One More Time: Max Martin
Smells Like Teen Spirit: Kurt Cobain, Krist Novoselic, Dave Grohl
Bittersweet Symphony: Richard Ashcroft, Keith Richards, Mick Jagger
Truly Madly Deeply: Darren Hayes, Daniel Jones
PowerPoint: Microsoft Corporation
Versace: Gianni Versace S.P.A.
YouTube: Google Inc.
CODIS: Federal Bureau of Investigation
iPod: Apple Inc.
Spooks: BBC One, BBC Three
Sleeping Beauty (La bella addormentata): Disney Enterprises Inc.
Armani: Giorgio Armani S.p.A.
Google: Google Inc.
Outlook: Microsoft Corporation
Flake: Cadbury, Mondelez International
Bob the Builder (Bob aggiustatutto): BBC, DHX Media
This Is Your Life: Ralph Edwards
Capitolo Uno
La dea bendata?
Hobart, maggio 1965
“Devo conoscerla”.
Richard Hall si avvicinò alla bellissima donna in attesa vicino agli ascensori della Sub Rosa Corporation. C’era qualcosa in quei suoi occhi di una strana tonalità che mescolava blu e viola... Simili a quelli di Elisabeth Taylor, ma più blu. Quegli occhi lo attiravano a lei, lo stuzzicavano e affascinavano, fino a che tutto il suo essere, mente e corpo, non si fusero presi da un desiderio insaziabile
che lo dominava completamente. Dannazione.
Lei si voltò verso i finestroni oscurati, la lieve luce del mattino autunnale catturava il viola delle sue incantevoli iridi. Sembrava circondata da un’aura magica, come se fosse una musa e lui un nomade evocato dalla sua chiamata.
Una targhetta della Sub Rosa appuntata sul seno coppa C rivelava il suo nome, ma la tracolla della borsa lo nascondeva alla vista. Doveva avvicinarsi e parlarle. Lei era lì in piedi che ascoltava la sua amica, la sua silenziosa ma affascinante presenza lo rendeva un paroliere a corto di parole... L’unica che non sfuggiva alla sua mente era ‘ciao’.
Ciao. Una parolina semplice eppure così potente da far partire il flusso della conversazione. Incitò se stesso a fare la prima mossa, ma le porte improvvisamente si aprirono e la magnifica donna e la sua amica chiacchierona si infilarono nell’ascensore pieno di uomini, troppo pieno perché potesse entrare anche lui.
L’ipnotica rosa dai capelli scuri sparì nel mucchio di fortunate spine. Mentre le porte si chiudevano, non poté non notare le occhiate che i suoi colleghi lanciavano alla meravigliosa creatura, il loro linguaggio del corpo che invitava gli altri ad accorgersi della presenza della pura bellezza.
Doveva incontrare quella ragazza. E avrebbe trovato un modo. Le cose non erano mai state facili per Richard, nulla gli era mai stato regalato, ma alla fine otteneva sempre quello che voleva.
Il sapere che anche lei lavorava alla Sub Rosa avrebbe sicuramente semplificato la sua indagine. Ma in quale reparto? Non nella ricerca. Un reparto pieno di maschi, il club per soli uomini che irradiava un campo di forza che invitava a stare alla larga.
Donne. Esattamente ciò di cui aveva bisogno il loro dipartimento. Ma non sarebbe successo, non nell’Australia del 1965 e sicuramente non a Hobart, in Tasmania e specialmente non grazie a lui che era l’ultimo arrivato.
Come fare per trovare una ragazza fantastica in un grattacielo di trenta piani pieno di maschi sudaticci? Mmm... Doveva lavorare come assistente o come segretaria. Questa considerazione assottigliava il numero delle opzioni, ma avrebbe dovuto ancora fare molte domande. Già immaginava la conversazione...
“Posso aiutarla?” gli avrebbe chiesto la receptionist.
“Sto cercando di trovare una ragazza che ho visto in ascensore. Ha gli occhi blu-viola e lunghi capelli castano scuro, e mi sono preso una cotta per lei”.
La receptionist gli avrebbe rivolto un bel finto sorriso professionale e avrebbe premuto il pulsante di chiamata. “Sicurezza?”
OK, quindi non poteva darle la caccia all’interno dell’edificio, a meno che non volesse rischiare il lavoro dei suoi sogni e di farsi una bella reputazione da stalker. Fortunatamente per lui, le possibilità di imbattersi di nuovo in lei erano buone, persino ottime. La situazione richiedeva pazienza.
Richard tirò via la sciarpa che lo soffocava infilandola nella borsa nera. “Io, paziente? Ah!” Quando voleva qualcosa o qualcuno, non poteva rilassarsi finché non lo avesse ottenuto.
Arrivarono altri colleghi che si misero in attesa dell’ascensore. Uomini, uomini e ancora uomini trasudanti un nauseante miscuglio di dopobarba che parlavano col tono sicuro tipico del testosterone. L’alto, il basso, il magro, il grasso... Il panorama che lo circondava era fatto di uomini in completo e da un numero esiguo di donne in minigonna in stile mod e taglio bob. Ma la sua mente si era incagliata sulla sua singolare, elegante bellezza.
“La mia”.
Richard scosse la testa, nel tentativo di riportare un po’ di buon senso nel suo cervello fissato su loro due, insieme, come una coppia. “Che diavolo mi è successo?” Fissarsi su una donna non era proprio da lui, soprattutto su di una donna che non conosceva.
Il desiderio a prima vista era l’unica spiegazione possibile, una passione che gli faceva battere il cuore all’impazzata, che gli scombussolava la mente, che gli faceva tremare le gambe. Il suo uccello aveva bisogno di compagnia... Così come il suo cuore.
Il fuoco ardeva lentamente nelle sue viscere. Lei non gli era entrata solo nel pensiero. Gli aveva scavato il cuore, la testa, l’anima. Cosa avrebbe provato quando le avesse parlato davvero, quando l’avesse toccata? “Ma ho 25 anni o 14?!”
Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro “riprendi-il-cazzo-di-controllo-di-te-stesso”.
Le porte dell’ascensore si aprirono e lui gettò uno sguardo agli ingranaggi dorati del suo orologio skeleton. Le 8:31. Era ora di mettersi al lavoro... E di fare un po’ di ricerche.
* * * *
Eva entrò nell’ufficio open space, inquinato dal solito miscuglio di profumi e rumori e lasciò cadere la borsa accanto alla macchina da scrivere elettrica. I suoi occhi si fissarono sulla lettera che le aveva spezzato il cuore, quella che avrebbe dovuto accartocciare e gettare come aveva fatto con tutte le altre.
“Ehi Eva, hai visto il fusto che ti fissava stamattina?” La voce di Greer Circe tagliò il brusio dovuto al chiacchiericcio costante, allo squillo dei telefoni e al suono dei tasti premuti sulle macchine da scrivere. La sua migliore amica non si lasciava mai sfuggire un uomo attraente. Se solo lei avesse avuto una briciola del talento di Greer per scovare i fusti...
“Dove?”
Greer si avvicinò con la sedia. “Quello che aspettava l’ascensore. Ben vestito. Capelli castano-dorati. Bellissimi occhi verdi”.
Eva ripercorse la scena di quella mattina, dell’atrio pieno di uomini. “No”.
Greer scosse la testa senza che si muovesse un solo capello dalla sua acconciatura castano-cioccolato. “Non posso credere che tu non l’abbia notato... Giacca di pelle nera, sciarpa scozzese rossa e verde, pantaloni neri attillati, belle chiappe...”
“Com’è che me lo sono perso? Sembra divino”. Eva cercò di concentrarsi sulla conversazione, ma la sua testa era ancora su quella lettera, l’ultimo rapporto dell’investigatore privato attirava il suo sguardo come un'eclissi solare. Nessun detective era mai riuscito a trovare il padre che non aveva mai incontrato, neanche una piccola traccia della sua esistenza.
Era come se qualcuno avesse preso una gomma e lo avesse cancellato dal