lasciar la battaglia più seguire;
perché di questi dua qualunche more,
sappi ch'a torto tu 'l lasci morire.
L'un crede aver ragione, ed è in errore,
e dice il falso, e non sa di mentire;
ma quel medesmo error che 'l suo germano
a morir trasse, a lui pon l'arme in mano.
L'altro non sa se s'abbia dritto o torto;
ma sol per gentilezza e per bontade
in pericol si è posto d'esser morto,
per non lasciar morir tanta beltade.
Io la salute all'innocenza porto;
porto il contrario a chi usa falsitade.
Ma, per Dio, questa pugna prima parti,
poi mi dà audienza a quel ch'io vo' narrarti. —
Fu da l'autorità d'un uom sì degno,
come Rinaldo gli parea al sembiante,
sì mosso il re, che disse e fece segno
che non andasse più la pugna inante;
al quale insieme ed ai baron del regno
e ai cavallieri e all'altre turbe tante
Rinaldo fe' l'inganno tutto espresso,
ch'avea ordito a Ginevra Polinesso.
Indi s'offerse di voler provare
coll'arme, ch'era ver quel ch'avea detto.
Chiamasi Polinesso; ed ei compare,
ma tutto conturbato ne l'aspetto:
pur con audacia cominciò a negare.
Disse Rinaldo: – Or noi vedrem l'effetto. —
L'uno e l'altro era armato, il campo fatto,
sì che senza indugiar vengono al fatto.
Oh quanto ha il re, quanto ha il suo popul caro
che Ginevra a provar s'abbi innocente!
tutti han speranza che Dio mostri chiaro
ch'impudica era detta ingiustamente.
Crudel superbo e riputato avaro
fu Polinesso, iniquo e fraudolente;
sì che ad alcun miracolo non fia
che l'inganno da lui tramato sia.
Sta Polinesso con la faccia mesta,
col cor tremante e con pallida guancia;
e al terzo suon mette la lancia in resta.
Così Rinaldo inverso lui si lancia,
che disioso di finir la festa,
mira a passargli il petto con la lancia:
né discorde al disir seguì l'effetto;
ché mezza l'asta gli cacciò nel petto.
Fisso nel tronco lo trasporta in terra,
lontan dal suo destrier più di sei braccia.
Rinaldo smonta subito, e gli afferra
l'elmo, pria che si levi, e gli lo slaccia:
ma quel, che non può far più troppa guerra,
gli domanda mercé con umil faccia,
e gli confessa, udendo il re e la corte,
la fraude sua che l'ha condutto a morte.
Non finì il tutto, e in mezzo la parola
e la voce e la vita l'abandona.
Il re, che liberata la figliuola
vede da morte e da fama non buona,
più s'allegra, gioisce e raconsola,
che, s'avendo perduta la corona,
ripor se la vedesse allora allora;
sì che Rinaldo unicamente onora.
E poi ch'al trar dell'elmo conosciuto
l'ebbe, perch'altre volte l'avea visto,
levò le mani a Dio, che d'un aiuto
come era quel, gli avea sì ben provisto.
Quell'altro cavallier che, sconosciuto,
soccorso avea Ginevra al caso tristo,
ed armato per lei s'era condutto,
stato da parte era a vedere il tutto.
Dal re pregato fu di dire il nome,
o di lasciarsi almen veder scoperto,
acciò da lui fosse premiato, come
di sua buona intenzion chiedeva il merto.
Quel, dopo lunghi preghi, da le chiome
si levò l'elmo, e fe' palese e certo
quel che ne l'altro canto ho da seguire,
se grata vi sarà l'istoria udire.
CANTO SESTO
Miser chi mal oprando si confida
ch'ognor star debbia il maleficio occulto;
che quando ogn'altro taccia, intorno grida
l'aria e la terra istessa in ch'è sepulto:
e Dio fa spesso che 'l peccato guida
il peccator, poi ch'alcun dì gli ha indulto,
che sé medesmo, senza altrui richiesta,
innavedutamente manifesta.
Avea creduto il miser Polinesso
totalmente il delitto suo coprire,
Dalinda consapevole d'appresso
levandosi, che sola il potea dire:
e aggiungendo il secondo al primo eccesso,
affrettò il mal che potea differire,
e potea differire e schivar forse;
ma se stesso spronando, a morir corse:
e perdé amici a un tempo e vita e stato,
e onor, che fu molto più grave danno.
Dissi di sopra, che fu assai pregato
il cavallier, ch'ancor chi sia non sanno.
Al fin si trasse l'elmo, e 'l viso amato
scoperse, che più volte veduto hanno:
e dimostrò come era Ariodante,
per tutta Scozia lacrimato inante;
Ariodante, che Ginevra pianto
avea per morto, e 'l fratel pianto avea,
il re, la corte, il popul tutto quanto:
di tal bontà, di tal valor splendea.
Adunque il peregrin mentir di quanto
dianzi di lui narrò, quivi apparea;
e fu pur ver che dal sasso marino
gittarsi in mar lo vide a capo chino.
Ma (come aviene a un disperato spesso,
che da lontan brama e disia la morte,
e l'odia poi che se