le palle non mi danno per niente fastidio,” rispose, leggerissimamente preoccupato, Alon. Quell’Amir doveva sempre aggiungere benzina al fuoco, mannaggiallui.
Intravedendo una degenerazione del suo piano, ripassò velocemente il tutto.
Si era umiliato, aveva implorato, aveva singhiozzato.
Cosa mancava? Ma certo! La ciliegina sulla torta.
A quattro zampe, nessuno poteva resistergli.
Aletta fu fin troppo felice di penetrarlo con quella verga di gomma. E glielo dimostrò.
Inesorabilmente, tutti i tagli che aveva nello sfintere si aprirono. Ma quell’eventualità era già stata messa in conto. Al strinse i denti. Ai Padroni piaceva, quando gli Schiavi cercavano di trattenere le urla. Ma, in effetti, gli faceva male.
“Perché sei così silenzioso?” chiese, garrula, la Padrona. Poi, accese il vibratore. E allora sì che Alon urlò. Ma più di sorpresa che altro. Non che la donna sapesse la differenza, comunque.
“Quanto è bello?!” sospirò Amir, ammirando l’Adone.
“Silenzio,” disse Stine, indicando Aletta.
“Cosa?” chiese Amir.
“Sembra proprio che la nostra ragazza preferita stia piangendo,” ridacchiò il gioielliere.
Aletta lo sentì, si rese conto di stare veramente piangendo e -imbarazzata- si alzò. Stine approfittò di tale défaillance per spogliarsi alla velocità della luce e lanciarsi sul povero Alon. La noia.
“Manca qualcosa,” disse. E, sempre molto innovativo, incominciò a pisciare sul viso dello Schiavo. Di nuovo. Nemmeno lui sapeva il motivo, ma adorava farlo. Con la Bestia, più che con chiunque altro.
Amir, ammirando la scena, si sentì legittimato a sdraiarsi sul pavimento e afferrare i testicoli di Al. Subito, iniziò a graffiare e tirare e strizzare.
Le signore non furono da meno. Aletta -asciugatasi le lacrime- prese a calci la schiena di quello Schiavo, così impertinente da averla fatta piangere. Melinda la seguì a ruota. Lo sapeva che ci sarebbe stata una buona ragione per indossare quegli scomodissimi tacchi a spillo, quando li aveva scelti la mattina! Mirò proprio alla spina dorsale. Poi, si girò verso le sue Schiave e ordinò, “Fatevi scopare da qualcuno. Chiunque andrà bene.”
Ma non controllò di essere stata effettivamente obbedita.
Stine, alla parola scopare, reagì di conseguenza. Si inginocchiò e sbatté il cazzo in gola ad Alon.
Il poveraccio aveva l’inguine in fiamme. Quando quasi soffocò a causa di quell’uccello mal-lavato, cercò solo di farlo venire il più in fretta possibile.
“Vedete di spingere quel vibratore più a fondo!” ordinò Aletta, mentre lo Schiavo di Gene l’accarezzava. Ma era Alon che guardava. Non l’avrebbe mai ammesso, ma quella Bestia la eccitava da morire. Nessuno era come lui, nell’intero Universo. O, almeno, a Firokami. Che per lei equivaleva alla stessa cosa.
Amir non si fece ripetere l’ordine due volte. E, senza smettere di tirare lo scroto di Alon, gli forzò il vibratore ancora più in profondità. Bruscamente, il pezzo di gomma sparì tra le natiche dello Schiavo. Alon urlò. O, meglio, ci provò. La sua gola era troppo impegnata per emettere alcun suono. In compenso, ingoiò ancora di più l’intera lunghezza del Padrone. Il quale non aveva la minima intenzione di venire così velocemente. Anzi, afferrò un frustino e lo colpì in faccia. Stine, la solita pecora, afferrò la prima frusta che vide e copiò il socio. Lo Schiavo si coprì automaticamente il volto, ma i Padroni non volevano sentire ragioni.
“Non osare!” sibilò Amir, continuando a tirargli i testicoli martoriati.
Lo Schiavo ululò -per finta- di dolore, ma non tentò più di evitare i colpi. Primo, era stato un riflesso condizionato. Secondo, c’era Selena. Sapeva che se la sarebbero presa anche con lei. Quell’Anima buona lo guardava, triste, mentre Gene la insozzava. E al Padrone non andò giù.
“Che cazzo è che c’hai, cogliona?” le strillò.
Non si accorse dello sguardo tra i due Schiavi. Figurarsi se avesse perso tempo con le relazioni che gli Schiavi avevano fra di loro! Però, vide cosa Amir stesse combinando e gli chiese, “Ma che fai?”
“Voglio inchiodargli le palle a terra,” rispose quello, come fosse la cosa più normale del Mondo. “Così la smette di agitarsi!”
Gene sorrise, maligno.
“Così ogni volta che vorremo giocarci, non potrà scappare,” sghignazzò. “Inchiodaglieli al comodino, dai!”
Amir aveva già i testicoli in posizione, quando lo Schiavo urlò. E lo fece più forte che mai. Ma che cazzo di porcate si stavano inventando, con i suoi testicoli, quegli psicopatici?!
Stine, ben lontano dal climax, non apprezzò che quella gola così esperta si fosse liberata della sua sacra verga. E fece schioccare la frusta, ma sul pavimento. Aveva visto che lo Schiavo non c’entrava assolutamente nulla. Sapeva essere magnanimo e giusto. Qualche volta. Quindi, se la prese coi colleghi.
“Amir!”, esclamò, irritato. “Smettila di far cazzate a cui non frega una mazza a nessuno!”
Gene scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
“Smettila tu! Gli vuoi rovinare la faccia, per caso? Come farà a sedurre qualcuno, stasera?”
“Non deve sedurre! Deve umiliare! Deve sottomettere! Da quando si ha bisogno di un bel faccino, per farlo?”
Alon, approfittando della distrazione, si lanciò sulle gambe di Gene. Le abbracciò strette e, nel mentre, il vibratore si mosse. Fu un dolore immane, ma pensò di sfruttarlo per aggiungere pathos alla sua supplica.
“Vi prego, Padroni, vi supplico! Non fatelo! Non mi muoverò più, lo giuro!”
E, a pensarci bene, avere i coglioni inchiodati -che fosse a un comodino o a una libreria- poteva essere seccante.
“Beh,” ponderò, o finse di farlo, il Padrone. “Per umiliare qualcuno, è necessario avvicinarsi. Giusto? E il nostro micetto potrebbe scappare. Io lo farei!”
“Ha due scelte. Accettare il suo destino o gettarsi in Mare aperto,” disse Stine. Subito, sollevò la mano per colpire lo Schiavo ai piedi di Gene. Ma si fermò.
Alon piangeva. Un altro riflesso condizionato, legato al fatto che Amir aveva appena trafitto il primo testicolo con un chiodo d’argento.
“Oh, ma guarda,” commentò Gene. “Sembra proprio diventerai parte dell’arredamento. Ma a che pro, Amir? Voglio dire, non potrà nemmeno prepararci un caffè! Resterà lì per sempre? Che spreco!”
“Mi spieghi per quale stracazzo di motivo critichi sempre ogni mia iniziativa?! Ti lamenti, ma non mi sembra tu abbia chissà quale idea originale da proporre!” sbottò Amir.
E si distrasse dalla delicatissima operazione che stava compiendo. E il martello colpì troppo forte. Un fiotto di sangue caldo lo colpì. Alon ruggì. Strinse le gambe di Gene, quasi facendolo cadere, e si pisciò addosso.
No buono. Il Padrone si rese conto che stavano per giocarsi lo Schiavo del secolo. Con un sussulto, afferrò il martello da Amir ed estrasse il chiodo dal testicolo della bestia. O, almeno, da quello che ne era rimasto.
“La lezione è finita,” disse, poi, prendendo Alon per i capelli e trascinandolo in camera da letto.
“Cos’è? Salti la fila?!” gli disse Stine.
“Ma che cazzo ne so,” sospirò Gene.
Stine scoppiò a ridere.
“mA cHe CaZzO nE sO!1!1!” lo scimmiottò.
La diceva sempre, quella frase.
“Okay,” si rivolse a Selena.