solo un po’. Il suo turno era finito, e dopo aver annotato le parole “elegante” e “creare meraviglia” accanto all’ordine del tavolo di Sandi ed Eddie, entrò in auto certo che anche quella notte avrebbe preso una bella, rovinosa sbronza. Sperava solo di non addormentarsi nella vasca da bagno: l’ultima volta aveva sofferto per un mese di mal di schiena. «Dio benedica le Aulin.» annunciò, a se stesso. E a chi altro poteva dirlo? Solo come un cane randagio e altrettanto avvicinabile, si apprestò ad arrivare a casa sua prima possibile.
«Sei soddisfatta, Sandi?» domandò ironico Eddie. Aveva assistito alla telefonata della mattina, e sapeva che le richieste erano un po’ troppo esagerate. Comunque era tutto perfetto; anche il prezzo non era stato troppo alto. Certo, proprio oggi non si sarebbe lamentato. Gli venne un sorriso, poi gli passò. Non sapeva ancora come prendere quella situazione surreale. Scosse la testa e attese la risposta.
«Be’, sì alla fine va bene. Non vedo la meraviglia negli occhi degli altri clienti, però.»
«Ah, ci credo. Siamo gli unici nella stanza!»
«Appunto.» lo rimbeccò lei, seccamente.
La verità era che, quando ci si metteva, aveva un modo di fare totalmente egoista. Fosse stato per lei il mondo non sarebbe girato attorno al Sole, ma attorno al suo ego.
«In ufficio oggi si parlava di quello che è accaduto, me l’ha detto Sergio al telefono poco fa.» cambiò discorso Eddie.
«Cosa hai fatto?»
«Ho dovuto fare la voce meravigliata; è stato straziante.» si prese il viso tra le mani. Quando meno se lo aspettava qualcosa lo faceva precipitare nello sconforto più totale.
«Va be’. Alla fine è andata. Brindiamo. A noi, al nostro amore, alle disgrazie che ci hanno unito.»
«E a oggi, che ci libererà da tutti i problemi e ci renderà uniti davvero e senza intoppi.»
Alzarono ambedue il calice che tenevano in mano e diedero vita a una di quelle scene da film che tutti, almeno una volta ella vita, sognano di mettere in piedi. Volti raggianti, sorrisi soddisfatti, espressione pacata e finalmente distesa.
Lei lo guardò, forse per la prima volta con attenzione da quando erano usciti da casa. A 47 anni era ancora piacente, con le spalle larghe e i capelli color miele. Gli occhi erano dolci – era un dettaglio non trascurabile, visto quanto le avevano fatto paura quando, arrabbiato, si stringevano a fessura – e dalla forma femminile. Si era sempre domandata come sarebbero sembrati belli con un po’ di mascara. Gli sorrise e lui ricambiò.
“L’amore è questo…” pensò. “Perdersi ma ritrovarsi per amarsi ancor più di prima. Rispettarsi ed essere capaci di fare di tutto pur di difendere quella scintilla che si accende quando due metà si uniscono. Io e Eddie siamo due metà, e ci siamo ritrovati. Dopo una tempesta, rovinosa e potente, e dopo piogge più o meno forti. Io e lui abbiamo scalato i monti, con la sola forza dell’amore. Non ho mai avuto scelta, ho avuto lui che era il mio solo ed unico destino. Il mio scopo. La mia missione. Mi è andata bene così. Di lusso.”
«A che pensi? Un soldo per i tuoi pensieri.» propose lui. Non gli piaceva vedere il suo sguardo perso nel vuoto. Trovava che lei riflettesse sempre troppo.
«A noi, Eddie. A quanto ci ha uniti una cosa che generalmente separa. A quanto siamo coraggiosi e forti. L’audacia non ci manca, non credi?»
«Sì, non ci manca no!»
Sandi era in lacrime, Eddie girava qua e là o passo veloce e nervoso. Un gufo cadde e si ruppe l’ala: si era ritrovato nella sua traiettoria. Sandi si spaventò: i gufi di suo marito erano sacri, preziosi affettivamente. Corse e lo rimise in piedi, ma per l’ala non si poteva più fare nulla. La disperazione nella stanza era palpabile.
«Sai cosa dobbiamo fare!» blaterò lei, mentre le lacrime le rigavano il viso stanco e smorto.
«Ma non so se voglio!»
«Non abbiamo scelta, Eddie. Ne abbiamo già parlato. Cosa ci capiterà? Che dovremmo affrontare, se non facessimo quello che ci siamo prefissati di fare?»
«Lo so, lo so.» concluse lui, rassegnato. Sapeva che l’unica soluzione era quella. Per quanto fosse triste, non avevano scelta. Era così amareggiato che avrebbe potuto rompere tutti i soprammobili della casa. Poi si sarebbe accanito contro i mobili e magari avrebbe danneggiato i muri. Si sarebbe sentito meglio? Forse sì e forse no. Ma non lo fece. Sarà che la decisione era stata presa ancor prima che venisse detto “sì” da ambedue; sarà che l’unica cosa che, nascosta dalla sopraffazione e dalla rabbia, produceva sollievo era quella; e sarà che sapevano che prima o poi si giunge al capolinea e quel giorno erano davanti al traguardo. Avevano vissuto a mille e provato a usare tutta l’astuzia di cui disponevano, ma non era stato utile. Avevano fallito, e non potevano vivere con quel senso di rovina nel cuore.
«Eddie! Eddie! Mi senti? Terra chiama Eddie!»
«Oh, scusa, Sandi. Ero sovrappensiero.»
Un lungo sorso di champagne avrebbe lenito quel senso di frustrazione, o almeno lo sperava.
Mangiarono lentamente: si godevano le portate e l’atmosfera.
«Secondo te sono già arrivati a noi?» chiese lui, con tono sbrigativo. L’ultima cosa che voleva era suscitare un caos. Sapeva che con lei non si era mai fuori pericolo da tuoni e lampi.
«Non lo so, e nemmeno m’interessa.» rispose, lei, addentando una focaccina. «Che, poi, alla fine, abbiamo già capito che il mondo ci ringrazierà.»
Eddie era stranito: non credeva che il mondo avrebbe necessariamente inneggiato a loro due, comunque non era nemmeno del tutto certo che le colpe sarebbero confluite sulle loro azioni. Non sapeva che pensare. A volte le cose vanno a fortuna: lanci una moneta e ti tocca o testa o croce. La loro moneta era ancora in aria.
«Testa, fai testa…» sussurrò, senza farsi sentire.
Bevvero e risero poi bevvero di nuovo. Nessuno avrebbe potuto biasimarli… non quel giorno e non con tutto l’arsenale di ricordi che stavano cercando di seppellire in un angolo recondito della propria testa.
«Ma alla fine tu me le hai mai fatte le corna?» domandò lei, un po’ brilla.
«Nossignora. Mai. Una tipa mi ha quasi strappato di dosso le mutande, sembrava una mangiatrice di uomini…»
«Carino.» commentò lei, un sopracciglio sollevato.
«Ma io non glielo ho lasciato fare.» aggiunse, con orgoglio. Ricordava ancora quel bel sedere – con, annessa e connessa la sensazione di averlo tra le mani – e quel completino in pizzo, ma questo non l’avrebbe mai ammesso con sua moglie. «L’ho respinta.»
«Che uomo…» mormorò lei. «Era una bella donna?»
«Che c’entra?» sospirò lui, capendo al volo la trappola. «No, era una donna normale, un po’ grassoccia. Forse anche lievemente strabica. Capelli crespi e sedere grosso. Non il mio tipo, comunque.»
Il corpo di Giorgia era tutt’altro che normale – era una gran figa, di quelle che si vedono nelle riviste mezze svestite – e i suoi capelli sembravano fatti di seta, ma ora era il caso di aggiungere benzina sul fuoco.
«Piuttosto, tu? Mia dolce donna del mistero.»
«Io, no. Assolutamente.»
Sandi era calma e sicura di sé. Mai e poi mai si sarebbe rovinata.
«E il tuo libro? L’hai lasciato a Olivia? Il titolo?»
«Sì, è nelle sue mani, o, meglio, è quasi nella sue mani. Lo troverà domattina. Il titolo non lo so… lo deciderà chi per me.»
Poco prima di dolce e caffè lei disse al cameriere, all’orecchio, di aspettare un quarto d’ora prima di portare un tiramisù per entrambi.
«Sai cosa dobbiamo fare?» disse lei, gli occhi spalancati e accesi. «Vieni con me!»
Si