Emilio Salgari

Una sfida al Polo


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cappellino piumato sui biondi e splendidi capelli ed un frustino in mano.

      — Ah!... Miei gentlemen!... — esclamò, tutta ilare. — Sono ben felice di rivedervi perfettamente ristabiliti.

      Voi volete commettere delle sciocchezze. Passi una partita di boxe, ma un duello a colpi di bowie-knife non si dovrebbe perdonare.

      Mio Dio!... Siete diventati dei cow-boys del Far-West?

      — Come!... Voi avete saputo, miss.... — balbettò mister Torpon, che la divorava cogli occhi.

      — E come non saperlo? I reporters americani cacciano il naso dappertutto e s'interessano specialmente delle persone che fanno molto chiasso.

      Voi minacciate di diventare più popolari ancora del signor Roosevelt!... Mister Torpon!... Il signor di Montcalm!... Ecco due nomi che corrono ormai su tutte le bocche e che si odono ripetersi perfino nei deserti dell'Arizona e del Colorado.

      — Ah!... — fece semplicemente il canadese, facendo un lieve inchino.

      — Se continuate così, — riprese l'indiavolata ragazza, — finirete per farvi portare alla presidenza nella prossima lotta elettorale.

      — Io sono canadese, miss, quindi non potrei mai aspirare ad un tanto onore, — disse il signor di Montcalm, con una sottile punta d'ironia.

      — Naturalizzatevi americano. È un buon consiglio che vi do, mio gentleman.

      — Ne chiederei un altro da voi, miss.

      — A me!...

      — A voi, poichè si tratta proprio di voi.

      — Per la vostra eterna questione?

      — Messa in campo da voi, miss.

      — È vero, — rispose la giovane.

      Riflettè un momento, poi raccogliendo graziosamente la sua lunga gonna da amazzone, disse:

      — Seguitemi nel mio chiosco favorito, signori. Prenderemo un thè insieme. —

      Uscì dal garage svelta e leggiera come un uccello e dopo d'aver attraversato parecchie aiuole ormai spoglie di fiori e di foglie, introdusse i due rivali ed i loro partners in un elegantissimo chiosco di stile chinese, tutto in pietra bianca, con vetrate colorate a disegni rappresentanti draghi mostruosi vomitanti fuoco, e lune sorridenti in mezzo ad un cielo d'una tinta indefinibile ed ammobiliato graziosamente.

      Una stufa a gaz ardeva in un angolo, spandendo un dolce tiepore che faceva crepitare i numerosi giornali gettati, semi-spiegazzati, su un tavolino laccato, di manifattura celestiale.

      Toccò un bottone elettrico, per dare qualche ordine, poi invitò i quattro uomini a sedersi su delle poltroncine di velluto azzurro, dicendo:

      — Signor di Montcalm, potete spiegarvi meglio. Quale consiglio desiderate da me?

      — Miss, — disse il canadese, con voce grave, — siete sempre risoluta a concedere la vostra mano al più forte di noi due?

      — Un'americana non ha che una parola, ve l'ho già detto, — rispose la giovane. — Non so se le canadesi siano così.

      — Uditemi, miss: noi abbiamo tentato tutte le prove e come avrete constatato, nè io, nè mister Torpon siamo riusciti a riportare una vittoria decisiva. Noi veniamo quindi a chiedere a voi che cosa d'altro possiamo provare, giacchè siete sempre risoluta ad accordare la vostra mano solamente al vincitore di questa singolare tenzone.

      — Ma credete, signor di Montcalm, di aver esaurite tutte le sfide?

      — Mi pare che non ci rimanga più nulla da tentare.

      — V'ingannate. Avete letto l'edizione di ieri del New-York Times?

      — Non ne ho avuto il tempo. M'interesso poco dei giornali americani.

      — Allora voi non avete udito ancora parlare della grande corsa intorno al mondo in automobile, organizzata dal New-York Times in unione al Matin di Parigi, quello che ha indetta la famosa corsa Pekino-Parigi guadagnata da uno sportmen italiano, il principe Borghese.

      — Una corsa intorno al mondo!... — esclamarono ad una voce i quattro uomini.

      — Sì, signori miei, un raid gigantesco al quale, si sa fin d'ora, prenderanno parte automobili italiani, francesi, americani e tedeschi. Si fanno già i nomi degli eroi che prenderanno parte alla gara.

      Si tratta d'una corsa di trentaseimila chilometri, trentamila dei quali verranno coperti dalle vetture.

      — Bisogna essere pazzi per tentare una simile prova! — esclamò mister Torpon.

      — E perchè, mio gentlemen? Io ammiro già quegli uomini che si slanciano attraverso il mondo sulla sbuffante macchina, sfidando chissà quali pericoli!... Ah!... Se io fossi un uomo invece di essere una donna, mi farei subito iscrivere.

      — Miss, — disse il canadese, mentre due servi negri entravano portando un superbo servizio di thè, con chicchere color del cielo dopo la pioggia e adorne di stravaganti caratteri cinesi; — che cosa vorreste dire con ciò?

      — Che se io fossi al vostro posto, tenterei anch'io un raid da far stupire e commuovere il mondo intero, — rispose miss Ellen, cogli occhi scintillanti d'entusiasmo.

      — Vorreste che ci iscrivessimo anche noi a quella grande corsa? — chiese il canadese.

      — Oh!... Io tenterei qualche cosa di meglio.

      Ormai quel raid è sfruttato, quantunque abbia ancora da cominciare.

      — Che cosa fareste voi allora?

      — Io!... Tenterei la conquista del Polo nord coll'automobile, per esempio!...

      — Superba idea!... — esclamò mister Torpon, che da buon americano non vedeva alcuna difficoltà anche nelle più pazzesche imprese.

      — Un po' troppo pericolosa forse, — disse invece il canadese.

      — E perchè pericolosa, signor di Montcalm? Se i concorrenti della corsa organizzata dal New-York Times e dal Matin si propongono di attraversare la gelida Alaska, che come voi saprete non è altro che un immenso deserto di neve per non chiamarla addirittura un mostruoso ghiacciaio, per poi passare lo stretto di Behring gelato e quindi lanciarsi attraverso la non meno fredda Siberia, vuol dire che un'automobile può sfidare le nevi ed i ghiacci.

      Vi pare, signor Torpon?

      — Io dico ciò possibilissimo, — rispose l'americano, senza esitare.

      — Aggiungerò anzi che si dice che se il raid intorno al mondo riuscirà, come si spera, l'anno venturo i due giornali lancieranno una sfida polare attraverso l'Artico.

      Sfruttate prima voi quel grandioso progetto e vi coprirete senza dubbio di gloria.

      — Se non morremo, — disse il canadese, con un sorriso sardonico.

      — Il destino che finora vi ha perseguitati, vi proteggerà, — disse la giovane americana, sempre più entusiasmandosi. — Volete la mia mano? Ebbene, marciate verso il Polo.

      L'avrà, ve lo giuro, chi si sarà spinto più innanzi.

      Se credete, disputatevela. —

      Nel chiosco regnò un silenzio piuttosto lungo. I due rivali si interrogavano collo sguardo, mentre la miss versava il thè.

      — Che cosa dite dunque voi, signor di Montcalm? — chiese finalmente Torpon.

      — Che se voi tenterete di raggiungere il Polo, io vi contrasterò, con tutte le mie forze, la mano di miss Perkins, — rispose il canadese con voce grave. — Accada quello che si vuole, io tenterò quest'ultima lotta. Tanto peggio per me se i ghiacci inghiottiranno me e la mia automobile,