cosa tu voglia fare, hai capito?”
“Allora, potrei avvicinarmi ad Alon?” chiese, scontroso.
Stine scosse la testa, fissandolo. Ad lo fissò a sua volta.
“Cosa?” chiese, poi.
“Dopo ogni richiesta, devi aggiungere ‘Padrone’ o ‘Signore’,” disse. Poi, indicando le donne, “Oppure ‘Padrona’ e ‘Signora’, chiaro?”
Ad abbassò la testa, cercando di non ridere in faccia a quel vecchio ridicolo.
“Bene. Posso avvicinarmi ad Alon, Signora?”
Tutti gli Schiavi scoppiarono a ridere. Alon era terrorizzato di vedere quella bella testolina rotolare, mozzata, sul parquet. Ma non poté che esserne impressionato e orgoglioso.
Quel ragazzo era pieno di sorprese, lo adorava sempre di più.
Stine, però, non apprezzava né critiche né prese in giro. Tre Schiavi ricevettero tre sonore scudisciate, il tutto mentre tirava i capelli del novellino. Dopo di che, lo trascinò nella sua stanza.
“Te lo puoi scordare, oggi. Se non ti piace, vattene. È la tua ultima occasione.”
Alon, con lo sguardo, implorò Ad di andarsene.
Ad lo guardò, senza sbattere ciglio.
“Vattene,” mimò lo Schiavo, con il labiale.
“Perché?”
Perché non appartieni a questo posto! voleva urlargli.
“Scappa.”
Con una sola parola, Alon cercò di trasmettere tutto l'orrore della situazione.
Ad scosse la testa. E Stine lo spinse verso una delle stanze. Quella di Gene.
“Divertiti,” disse Stine al collega, mentre sbatteva la porta sui cardini.
Alon fissò l’uscio. Lo fissò per molto tempo.
Il terrore lo stava soffocando.
Aguzzò l’udito, cercando di sentire qualcosa.
La sua immaginazione era a briglia sciolta. Uno spaventoso quadro di un Ad inevitabilmente e dolorosamente distrutto. Molto presto, non ebbe bisogno di sforzarsi, per sentire. Un grido isterico. Poi, un altro. La voce di Ad. E quella di Gene?! Cosa stava succedendo, là dentro? Anche i Padroni erano scioccati. Perché Gene gridava? Stine, a prova della sua grande intelligenza, era l’unico che rideva.
“Gene non sta più nella pelle,” disse ad Amir.
“Non ci credo finché non lo vedo,” rispose l’altro.
“Padrone, posso mica dare una sbirciatina?” gli chiese, timido, Amos.
Amir scrollò, vago, le spalle.
Alon stava per avere un attacco di panico. Iniziò a contare i listelli del pavimento. Poi, passò ad analizzare i colori. Dopo, elencò cinque cose che poteva odorare e cinque che poteva toccare.
Quando Stine parlò, aveva appena cominciato a calmarsi.
“Vieni qui,” gli ordinò il Padrone, sbottonandosi i pantaloni.
Cristo, perché era sempre così soporifero?!
Lo Schiavo obbedì e si mise in ginocchio. L’uomo si posizionò dietro di lui e lo penetrò, brusco.
Nel frattempo, Aletta si stava vantando con Melinda dei suoi nuovi stivali di Chanel. Aveva fatto un affare, in uno dei porti di passaggio. Poi, all’improvviso allungò una gamba verso il volto di Alon.
“Ti piacciono?” gli chiese.
“Sì, Signora,” rispose, atono, lo Schiavo.
“Allora baciali, che aspetti? E vedi di non dimenticarti le suole, non le ho pulite da quando sono rientrata.”
Alon si mise a leccare, obbediente.
Ma aveva la testa da tutt’altra parte.
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