Edward Gibbon

Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 9


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Nestorio e dei Vescovi di Oriente si opposero ai suoi anatemi, e minacciarono e lo chiusero in carcere. Poscia radunarono le soldatesche della Lidia e della Ionia per tener a freno il seguito fanatico e turbolento di quel patriarca. Senz'attender la risposta dell'Imperatore alle sue doglianze, fuggì Cirillo dalle mani delle guardie, s'imbarcò in gran fretta, abbandonò il Sinodo che non era ancora chiuso, e riparò in Alessandria, asilo tutelare della sua independenza e sicurezza. Ai suoi scaltri emissari, sparsi nella Corte e nella capitale, venne fatto di calmare lo sdegno dell'Imperatore, e di rimettere in grazia Cirillo. Il debole figlio d'Arcadio era alternativamente dominato dalla moglie, dalla sorella, dagli eunuchi, dalle donne del palazzo; superstizione e avarizia erano le loro passioni favorite; ed ai Capi ortodossi stava a cuore d'intimorire l'una, e di contentare l'altra. Costantinopoli ed i sobborghi erano santificati da numerosi monasteri, e i Santi Abati Dalmazio ed Eutiche62 con intrepido zelo s'erano consacrati alla causa di Cirillo, al culto della Vergine, ed all'unità di Cristo. Dopo aver abbracciata la vita monastica, non erano più comparsi nel Mondo, nè sul suolo profano della capitale. Ma nel terribile momento del pericolo della Chiesa, un dover più sublime e più indispensabile fece loro dimenticare il voto: escirono del convento, corsero al palazzo, precedendo una lunga fila di Monaci e d'eremiti, che tenevano in mano fiaccole ardenti, e cantavano le litanie della Madre di Dio. Da questo straordinario spettacolo fu edificato e riscaldato il popolo di modo che il monarca atterrito prestò orecchio alle preci e alle suppliche di quei santi personaggi, i quali ad alta voce gridarono; non esservi speranza di salute per coloro, che non aderissero alla persona, ed al Simbolo del successore ortodosso di S. Atanasio. Nel tempo medesimo si profuse l'oro per tutte le vie che conduceano al trono. Sotto i nomi decorosi di eulogie e benedizioni, furon regalati i cortigiani de' due sessi, secondo la misura del potere o della capacità di ciascheduno. Le nuove domande che faceano ogni giorno avrebbero in poco tempo spogliati i santuari delle Chiese di Costantinopoli e d'Alessandria; nè potè l'autorità del Patriarca imporre silenzio alle mormorazioni del suo Clero, sdegnato pel debito che s'era già contratto di sessantamila lire sterline per supplire alle spese di sì scandalosa subornazione63. Pulcheria, che alleviava al fratello la somma del governo, era la più salda colonna della Fede ortodossa; ed i fulmini del Sinodo venivano secondati sì fattamente dai secreti maneggi, che S. Cirillo fu sicuro di riuscire a bene, se potea rimovere l'Eunuco favorito, e sostituirgli un altro. Non potè per altro vantarsi d'un trionfo glorioso e decisivo. Palesava l'Imperatore in quell'occasione una fermezza straordinaria; avea promesso di protegger l'innocenza dei Vescovi d'Oriente e mantenea la parola; fu ridotto Cirillo a temperare i suoi anatemi, e prima di godere la compiacenza di soddisfar la vendetta contro l'infelice Nestorio, fu giuocoforza che confessasse in una maniera equivoca, e a suo malgrado la doppia Natura di Gesù Cristo64.

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      L'imprudente e ostinato Nestorio, prima che finisse il Sinodo fu oppresso da S. Cirillo, tradito dalla Corte, e malamente difeso da suoi amici dell'Oriente. Fosse paura o rabbia, s'indusse, fin ch'era tempo, a farsi merito d'un'abdicazione che parer potea volontaria65: prontamente si assecondarono i suoi desiderii, o per lo meno la sua domanda; fu guidato in una maniera decorosa da Efeso al monastero di Antiochia, da cui l'avea tratto l'Imperatore, e poco dopo furono riconosciuti i suoi successori, Massimiano e Proculo, per legittimi Vescovi di Costantinopoli. Ma non potè il deposto Patriarca ritrovare nella sua placida cella l'innocenza e la quiete d'un monaco semplice. Pensava al passato, si dolea del presente, e dovea poi temer l'avvenire. A poco a poco i Vescovi d'Oriente abbandonavano la causa d'un uomo dalla pubblica opinion condannato, ed ogni giorno scemava il numero degli scismatici, che come confessor della Fede avevano riverito Nestorio. Stava egli da quattro anni in Antiochia, quando l'Imperatore segnò un editto66, che lo paragonava a Simone il Mago, che proscriveva le sue opinioni ed i suoi settari, condannava alle fiamme i suoi scritti; quanto a lui fu da prima confinato a Petra in Arabia, poscia all'Oasi, una dell'isole del deserto della Libia67. Colà segregato dalla Chiesa e dal Mondo ebbe ancora a soffrire le persecuzioni del fanatismo, e i furori della guerra. Da una tribù errante di Blemii o di Nubiani fu invasa la sua solitudine; e Nestorio rimase nel numero dei prigionieri inutili, cui lasciarono poscia in libertà, ritirandosi. Ma trovandosi sulle sponde del Nilo, e presso una città romana ed ortodossa, desiderò senz'altro di essere piuttosto rimaso schiavo dei Selvaggi. Come nuovo delitto fu punita la sua fuga; lo spirito di Cirillo animava tutte le autorità civili ed ecclesiastiche dell'Egitto; magistrati, soldati, monaci tormentarono il nemico di Cristo e di S. Cirillo; e l'eretico ora fu trascinato sui confini dell'Etiopia ora richiamato da quel nuovo esilio, sino a tanto che, sfinito già dalla vecchiezza, non potè più resistere alle fatiche, e agli accidenti di tanti viaggi. Nondimeno il suo spirito si serbava tuttavia fermo e independente: le sue lettere pastorali intimorirono il presidente della Tebaide; sopravvisse al Tiranno cattolico d'Alessandria; e già il Concilio di Calcedonia, sentendo pietà d'un esilio di sedici anni, stava per rimetterlo negli onori, o nella comunione almeno della Chiesa. Era chiamato colà, e con gioia s'apparecchiava ad obbedire, quando il prevenne la morte68. Dalla qualità della sua malattia nacque l'odiosa ciancia, che la sua lingua, organo delle sue bestemmie, fosse mangiata dai vermi. Fu sepolto in una città dell'Alto Egitto, conosciuta sotto il nome di Chemnis, o Panopoli, o Akmim69; ma non cessò l'accanimento dei Giacobiti dall'insidiarne per più generazioni il sepolcro, e dal pubblicare scioccamente che la pioggia del Cielo, che cade tanto sui fedeli come sugli empi70, non bagnava mai il luogo della sua sepoltura. Può l'umanità donare una lagrima alla sorte di Nestorio; ma per esser giusti bisogna osservare, che se fu vittima della persecuzione, ciò non avvenne, che dopo averla esso stesso autenticata colla sua approvazione e coll'esempio71.

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      La morte del primate d'Alessandria, dopo un pontificato di trentadue anni, lasciò i Cattolici in balìa d'uno zelo intemperante, che abusò della vittoria72. La dottrina monofisita, cioè una sola Natura incarnata, fu rigorosamente predicata nelle chiese dell'Egitto, e ne' monasteri dell'Oriente. Dalla santità di S. Cirillo prendea vigore il Simbolo primitivo d'Apollinare; ed Eutiche, suo illustre amico, ha dato il nome alla Setta la più contraria all'eresia di Nestorio. Eutiche era abate, o archimandrita, cioè superiore di trecento monaci; ma le opinioni d'un Solitario, poco versato nelle lettere, non avrebbero mai varcato i confini della colletta, ove avea dormicchiato più di settant'anni, se il risentimento o l'imprudenza di Flaviano, Pontefice bizantino, non le avesse esposte al Mondo cristiano. Questi radunò immediatamente un Sinodo domestico; i clamori e gli artificii disonorarono quanto si fece, e vi fu condannato l'Eretico, già debole per la vecchiezza, a cui carpirono per sorpresa una dichiarazione, colla quale parea che confessasse, non avere il Cristo tolto il suo corpo dalla sostanza della Vergine Maria. S'appellò Eutiche del decreto ad un Concilio generale, e fu gagliardamente propugnata la sua causa da Crisafio, l'eunuco dominante del Palazzo, il quale era stato da lui tenuto al Sagro Fonte, e da Dioscoro suo complice, succeduto nella sede, nel Simbolo, nei talenti, nei vizi al nipote di Teofilo. Teodosio volle a buon dritto, e specialmente ordinò, che il secondo Sinodo d'Efeso fosse formato da dieci Metropolitani, e da dieci Vescovi di ciascheduna delle sei diocesi dell'Oriente; alcune eccezioni, date al favore o al merito, portarono a cento trentacinque il numero de' Padri del Concilio, ed il Siro Barsuma, come Capo e rappresentante de' monaci, fu invitato a sedere e a votare coi successori degli Apostoli. Ma dalla prepotenza del Patriarca d'Alessandria venne di bel nuovo violata la libertà delle discussioni; di nuovo gli arsenali dell'Egitto somministrarono armi materiali e spirituali. Una masnada d'arcieri veterani dell'Asia serviva agli ordini di Dioscoro, e i monaci, più terribili ancora, sordi alla ragione ed alla pietà, assediavano le porte della cattedrale. Il Generale, e i Padri, che dovean esser liberi nelle opinioni, sottoscrissero il Simbolo ed anche gli anatemi di San Cirillo, e l'eresia delle due Nature fu condannata in modo formale nella persona e negli scritti dei più dotti uomini dell'Oriente. «Possano quelli che dividon Gesù Cristo essere divisi