una scarsa tolleranza all’argento, ma di solito la reazione allergica si manifestava dopo almeno qualche istante. “Mi serve la chiave di queste manette!” esclamò spostandosi per slegare le gambe di Cassie. Lei rimase ferma, e dato che la corda era spessa, ma normale, Luke riuscì a liberarla in un attimo.
“Non è lo stesso odore, te l’ho detto,” disse Javier, uno dei leoni che si era offerto volontario all’ultimo minuto per unirsi alla ricerca. Non era un inseguitore e prima di allora non aveva mai dato la caccia a una persona, ma Luke necessitava di tutto l’aiuto possibile.
“Probabilmente abbiamo sconfinato sul terreno di qualcun altro,” rispose Alisha, la sua partner nella ricerca di quella notte. Lasciò Javier e si avvicinò a Luke. Alisha si era trasferita in zona solo tre mesi prima; in precedenza aveva lavorato al CDC di Atlanta, finché non aveva ricevuto un’ottima offerta di lavoro a Denver, impossibile da rifiutare. Non viveva nel territorio del branco ma questo non le aveva impedito di diventarne velocemente un membro importante.
Javier, invece, era nato e cresciuto a Eagle Creek e possedeva una piccola società di contabilità che gestiva il denaro di diverse aziende locali. Furono i primi due a raggiungere Luke e i suoi compagni nella radura. Gli altri membri del branco arrivarono alla spicciolata più tardi.
Mick, un ragazzo che recentemente si era messo nei guai a causa di una certa litigiosità e per un grosso errore durante un turno di guardia, forzò velocemente la serratura delle manette di Cassie. Lì per lì Luke fu felice che il ragazzo ne fosse stato capace, ma poi si appuntò mentalmente di capire perché i ragazzi del suo branco stessero imparando a fare gli scassinatori.
I furti degli ultimi tempi sarebbero già bastati per una vita intera.
Dopo essersi assicurato che Cassie non indossasse una trappola esplosiva e che nella radura non ci fossero altre brutte sorprese, Luke aiutò Cassie ad alzarsi e si avviarono verso il luogo dove aveva parcheggiato la macchina per riportarla a casa.
Si era aspettato che Cassie si addormentasse dopo aver fatto una doccia, ma la sorella lo chiamò in camera sua per parlare mentre era impegnata ad asciugarsi i capelli. Ora che non era più coperta di chiazze di fango ed erba, Luke vide lividi neri e marroni sparsi sulla sua pelle pallida. Una rabbia violenta ruggì dentro di lui e gli fece venire voglia di uscire e andare subito a caccia di chiunque le avesse fatto del male. Ma era grato del fatto che le sue uniche ferite sembrassero superficiali. Niente ossa rotte, o peggio.
O almeno, lei non aveva detto nulla.
“Come stai?” le chiese. Si sedette su una poltroncina da lettura e appoggiò i piedi sul bordo del letto. La stanza era grande, con due sedie, una scrivania e una nicchia per la lettura ricavata vicino alla finestra. Era la stanza degli ospiti che Luke utilizzava per la sua famiglia, ed era solo due porte più giù della sua.
Cassie si sedette sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera. “Ho lividi e qualche ammaccatura, ma sto bene.” Si pettinò delicatamente i capelli con le dita mentre parlava. “Mi dispiace tanto, ho fatto un casino. Non avrei dovuto, scusami, ti prego,” disse con le lacrime che le pungevano gli occhi. “So di aver sbagliato...”
Luke la interruppe sollevando una mano. “Ne parleremo più avanti.” E ne aveva tutta l’intenzione, sapeva che la rabbia gli sarebbe montata dentro una volta che fosse stato certo che la sorella fosse al sicuro. Anche in quel momento, con lei di nuovo a casa nella sua stanza, non riusciva quasi a crederci. Ma si aspettava di essersi ripreso per il mattino seguente. Non era necessario parlarne quella sera.
Lei però non era pronta a chiudere l’argomento. “L’hai detto a mamma e papà?” Luke pensò che non potesse sembrare più mortificata di così.
Questa volta fu Luke a esitare. Sua madre e il patrigno erano in vacanza quando Cassie era scomparsa, e lui non aveva nemmeno pensato a contattarli fino a due giorni dopo. Come alfa del suo territorio, prendersi cura della sua gente era il suo lavoro, non poteva andare a piangere dai suoi genitori ogni volta che qualcosa andava storto. Così aveva temporeggiato e rimandato. “Non ancora,” disse alla fine. “Sapevo che ti avrei trovato.”
Cassie socchiuse gli occhi ma non chiese ulteriori spiegazioni. “Quindi magari non è necessario che lo vengano a sapere?”
“Ne parleremo più avanti,” ripeté Luke.
Lei lasciò perdere e cambiò argomento. “Erano due i vampiri che mi hanno preso, anche se dopo la prima notte ne ho visto uno solo. Dopo di che loro...” Si interruppe e aggrottò le sopracciglia. Dopo un momento continuò come se non ricordasse di essersi fermata. “Non riesco a ricordare come sono arrivata alla radura, ma sapevo che stavi venendo a prendermi.” Sorrise e si spostò per appoggiarsi più comodamente alla testiera del letto, rilassandosi forse per la prima volta da quando era tornata a casa di Luke quella notte. Ma subito si rimise a sedere e si irrigidì.
“Cos’hai?” chiese Luke.
Cassie scosse la testa. “Non lo so. Devo avere un livido sulla schiena o qualcosa del genere.”
Luke si alzò. “Mi fai vedere?” Non aveva una formazione medica, ma pensava di saper distinguere fra una sciocchezza e qualcosa di più grave. “Oppure posso far venire Kenny a darti un’occhiata. È un paramedico.”
Cassie si sdraiò a pancia in giù. “Certo, dai un’occhiata tu.” Si alzò la maglietta e scoprì un gruppo di ematomi intorno alla spina dorsale. Quei brutti lividi viola, neri e blu le coprivano la schiena e Luke non capiva come poteva non essersene accorta fino a quel momento.
Premette delicatamente la mano sulla pelle livida. “Fa male?” chiese.
La voce di Cassie gli giunse attutita dalla coperta. “Come se fosse un livido,” rispose lei.
“Ho una pomata che dovrebbe essere d’aiuto.” La lasciò sola un momento per andare a prendere il tubetto nel suo bagno, ma appena mise piede nel corridoio gli si rizzarono i capelli sulla nuca. Si voltò e tornò come una furia nella stanza di Cassie.
La sua ladra, la donna che aveva rubato lo Smeraldo Scarlatto direttamente dal suo caveau, era chinata accanto a sua sorella e le stava passando una mano sulla schiena.
“Cosa diavolo ci fai qui?” sbottò.
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