che era sfuggita alla sua attenzione l’ultima volta che era stata lì. Era un piccolo fermacarte di metallo a forma di tazza. Sopra c’era una piccola iscrizione. Jessie prese in mano l’oggetto e lo ruotò sotto alla luce per leggere meglio la scritta. Le parole le erano familiari, ma non si sarebbe mai aspettata di trovarle sulla scrivania di un uomo così materiale come sembrava essere Garland Moses. Dicevano:
Chiunque uccida una vita, uccide il mondo intero, e chiunque salvi una vita, salva il mondo intero.
Jessie fissò l’iscrizione a lungo. Anche se non l’aveva mai detto a voce alta, era chiaro che, nel suo modo burbero e senza tante pretese, quella era stata la sua massima. L’aveva sempre seguita, anche se non l’aveva mai declamata a voce alta. Jessie si chiese cosa avrebbe pensato di lei che cancellava il messaggio vocale del capitano Decker. Avrebbe scosso la testa leggermente deluso? Cos’avrebbe detto Ryan se avesse potuto parlare?
Prima di capire ciò che stava facendo, Jessie aveva già preso il suo telefono e stava componendo il numero di Decker.
CAPITOLO CINQUE
Jessie vide subito che la gente era stupita di vederla.
Mentre attraversava la sala principale della centrale, diretta verso l’ufficio di Decker, le parve di scorgere anche qualche occhiataccia. Finse di non accorgersene.
Quando aveva lasciato il dipartimento, era stata scagionata dall’accusa di aver postato dei commenti razzisti su Facebook. Le prove mostravano che il suo account, che usava di rado, era stato hackerato. Ma alcuni degli ex-colleghi chiaramente avevano ancora dei dubbi. Jessie sospettava che fosse questo il motivo dei loro sguardi torvi. Ma la maggior parte delle persone sembravano semplicemente scioccate di vederla lì dopo soli tre giorni che aveva dato le dimissioni dal Dipartimento di Polizia di Los Angeles.
Bussò alla porta di Decker, che era già leggermente aperta, e aspettò una risposta. Nonostante avesse deciso di non farlo, si voltò a guardare l’area di lavoro della Sezione Speciale Omicidi. Era attualmente vuota, il che suggeriva che tutti erano attualmente fuori per lavorare sul caso. La sua vecchia scrivania era spoglia. Di fronte c’era quella di Ryan, dove ancora erano appoggiate delle carte, come se le avesse lasciate lì per fare una pausa caffè e dovesse tornare al lavoro da un momento all’altro.
“Avanti,” la chiamò una voce familiare.
Jessie entrò nell’ufficio e chiuse la porta alle sue spalle. C’erano due persone nella stanza. Il capitano Roy Decker era in piedi dietro alla sua scrivania. Sembrava in qualche modo più vecchio di quando l’aveva visto venerdì: alto e magro, il petto incavato che sembrava ripiegarsi su se stesso. Aveva sessant’anni, ma le profonde rughe sul suo volto lo facevano sembrare più vicino ai settanta. Sulla testa aveva pochi ciuffi di ribelli capelli grigi.
Nonostante tutto questo, era ancora in qualche modo impressionante. Indossava un completo di giacca e pantaloni perfettamente inamidato, con la cravatta al collo, come se fosse pronto per entrare nella sala riunioni di un’azienda di Fortune 500. Le narici del suo naso aquilino vibravano leggermente, come un segugio in continua caccia di prove. E i suoi freddi occhi da falco erano fissi su di lei.
“Felice di vederti, Hunt,” le disse. “Grazie per essere venuta. So che il nostro Trembley qui ne è stato felice quando gliel’ho detto.”
Jessie si voltò verso il detective Alan Trembley, che si stava alzando dal logoro divano addossato alla parete. Anche se entrambi avevano iniziato a lavorare alla centrale più o meno nello stesso periodo, due anni prima, Jessie non poteva fare a meno di pensare sempre a lui come a una matricola. Forse era solo perché sembrava decisamente privo di esperienza rispetto a Ryan. O forse perché aveva quell’aspetto da bambino con un corpo da uomo.
Trembley aveva ventinove anni, solo uno meno di lei, ma sembrava un ragazzino del college. Aveva disordinati capelli biondi e ricci, gli occhiali perennemente sporchi e una giacca che sembrava più grande di due taglie, come se l’avesse presa in prestito dal papà. Alzandosi in piedi, quasi inciampò goffamente sui suoi stessi mocassini consumati.
“Ciao Jessie,” le disse con un sorriso timido. “Sono contento che ci aiuti.”
“Come va, Trembley?” gli chiese.
“Oh, beh, da matti come al solito.”
“Giusto,” commentò, riportando poi l’attenzione su Decker. “Allora, prima che entriamo nei dettagli, voglio solo essere chiara. Sono venuta a sentire cos’avete da dire. Non sto ancora prendendo nessun impegno. Giusto perché siamo tutti sulla stessa linea.”
Decker annuì.
“Non te l’avrei proprio chiesto, ma siamo davvero in difficoltà. Tutta l’unità HSS, eccetto Trembley, è già impegnata in altri casi. Il detective Reid sta lavorando a due corpi trovati al Parco Statale di Los Angeles. Pare che siano stati tagliati in pezzetti che poi sono stati sepolti in tutta l’area. Roba divertente, insomma.”
Jessie