Edward Gibbon

Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 6


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aspettare dallo stato decadente del genio e dell'arte. La musa di Claudiano17, consacrata al suo servizio, era sempre pronta a notare gli avversari di lui, Ruffino o Eutropio, d'eterna infamia, od a rappresentar con i colori più splendidi le vittorie e le virtù d'un potente benefattore. Nelle ricerche intorno ad un periodo di tempo sufficientemente sfornito di autentici materiali, noi non possiamo a meno di non illustrare gli annali di Onorio con le invettive o co' panegirici d'uno scrittore contemporaneo; ma siccome par che Claudiano siasi servito del più ampio privilegio di poeta e di cortigiano, bisognerà usar della critica per convenire il linguaggio della finzione o dell'esagerazione nella verità e semplicità d'un'istorica prosa. Il silenzio di esso intorno alla famiglia di Stilicone può ammettersi come una prova, che il suo Signore non era capace, nè bramoso di vantare una lunga serie d'illustri antenati; e la passeggiera menzione, che fa di suo padre, uffiziale di cavalleria barbara al servizio di Valente, sembra sostener l'asserzione, che quel Generale, il quale per tanto tempo comandò gli eserciti di Roma, era disceso dalla selvaggia e perfida stirpe de' Vandali18. Se Stilicone non avesse goduto gli esterni vantaggi della forza e della statura, il più adulante poeta non si sarebbe arrischiato d'asserire alla presenza di tante migliaia di spettatori, ch'ei sorpassava la misura de' Semidei dell'Antichità, e che dovunque andava con maestosi passi per le strade della Capitale, l'attonita moltitudine faceva luogo allo straniero, che in una condizione privata spiegava la reverenda maestà d'un Eroe. Fin dalla prima sua gioventù si diede alla professione delle armi; la sua prudenza e valore si fece tosto distinguere in campo; i cavalieri e gli arcieri orientali ne ammirarono la superiore destrezza; ed in ogni promozione, che si fece di lui ai gradi militari, sempre il pubblico giudizio prevenne ed approvò la scelta del Sovrano. Fu nominato da Teodosio per andare a ratificare un solenne trattato col Monarca della Persia; sostenne in quella importante ambasceria la dignità del nome Romano; e dopo il suo ritorno a Costantinopoli, fu premiato il suo merito, mediante un'intima ed onorevole parentela con la famiglia Imperiale. Teodosio, per un pio motivo d'affezione fraterna, s'era mosso ad adottare la figlia d'Onorio, fratello suo; la bellezza ed i pregi di Serena19 eran generalmente ammirati dalla Corte ossequiosa; e Stilicone ottenne la preferenza sopra una folla di rivali, che ambiziosamente si disputavano la mano della Principessa, ed il favore del padre adottivo della medesima20.La sicurezza, che il marito di Serena sarebbe fedele al Trono, al quale avea avuto l'onore d'avvicinarsi, impegnò l'Imperatore ad accrescere i beni, e ad impiegare l'abilità del sagace ed intrepido Stilicone. Ei s'avanzò pei successivi gradi di Maestro di cavalleria e di Conte de' domestici, fino al supremo posto di Generale di tutta la cavalleria ed infanteria del Romano, o almeno dell'Occidentale Impero21; ed i suoi nemici medesimi confessavano, che egli sempre sdegnò di accordare all'oro i premj dovuti al merito, o di defraudare i soldati della paga e delle gratificazioni, che meritavano o esigevano dalla liberalità dello Stato22. Il valore e la condotta, che in seguito ei dimostrò nella difesa dell'Italia contro le armi d'Alarico e di Radagasio, posson giustificare la fama delle sue prime azioni, ed in un secolo, in cui si faceva meno attenzione alle leggi d'onore o d'orgoglio, i Generali Romani potevano far cedere la preeminenza del grado all'ascendente d'un genio superiore23. Compianse e vendicò l'uccisione di Promoto, suo rivale ed amico; ed il macello di molte migliaia di fuggitivi Bastarni vien rappresentato dal poeta come un sanguinoso sacrifizio, che il Romano Achille offerì all'ombra d'un altro Patroclo. Le virtù e le vittorie di Stilicone meritarono l'odio di Ruffino: ed avrebber potuto aver effetto gli artifizi della calunnia, se la tenera e vigilante Serena non avesse protetto il marito contro i domestici suoi nemici, mentr'egli vinceva nel campo i nemici dell'Impero24. Teodosio continuò a soffrire un indegno ministro, alla diligenza del quale commise il governo del palazzo e dell'Oriente; ma, quando marciò contro il tiranno Eugenio, associò il fedele suo generale alle fatiche ed alle glorie della guerra civile; e negli ultimi momenti della sua vita il moribondo Monarca raccomandò a Stilicone la cura de' suoi figli e della Repubblica25. L'ambizione e l'abilità di Stilicone non erano inferiori a tale importante fiducia: ed egli pretese la tutela dei due Imperj, durante la minorità d'Arcadio e d'Onorio26. Il primo passo della sua amministrazione o piuttosto del suo regno dimostrò alle nazioni l'attività ed il vigore d'uno spirito degno di comandare. Passò le alpi nel colmo dell'inverno; scese lungo il corso del Reno, dalla fortezza di Basilea fino alle paludi di Batavia; osservò lo stato delle guarnigioni; represse le imprese de' Germani; e, dopo avere stabilito lungo le coste una ferma ed onorevol pace, tornò con incredibil prestezza al Palazzo di Milano27. La persona e la Corte d'Onorio eran sottoposte al Generale dell'Occidente; e le armate e le Province d'Europa obbedivano senza esitare ad una regolare autorità, che s'esercitava in nome del giovane loro Sovrano. Non restavano che due rivali a disputare i diritti, ed a provocar la vendetta di Stilicone. Dentro i confini dell'Affrica Gildone il Mauritano manteneva un'altiera e pericolosa indipendenza; ed il Ministro di Costantinopoli sosteneva l'uguale suo regno sull'Imperatore e l'Impero dell'Oriente.

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      L'imparzialità, che Stilicone affettava, come comune tutore de' reali fratelli, lo mosse a regolare l'ugual divisione delle armi, delle gioie e della magnifica guardaroba e suppellettile del defunto Imperatore28. Ma l'oggetto più importante dell'eredità consisteva nelle numerose legioni, coorti e squadroni di Romani e di Barbari, che l'evento della guerra civile avea riuniti sotto lo stendardo di Teodosio. Le diverse truppe dell'Europa e dell'Asia, irritate fra loro da recenti animosità, eran tenute in timore dall'autorità d'un solo uomo; e la rigorosa disciplina di Stilicone difese le terre del cittadino dalla rapina del licenzioso soldato29. Ansioso però ed impaziente di sollevar l'Italia dalla presenza di questo formidabil esercito, che poteva solo esser utile alle frontiere dell'Imperio, diede orecchio alla giusta richiesta, del Ministro d'Arcadio; dichiarò la sua intenzione di ricondurre in persona le truppe Orientali; e si servì destramente del rumore d'un tumulto Gotico per coprire i suoi privati disegni d'ambizione e di vendetta30. L'anima rea di Ruffino si pose in agitazione all'avvicinarsi d'un guerriero e d'un rivale, di cui meritava l'inimicizia; vide con gran terrore lo stretto spazio di vita e di grandezza che gli restava; ed interpose l'autorità dell'Imperatore Arcadio, come l'ultima speranza di salute. Stilicone, il quale pare che dirigesse la sua marcia lungo la costa marittima dell'Adriatico, non era molto distante dalla città di Tessalonica, quando ricevè un ordine perentorio, che richiamava le truppe dell'Oriente, e dichiarava che un ulteriore avvicinamento di lui si sarebbe risguardato dalla Corte di Bisanzio come un atto di ostilità. La pronta ed inaspettata ubbidienza del Generale dell'Occidente convinse il volgo della sua fedeltà e moderazione, e siccome s'era già conciliato l'affetto delle truppe Orientali, raccomandò al loro zelo l'esecuzione del suo sanguinoso disegno, che eseguir si poteva nella sua assenza forse con minor pericolo e rimprovero. Stilicone lasciò il comando della milizia d'Oriente a Gaina, Goto, sulla fede del quale stabilmente si riposava, con la sicurezza almeno, che l'audace Barbaro non avrebbe mai deviato dal suo scopo per alcuna considerazione di timore o di rimorso. I soldati furono facilmente indotti a punire il nemico di Stilicone e di Roma; e tal era l'odio generale, che Ruffino erasi eccitato contro, che fedelmente si conservò il segreto fatale, comunicato a migliaia di persone nella lunga marcia che si fece da Tessalonica fino alle porte di Costantinopoli. Tosto che risoluta fu la sua morte, si condiscese a lusingarne l'orgoglio. L'ambizioso Prefetto s'indusse a credere, che que' potenti ausiliarj avrebber potuto tentarsi a porgli il diadema sul capo; ed i tesori, ch'egli distribuì con lenta e ripugnante mano, s'accettarono dall'irata moltitudine come un insulto piuttosto che come un dono. Le truppe si fermarono alla distanza d'un miglio dalla Capitale nel campo di Marte, avanti al palazzo dell'Ebdomone; e l'Imperatore, insieme col suo Ministro, secondo l'antico uso, avanzaronsi a salutar rispettosamente la forza, che sostenevano il trono. Mentre Ruffino passava lungo le file, e con affettata cortesia mascherava la sua innata alterigia, le ali appoco appoco girarono