che vi vogliono bene”.
“Grazie, fratellino”. Garron scompigliò i ricci biondi di Jeb, come faceva quando erano piccoli.
Lui gli spinse via la mano. “Ora è meglio che tu vada a Lincoln. Non vorrai perderti qualche grossa operazione di droga o di altra roba del genere, mister Buoncostume”.
Garron sorrise e lo salutò mentre usciva. Salì sulla Harley sentendosi bene, meglio di quanto non gli accadesse da molto tempo. Non riusciva ancora a credere che Sonny Good avrebbe finalmente fatto di lui un uomo onesto.
* * * *
Rawley spense il motore e si passò una mano tra i folti capelli neri con aria afflitta. Era stato un pomeriggio infernale destinato a peggiorare. Guardò l’insegna dell’”R&R”, l’allevamento dei suoi fratelli, e pensò che fosse ora che parlassero un po’. Le cose in città si erano un po’ complicate, aveva bisogno che almeno i suoi fratelli tenessero un profilo basso. Non era sicuro che l’avrebbero ascoltato, però doveva almeno provarci.
Ranger e Ryker avevano sempre avuto un rapporto particolare. Era come se un legame inscindibile li avesse uniti nella pancia della madre, proprio come quei gemelli che Rawley aveva visto in TV. Il fatto che comunicassero con una lingua segreta era solo una delle loro tante stranezze.
Da bambini si rifiutavano di dormire separati. Non importa quante volte i loro genitori avevano provato a dividerli, alla fine si risvegliavano sempre nello stesso letto. E finché erano piccoli, andava bene. Ma una volta diventati adulti il padre si era impuntato. I gemelli, quindi, avevano fatto l’unica cosa possibile: appena compiuti i diciotto anni, se n’erano andati via di casa. E visto che entrambi avevano lavorato in quell’allevamento durante tutte le scuole superiori, quando il Vecchio Zook era andato in pensione, aveva deciso di venderlo a loro. Per fortuna che avevano fatto pace con il padre, per allora, così lui aveva accettato di farsi cointestare un prestito. E questo era successo quasi sette anni prima.
Scendendo dalla macchina da sceriffo, Rawley andò verso la piccola costruzione che ospitava il loro ufficio. Da quando avevano iniziato a gestire quel posto, gli affari erano più che raddoppiati. Era evidente che, quando si trattava di far ingrassare mucche, a nessuno importava che tipo di relazione avessero Ryker e Ranger. Di certo aiutava il fatto che i gemelli non ostentassero mai niente davanti agli altri. I vari pettegolezzi, in città, non facevano altro che supporre che i due fossero amanti. Nessuno aveva mai visto qualcosa. Non si tenevano nemmeno per mano, in pubblico.
Una volta o due aveva sentito di alcune donne con cui erano andati a letto. Ma a dirla tutta, queste donne non avevano mai parlato con nessuno delle serate passate con i gemelli Good. Aprì la porta e la campanella in cima annunciò la sua presenza. Sapeva benissimo che era meglio non andarli a cercare, quindi si mise seduto ad aspettarli lì all’ingresso. Osservando le sedie dorate di vinile, la cui pelle era tutta screpolata, Rawley scosse la testa.
“Che c’è che non va?” disse Ryker, entrando nella stanza seguito da Ranger.
“Secondo me avete fatto abbastanza soldi da potervi permettere di cambiare queste sedie vecchie di trent’anni”. Rawley raschiò via un po’ del materiale crepato.
“E perché mai dovremmo farlo? Qui vengono quasi solo allevatori di bestiame. Se rinnovassimo questo posto, potrebbero pensare che ci stiamo arricchendo troppo a spese loro”. Ryker guardò Ranger e gli fece l’occhiolino. “Ovviamente è vero, ma loro non devono mica saperlo”.
“Beh, allora non invitare mai nessuno di loro a casa vostra”. Rawley pensò all’enorme casa in legno e pietra che i gemelli avevano costruito qualche anno prima sul limitare della proprietà di famiglia. Tutta circondata dagli alberi, la casa era una meraviglia di cui Rawley era sempre stato un po’ geloso.
Ranger prese posto accanto a lui. “Infatti non ne abbiamo affatto intenzione. La nostra casa è un tempio. Lì non c’è spazio per gli affari, mai”. Guardò prima Ranger e poi Rawley. “Allora, vuoi dirci cosa ci fai qui? Se è per raccontarci del toro e della festa, ci ha già chiamato Sonny”. Strinse appena gli occhi. “C’è forse qualcos’altro?”.
Con un sonoro sospiro, Rawley si passò una mano dietro il collo. “Ho chiamato Lionel in centrale per interrogarlo. So che è lui il responsabile, e lui sa che io lo so. Ma non ho niente contro di lui. Ho richiesto dei test per il proiettile, ma potrebbe volerci tempo. È una situazione davvero troppo frustrante. Come posso proteggere Sonny, se lui ha intenzione di sbandierare ai quattro venti che sta per sposarsi? Pensa che la gente in città non lo verrà a sapere?”.
Ryker si morse il labbro inferiore, facendo spallucce. “Magari non gli importa chi lo verrà a sapere qualcuno. Se tu amassi qualcuno tanto da volerci passare insieme il resto della tua vita, non lo faresti anche tu? Secondo me, quando finalmente ti innamorerai sul serio, sarai pronto a sacrificare ogni cosa per stare insieme a quella persona. È che ancora non ti è capitato”.
“Amo Meg. Stiamo insieme da più di due anni” disse Rawley sulla difensiva.
Ranger si girò verso di lui e lo afferrò per le spalle. “Tu non sei innamorato di Meg. Non dico che non le vuoi bene, ma non sarà mai abbastanza per te”.
Irrigidendosi, Rawley si alzò di scatto e guardò i suoi fratelli. “Non voglio più parlare di Meg con voi. Siete proprio uguali a Sonny”.
Fece per andarsene, ma Ryker gli mise una mano sul braccio. “Una cosa in comune con Sonny ce l’abbiamo di certo. Ti vogliamo bene e ci piacerebbe che tu fossi felice”.
“Sarò felice solo quando voi tre la smetterete di ficcare il naso nella mia vita sentimentale”. Li guardò entrambi, poi scosse la testa dirigendosi verso la porta. “Tenete gli occhi aperti. La mia ipotesi è che tutta questa storia con Lionel sia solo all’inizio, e secondo me i prossimi sarete voi due. Lasciate fuori dalla città qualsiasi cosa stia succedendo”.
Ranger si alzò in piedi e si mise accanto a Ryker, stringendo gli occhi. “Ci fa piacere che ti preoccupi per noi, fratellone, ma facci il favore di stare fuori dai nostri affari e di non dirci come vivere. Non lasciavamo che lo facesse papà, figurati se lo lasciamo fare a te”.
Lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla, Rawley annuì. “Mi pare giusto. Voi allora state attenti e fatemi il favore di non intromettervi nella mia vita amorosa”.
Rawley uscì e risalì sulla macchina della polizia. Dopo essersi allacciato la cintura, si passò le mani sul viso. Era davvero stanco di doversi sempre difendere, con i suoi fratelli. Era da quando era un ragazzo che non desiderava altro che diventare poliziotto. E aveva addirittura superato quel sogno quando era stato nominato sceriffo. Col cavolo che avrebbe messo tutto a repentaglio per una stupida fantasia romantica.
* * * *
Garron parcheggiò nel cortile del ranch bagnato come un pulcino. Era stato colto da un improvviso temporale estivo che lo aveva accompagnato e inzuppato per quasi tutto il tragitto verso casa. Scese dalla moto e fu contento di vedere Sonny sul portico, seduto sulla sua sedia preferita. Gli sorrise quando lui gli porse un asciugamano e una birra fredda.
“Pensavo che ne avresti avuto bisogno, una volta tornato a casa” disse Sonny, mentre lui saliva i gradini.
“Hai pensato bene, ma quello che mi serve davvero subito è un bacio”. Mise le sue labbra su quelle di Sonny, aprendogliele piano. Infilandoci dentro la lingua, Garron gemette sia per il sapore della birra fredda che per quello di Sonny stesso. “È di te che ho sempre bisogno per primo”.
Sonny gli fece l’occhiolino. “Credo di poterci convivere. Ora però datti un’asciugata e raggiungimi in cucina. Visto che pioveva ho passato tutto il pomeriggio chiuso in casa a cucinare. Per quanto vorrei venire di sopra con te, mi piacerebbe che la mia cena fosse calda”. Gli diede un altro rapido bacio. “Tu sei sempre caldo, quindi lo so già che dopo avrò il mio dessert”.
Ridendo, Garron gli diede una pacca sul sedere. “Ci sarà anche Rawley o posso mangiare in mutande?”.
Sonny