vanamente, piuttosto che ritrovarmi in mano un pugno di mosche quando saremo giunti ad una fase troppo avanzata del Progetto. A quel punto non sarebbe più possibile cambiare obiettivo» gli spiegò ancora una volta. Per tutta risposta, l’altro si limitò a sorridere compiaciuto. L’Anziano ricongiunse le mani dietro la schiena, poi calò il mento sul petto e restò assorto per qualche istante in meditazione. Poteva finalmente raccogliere i primi frutti dei lunghi anni del suo lavoro, anni trascorsi a preparare quell’impresa che rappresentava l’unico scopo di tutta la sua vita. Aveva immaginato migliaia di volte di vivere quel momento, aveva sempre pensato che quella stupenda notizia sarebbe scesa nel profondo del suo animo fino a toccare le sue corde più nascoste, emozionandolo.
«Bene! E’ il tassello che ci mancava» commentò invece semplicemente, meravigliando persino sé stesso della propria freddezza. Era come se quella piccola grande vittoria fosse stata la cosa più naturale del mondo, come se avesse saputo da sempre che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma la consapevolezza che gli ostacoli da superare erano ancora molti gli impedì di goderselo come avrebbe voluto. Sapeva che per molto tempo ancora avrebbe dovuto spendere tutte le proprie energie nel conseguimento del suo obiettivo, senza mai distrarsi né abbassare la guardia.
«A breve comincerà finalmente la fase conclusiva del Progetto Cielo» informò il dottore.
«Penso che convincere la donna non sarà facile» azzardò questi, timidamente. Sapeva bene quanto l’Anziano fosse potente e suscettibile, aveva scelto le parole con cura perché non intendeva assolutamente contrariarlo.
«Sarà molto più semplice di quanto pensa. In fondo, le offriremo qualcosa di grandioso in cambio di un piccolissimo sacrificio.»
Il dottore rimarcò i suoi dubbi con uno sguardo perplesso, allora un lampo di determinazione balenò negli occhi di Sir Jonathan, rendendoli se possibile ancora più vivaci.
«Accetterà, in un modo o in un altro!» tagliò corto.
I tre Signori dell’Ordine, fasciati nelle loro uniformi aderenti, erano sfrecciati fuori dal parcheggio ridendo e scherzando come se stessero andando a una festa. I fari dell’auto si riflettevano sull’asfalto lucido, reso scivoloso dalla pioggerellina uggiosa.
«Un’altra giornata di caccia, eh?» fece l’autista.
«Già» rispose distrattamente il Capopattuglia seduto al suo fianco, continuando a lucidare il distintivo. «E vorrei che stavolta fosse davvero l’ultima!» aggiunse dopo averlo controllato in controluce, per assicurarsi che non vi fossero aloni.
«Quand’è che la smetterai di torturare quella povera patacca?» lo canzonò Nick sporgendosi verso di lui dal sedile posteriore.
«Quando anche la tua patacca sarà d’oro come questa,» replicò Joe piazzandogli il distintivo sotto il naso, affinché lo potesse ammirare, «e ti mancheranno sei giorni alla pensione come a me, vedrai che la torturerai pure tu. Annusala, senti come profuma di libertà!»
Fabien, il ragazzo alla guida, aveva il corpo esile e nervoso. Le spalle strette sorreggevano la testa perfettamente rotonda, sulla quale spuntava in modo abbastanza evidente il naso a patata. Le sue lunghe braccia tenevano saldamente il volante, gli occhi verdi leggermente sporgenti scrutavano attentamente ogni centimetro di strada.
«Peccato che anche stavolta si risolverà tutto con un nulla di fatto. Sarei proprio curioso di vedere dal vivo gli effetti devastanti di questo aggeggio, anziché nelle stupide simulazioni del corso» disse portandosi una mano all’arma che teneva agganciata alla cintura. «Ma purtroppo, o forse per fortuna, non ne avremo mai l’occasione» concluse, mimando con il pollice e l’indice della mano destra il gesto di far fuoco contro un bersaglio immaginario.
«E’ proprio così» convenne Joe con l’aria di chi la sa lunga, «anche questa volta il cattivo di turno, dopo averci insultati e tenuti sulla corda per un paio d’ore, uscirà frignando e strisciando. Nessuno si farà un graffio e la gente applaudirà soddisfatta, perché anche stavolta il Bene avrò trionfato. Torneranno tutti quanti a casa felici e contenti tranne noi, che continueremo a imprecare perché ci saremo persi la finale dei Bulls. E come se tutto questo non bastasse, stasera avrei dovuto festeggiare il sessantesimo anniversario di matrimonio e tanto per cambiare arriverò in ritardo. Anche quest’anno mia moglie mi griderà in faccia che amo il mio lavoro più di quanto non ami lei, e come al solito lo farà minacciandomi con il suo mattarello.»
«Ehy tu, rallenta o ci beccheremo una bella multa per eccesso di velocità» ordinò Nick a Fabien scherzando, nell’intento di sdrammatizzare. Malgrado tutte le loro sicurezze, avvicinandosi al luogo dell’intervento stavano cominciando a percepire una certa tensione. I tre risero di gusto mettendoci la giusta quantità di nervi, poi il ragazzo prese il microfono della radio e se lo portò alla bocca con gesti misurati, esibendosi nella parodia del personaggio di un film vecchio di quasi duecento anni. Nick e Joe risero di nuovo.
«Qui pattuglia numero Sette. Siamo quasi sul posto, ci sono novità?»
«Qui base operativa. Nessuna novità, il tipo se ne sta comodamente barricato nell’appartamento. Non sembra pericoloso, ma le Guardie Semplici non sono riuscite a convincerlo a uscire.»
«Bene, gli faremo cambiare idea noi!» disse Fabien accendendo i lampeggianti e le sirene, poi schiacciò l’acceleratore con decisione.
«Chissà perché tutti quelli che rifiutano di sottoporsi al Trattamento sono residenti nel Quarto Quadrante» si chiese Nick a voce alta tenendosi saldamente alla maniglia.
«Una volta, là c’era una centrale nucleare. Sarà colpa dell’aria o delle radiazioni, o di qualcosa del genere» ipotizzò il Capopattuglia mentre passava di nuovo il fazzoletto sul piccolo disco d’oro, che continuava ad appannarsi a causa dell’umidità. Una piccola folla osservò ammirata l’arrivo dell’auto e il plateale testacoda col quale il ragazzo parcheggiò sul prato davanti alla casa, alzando un’onda di fango. Occhi avidi fissavano quasi ipnotizzati la luce che piroettava su sé stessa, lanciando lampi azzurri e rossi a squarciare il velo nebuloso della sera. Gli spettatori, consapevoli che la fortuna di assistere a uno spettacolo simile poteva capitare una sola volta nella vita, erano ben decisi a gustarselo fino in fondo.
«Bene, tocca a noi» annunciò in tono grave Joe, dopo essersi lisciato i baffoni banchi da tricheco. «Posate le armi nel bagagliaio» aggiunse apprestandosi a uscire dall’auto.
«Vuoi andare disarmato? Potrebbe essere pericoloso...» protestò Nick, sorpreso dalla sua decisione.
«Ma quale pericoloso! Quel povero diavolo è atterrito, non l’hai visto come ci guardava dalla finestra?»
«E’ proprio per questo, che potrebbe commettere qualche sciocchezza» obiettò Fabien.
«La vista delle armi è sempre stata un ottimo deterrente» provò ad insistere Nick.
«Adesso basta, vi ho detto di posare le armi!» ordinò loro Joe guardandoli storto, odiava essere contraddetto.
Chiuse il bagagliaio e si avviò con passo risoluto verso la casa, Fabien ammirò il suo saper smettere di essere uomo per trasformarsi in poliziotto nel volgere di un solo attimo. Le Guardie Semplici che stavano sorvegliando la villetta rivolsero loro il saluto formale, dopodiché passarono le consegne e andarono a rafforzare il cordone destinato a tenere a distanza di sicurezza la folla. Joe fece cenno a Fabien di fermarsi lì, a metà strada, poi diresse verso l’ingresso, seguito da Nick.
«C’è qualcuno?» esordì bussando alla porta mentre gli altri due sorridevano nuovamente.
La porta ruotò di un poco sui cardini e uno spiraglio di luce si insinuò nell’oscurità, accompagnato da un cigolio. L’uomo oltre la porta scrutò Joe senza battere ciglio, aveva la fronte imperlata di sudore e le vene del collo gonfie, a causa della tensione.
«Voglio parlare con un giornalista» annunciò con voce stridula.
«Avanti amico,» tagliò corto Joe, «falla finita! Abbiamo tutti quanti i nostri problemi, ma questo non ci dà il diritto di creare il panico tra i cittadini. Stasera si