Kate Rudolph

Nella Rete Della Ladra


Скачать книгу

depositarvi ciò che avesse ritenuto opportuno. Sia Kathy che la guardia aspettarono dietro una tenda rossa mentre lei si occupava dei suoi affari. Mel controllò l’orologio. Era nella banca da meno di dieci minuti ed era quasi ora di mettersi al lavoro.

      Un urlo squarciò il silenzio. Perfettamente in orario.

      Mel si alzò di scatto dalla sedia e si rivolse a Kathy e alla guardia. “Va tutto bene?” chiese.

      Kathy si irrigidì, valutando la situazione. Era l’unica manager in servizio, in quel momento. “Devo andare a controllare. Voi due potete aspettare qui durante la mia assenza?”

      “Assolutamente, non c’è nessun problema,” disse Mel. “Ovviamente ci sono questioni più importanti.”

      Kathy si mostrò indecisa sul da farsi ma poi corse via, lasciando soli Mel e la guardia. Mel iniziò il conto alla rovescia partendo da centoventi, che erano i secondi allo scadere dei quali avrebbe avuto luogo la successiva manovra diversiva. Frugò pigramente nel contenuto della cassetta. C’erano documenti e qualche gioiello di scarso valore, niente di veramente prezioso. Ma c’era abbastanza roba per rendere credibile che ci volesse del tempo a trovare ciò che le serviva. E quella era la cosa importante.

      Puntualissima, un’esplosione scosse l’aria, seguita da un sordo crepitio di petardi. Mel sobbalzò, facendo cadere alcuni documenti e fingendo di respirare a fatica per aumentare l’effetto. Uscì come una furia da dietro la tenda, urtando la guardia prima di riuscire a fermarsi. “Cos’è stato?” chiese, mettendo nella sua voce un accenno di panico.

      La guardia mise rapidamente mano al suo Taser guardando verso l’ingresso della banca. “Va tutto bene, signora. Qui è al sicuro.” Si allontanò in fretta verso il trambusto senza bisogno di ulteriori sollecitazioni.

      Ottimo.

      Mel attese qualche secondo, poi aprì la valigetta ed estrasse i grimaldelli. La guardia aveva chiuso la porta interna dietro di sé, il che le garantiva privacy e la libertà di lavorare senza doversi guardare alle spalle.

      Si diresse alla cassetta 109 e inserì la chiave della guardia in una delle serrature. Gliel’aveva sfilata quando si erano scontrati dopo l’esplosione. Forzare l’altra serratura fu più facile di quanto avrebbe dovuto, e Mel in meno di un minuto ebbe fra le mani la cassetta di sicurezza contenente il suo compenso per il lavoro dello Smeraldo Scarlatto.

      Aprì la cassetta e si bloccò, senza capire bene cosa stava guardando. La richiuse e l’aprì nuovamente, sperando che i suoi occhi l’avessero ingannata.

      Non c’era nessun compenso nella cassetta.

      C’era solo un biglietto da visita.

      Sopra c’era scritto a chiare lettere “LUCIO TORRES” e vi erano riportati un numero di telefono e un indirizzo e-mail. Nessuna ragione sociale, nessun indirizzo fisico. Ma Mel sapeva esattamente dove viveva. Dopo tutto lui era l’uomo a cui aveva rubato lo Smeraldo Scarlatto.

      Un mese prima, una strega di nome Tina Anders si era rivolta a lei per rubare la gemma. Era un lavoro difficile, che solo tre persone, inclusa Mel, erano in grado di portare a termine. Ma Tina e Mel avevano dei trascorsi, e Tina le aveva offerto una ricompensa che non avrebbe potuto rifiutare per completare la missione in tempi ristrettissimi.

      E lei ce l’aveva fatta, a parte un piccolo contrattempo che per qualche giorno l’aveva resa ospite non invitata del leone mutaforma. Il tutto doveva finire lì. Lei aveva dato a Tina la pietra, Tina le aveva consegnato la chiave della sua cassetta di sicurezza, e l’affare doveva considerarsi concluso.

      Tranne che per i vampiri.

      Quando le aveva proposto il lavoro, Tina aveva evitato di menzionare i vampiri. E a Mel piaceva pensare che se Tina l’avesse fatto, lei avrebbe rifiutato il lavoro senza pensarci due volte, indipendentemente dal compenso. Ma i vampiri si erano presentati, era andato tutto a rotoli, Luke Torres l’aveva accusata del rapimento di sua sorella e Mel si era teletrasportata lontano da lì prima che lui potesse squarciarle la gola.

      Il che era stato un bene, se non si considera la parte della storia che l’aveva vista finire nuda a più di mille chilometri di distanza, senza la chiave della cassetta di sicurezza né l’indirizzo. Entrambe le cose erano rimaste a Luke, nei vestiti che lei aveva lasciato in quella foresta del Colorado. Solo dopo aver incontrato nuovamente Krista, le era stato ricordato che chiunque usasse l’incantesimo del teletrasporto doveva possedere gli oggetti che intendeva portare con sé. I vestiti di Mel non le appartenevano, se li era procurati per altre vie.

      Così, se senza dubbio possedeva la chiave e il biglietto con l’indirizzo, altrettanto non si poteva dire dei vestiti che li contenevano. Krista e Bob se n’erano entrambi andati dopo aver ricevuto il pagamento per la loro parte di lavoro, e lei era rimasta senza niente.

      Aveva tutto Luke. Soprattutto, aveva la sua pietra rivelatrice.

      Mel richiuse con violenza la cassetta di sicurezza e la ripose di nuovo nel suo alloggiamento. Si morse il labbro per evitare di imprecare. Con l’aiuto di una strega la pietra rivelatrice le avrebbe permesso di localizzare il fulcro del potere a cui era connessa. Avrebbe avuto un navigatore satellitare magico per trovare il suo obiettivo in qualsiasi momento. E quell’oggetto era più prezioso di qualunque altra cosa possedesse.

      La pietra rivelatrice era connessa a una strega di nome Ava. Avrebbe permesso a Mel di rintracciare la donna che aveva ucciso i suoi genitori.

      Mel si raddrizzò e si sedette di nuovo al tavolo, aspettando che Kathy o la guardia facessero ritorno. Mentalmente stava già escogitando un piano. Era piuttosto semplice. Avrebbe solo dovuto derubare l’alfa un’altra volta.

      2

      Capitolo Due

      Il leone ruggì. Il suono vibrò attraverso la foresta fuori da Eagle Creek, in Colorado, dove i leoni del suo branco si aggiravano alla ricerca della sorella scomparsa. Il tempismo di Mel avrebbe potuto essere migliore, ma lei non poteva sapere che la notte del suo ritorno in città sarebbe stata la stessa in cui l’alfa avrebbe mandato il branco alla ricerca della giovane leonessa di cui si erano perse le tracce.

      Aveva il batticuore e l’eccitazione l’attraversava ad ogni ramoscello spezzato. Sarebbe bastata una sola mossa sbagliata per finire di nuovo prigioniera dell’alfa. E questa volta non aveva una strega a tirarla fuori dai guai.

      Non sapeva se tutti fossero fuori per cercare Cassie, ma non riusciva a immaginare quale altro motivo potesse averli spinti a uscire. I leoni non avevano organizzato una battuta di caccia in cerca di prede; riusciva a sentire il mormorio delle loro voci e percepiva sicurezza nei loro passi. Stavano battendo la foresta metodicamente, setacciandone ogni centimetro in cerca della ragazzina rapita. A parte il fruscio del vento e i suoni intermittenti provenienti dai mutaforma schierati nella foresta, Mel non udiva altro.

      Gli animali notturni che normalmente si aggiravano in quei boschi si erano nascosti. Anche gli insetti erano silenziosi.

      Allontanò con un soffio una ciocca di capelli ribelle, poi la fermò dietro l’orecchio quando le ricadde davanti agli occhi. La prima volta che era venuta a Eagle Creek aveva i capelli rossi, o almeno sembrava che lo fossero. La parrucca faceva parte di una delle sue identità e rappresentava una distrazione per chiunque cercasse di ricordare il suo aspetto. Quella notte non c’erano distrazioni. Mel indossava abiti stretti e scuri che seguivano i suoi movimenti come una seconda pelle, e i capelli castani erano pettinati all’indietro e raccolti in una coda di cavallo. Per altri lavori come quello avrebbe probabilmente indossato un travestimento, ma non aveva bisogno di nascondere la sua identità all’alfa. Lui sapeva che stava arrivando. Diamine, l’aveva invitata lui.

      Si era diretta subito in Colorado dopo la visita alla banca nel Wisconsin. L’unica tappa intermedia era stata un pernottamento a St. Louis per fare scorta di attrezzature da una strega con cui aveva lavorato tempo prima. Per un secondo aveva considerato di chiamare Krista, ma aveva scartato l’idea quasi