almeno per ora… forse in seguito.... Ma del mio sagrifizio nulla m’importa, – aggiungeva ipocritamente. – Il dolore del distacco mi sarà mitigato dal pensiero di veder appagato il mio sentimento più caro: l’ambizione ch’io nutro per te: il desiderio mio più forte, che è quello di vederti seguire la carriera a cui tuo padre ti avea sì amorevolmente avviato.
Il principe l’ascoltava, le scrutava in volto la sua doppiezza.
Ella, poco avveduta, volle tentare, vedendo che non rispondeva, un altro colpo.
– E poi, – soggiunse, – tu ti piegherai al mio consiglio, perchè nessuno più di me cerca il tuo bene e voglio almeno, – tornava al suo fare imperioso, – tu esperimenti di uscire dalla vita d’ozio che meni.... Tu mi dirai che vivi per me; ma ti par degno d’un uomo intelligente, che ha l’attitudine ad essere operoso nello cose più serie, più utili, il viver soltanto per l’amore?… Io sono felice, ma la mia felicità sarà certo più durevole, se non più grande, quando saprò d’esser la moglie di un uomo, il cui nome sia pronunziato da tutti con stima, benemerito del suo paese, e ogni cui atto sia osservato, discusso.... L’ozio può esser tollerabile in noi donne… che abbiamo tanto spinto di frivolezza per sostenerlo, e pur ci è causa spesso di tanto abbattimento, di prostrazione nell’animo, di confusione nell’intelletto; ma – proseguì un po’ rudemente, e come se facesse la lezione a un fanciullo, a lei subordinato – non è tollerabile in un uomo d’onore.
E si ravviluppava nella pelliccia, e si appoggiava al dorso del canapè, stando quasi riversa, e guardando di sottecchi il principe, da cui attendeva ansiosa una risposta.
– Onore?… avete detto, – esclamò il principe, senza scomporsi. – Voi parlate d’onore?… Mi consigliate di partire: separarmi da voi, lasciarvi libera a’ vostri capricci; e non vi basta quelli che ho sopportato fin ora? Io mi devo sottoporre come un fanciullo… lasciare la mia casa, esiliarmi da Napoli, perchè a voi piace così: perchè avete bisogno di sfogare, più che forse non fate, i vostri appetiti?… Tu hai un amante!… – aggiunse il principe furibondo, – per questo vuoi allontanarmi.
E la percosse nel volto molto forte.
Con la proposta di separazione l’avea irritato, ferito nel suo amor proprio, lasciato in balìa di tutte le più tristi, angoscianti supposizioni.
Enrica non era avvezza a vedersi così dominata da uomo di tal qualità.
Cominciò, secondo l’indole di certe donne, ad ammirare colui che mostrava di saperla soggiogare; che la superava nella forza del carattere e della volontà. Pure, siccome l’indole di certe donne è pur sempre la provocazione, mormorò, mentre si portava una mano al volto e facendo un gesto di sprezzo verso il marito:
– Facchino!
Quasi nel medesimo istante gli gettava in una guancia due grossi anelli, che si era in fretta cavati di dito: due forti proiettili.
Egli che era già vergognoso, quasi pentito dell’atto violento, e sentiva, come gli era avvenuto in altri simili casi, senza però correggersi, che poco si addiceva ad un gentiluomo, fu di nuovo punto, irritato.
Si slanciò sulla principessa; non volea darle più pace: ella resistette: fino a che egli, gettatala a terra, la trascinò pei capelli quasi per tutta la stanza.
L’energia, la fierezza da lui dimostrata gli cattivarono l’animo della moglie. Bellissima, supremamente elegante in ogni ragguaglio de’ pochi abiti che avea ritenuto, si trascinava a’ piedi di lui, implorava perdono, gli confessava perversamente di aver un amante, e che le era stato carissimo: che avea vagheggiato una separazione, cercato mezzo per avere la sua libertà: ma d’ora innanzi non avrebbe adorato che lui: lui, suo signore, suo sovrano, suo dominatore....
– Io non voglio sapere, – disse il principe, rialzandola e spingendola lontano da sè, – se abbiate o no un amante… siete così sciagurata che me ne direste anche il nome… perchè io lo cercassi, lo sfidassi… perchè un duello, forse, potrebbe rassicurarvi meglio che una separazione.... Ma io non voglio oggi scandali.... È un momento in cui Napoli non è occupata di alcun fatto serio, o frivolo, che dia buon alimento alle ciarle… Uno scandalo nella famiglia del principe di Caprenne sarebbe un boccone troppo ghiotto.... Io prenderò la vita del vostro amante e… la vostra… quando crederò opportuno.... Voi siete di quelle donne, le peggiori di tutte, che nulla può correggere.... Ricordate quanto io vi aveva saputo perdonare nel punto del nostro matrimonio.... Vi ho amato: forse, meglio, vi ho desiderato con furore. E voi, che ve n’eravate accorta, dopo avermi stillato fiamme, a poco a poco, nel cervello, nei sensi, n’avete approfittato per farmi una confessione, già sicura che io, invasato dalla mia passione, e ingannato dalle vostre lacrime, dal vostro pentimento, che pareva sincero, vi avrei assoluta....
Ella si era appoggiata col gomito a una delle estremità della mensola, in malachita, del caminetto, e agitava una gamba, il cui movimento, quasi febbrile, si vedeva sotto l’ampia pelliccia di martora, in cui si stringeva.
– D’ora innanzi, – riprese il principe, – noi vivremo assolutamente separati.... Cesserà fra noi ogni intimo rapporto.... Lascio a voi tutto il primo piano del palazzo: io abiterò al pian terreno.... Pranzeremo insieme: riceveremo insieme, qui al primo piano, le sere in cui diamo i nostri balli: vi accompagnerò io alle feste, a’ teatri, alle passeggiate.... Vi lascerò qui tutta la massima libertà: e guai a voi, se ne abusate.... Così avrete la separazione invocata.... E questi miei ordini sono irrevocabili! – disse il principe con la più cupa risolutezza.
Enrica singhiozzava: questa volta sinceramente.
Volle accostarsi al principe: egli la respinse, e le disse: – Siete una donna molto triste e molto pericolosa.... Farete o avrete fatto molto male: ma ricordatevi che nel mondo vi sono compensazioni inevitabili: troverete chi saprà darvi il vostro castigo: non sempre s’incontrano vittime rassegnate.
Parve a Enrica, in quell’istante, veder affacciarsi dalla porta la pallida fisonomia di Roberto: e dette un grido.
Ma la porta era stata aperta e rinchiusa dal principe, ch’era uscito per andar a conferire col suo maggiordomo circa la nuova disposizione degli appartamenti, a cui cercava un pretesto.
Enrica, rimasta sola, si gettò sul sofà, la testa sprofondata in uno dei morbidi cuscini, e pianse. Non aveva mai pianto lacrime sì vere e sì abbondanti. Il cuore le diceva che quel distacco dal principe le sarebbe fatale: che lasciata padrona di sè avrebbe scivolato chi sa in quali abissi: e poi, ora che il principe l’abbandonava, essa, volubile, bizzarrissima, s’accendeva d’una folle passione per lui.
Morto il padre, abbandonata dal principe, si sentiva sola nel mondo: sola, se non co’ suoi rimorsi, co’ pensieri non lieti delle cose malvagie da lei poste in atto.
Col tempo, il ricordo di Roberto ch’ella credeva aver cancellato per sempre dal cuore, vi si ravvivava.
Provava spesso una inquietudine, una smania inesplicabili: non pigliava sonno, non trovava in nulla diletto: avea da opporre a tutto, da censurar tutto, profanava ciò ch’è più sacro, bruttava ciò ch’è più bello: la vita amarissima di chi ha trasgredito le grandi leggi morali, inviolabili della coscienza.
S’era fitta in capo un’idea sin da quella memorabil mattina: riconquistar la grazia del principe.
E, nel corso di anni, vi era riuscita. Il principe ormai la trattava con benevolenza paterna: con una affabilità indulgente e un po’ motteggiatrice.
S’era formata fra loro come una certa tregua: vivevano abbastanza in pace: la principessa, tutta intesa al riconquistare; il principe sempre attento, perchè temeva d’insidie, e per provvedere, senza por tempo in mezzo, nel caso di pericoli.
In tale condizione noi li abbiamo trovati, insieme col nostro lettore, una mattina seduti a un tavolino, prendendo il tè, nel salotto della principessa.
Qual differenza tra questa mattina e l’altra da noi dianzi descritta! Allora il principe amava, stimava a bastanza la moglie: or non avea più per lei nè affetto, nè fiducia.
Anche il salotto non era lo stesso: quello ove si era svolta la disgustosissima scena era un salotto verde, con grandi fiori rossastri,