rel="nofollow" href="#litres_trial_promo">Mulinello
Trascorro la vita ad aver paura e non posso vivere senza paura.
A volte lo sguardo inganna. Spesso
Appesi a un filo. In procinto di decidere se partire o restare.
Pioveva e stavo sotto le coperte
Scopava perché non conosceva altro modo di compiacere il prossimo.
Prologo
Fu il freddo a riportarmi nel mio corpo. La prima volta vagai come in un sogno. Mi sono ritrovato a casa dopo aver camminato per oltre due ore. Stringevo una scatola di latta arrugginita tra le mani. Dalle fessure pulsava una tenue luce blu. Tremavo. Non sapevo come ero arrivato davanti quella porta e come ero riuscito a ritornare. Iniziai a vomitare e persi i sensi.
Quando ero bambino mio padre mi raccontava la storia del custode delle ombre. Una creatura terrificante dal busto umano, muso di formichiere, ali al posto delle braccia e zoccoli come piedi. Correva e volava lungo un recinto. Custodiva il passaggio tra mondo reale e mondo del sogno. Nel mondo del sogno c'erano tutti i desideri più intimi, le paure più spaventose, i ricordi, le pulsioni dell'umanità che rivivevano nei sogni. Emanavano una luce tanto forte da rendere la creatura quasi cieca. Di tanto in tanto qualcosa da quel luogo sfuggiva, sotto forma di ombra, alla custodia del guardiano, varcava il cancello e giungeva al mondo reale. Così mio padre mi spiegava il risveglio, l'uscita dal mondo dei sogni. Era il suo modo per spiegarmi quelle immagini, quelle parole che non sapevo da dove provenissero.
Aprii la scatola e lo vidi per la prima volta. Danzava a mezz'aria. Come un fantasma. Il risveglio di una persona davanti ai miei occhi. Rimasi incollato a quella luce blu che baluginava. Era quello che rimaneva di un sogno, quello che era sfuggito al guardiano. Non sapevo a chi appartenesse né che cosa dovessi farci. Richiusi la scatola e la nascosi.
Da allora colleziono ombre. Ecco ciò che raccolgo e colleziono. Scatole di latta che contengono i risvegli di qualcuno. Li custodisco io, il tempo necessario. Vago di posto in posto guidato da una forza a me ignota verso la prossima scatola, verso un altro risveglio. Non so esattamente cosa accada alle persone che lasciano quelle immagini e quelle parole. Mi piace pensare di dar loro sollievo. Certe volte alcuni risvegli svaniscono dalla mia collezione e mi sento leggero. So che un nodo è stato sciolto, il dolore si è tramutato in serenità , la paura di andare avanti è svanita. Forse un giorno accadrà anche a me. E sarà il nirvana.
Ma adesso è l'alba e sono sulla strada. Io che sono il collezionista di ombre.
Specchio specchio delle mie brame
Guardava i volti. Tutti diversi. Non si riconosceva in nessuno e si rifletteva in ognuno. La faccia di una grassa signora-rossa di tristezza,
la nuca di un bambino-ingenua-speranza, gli occhi spenti di un uomo di rughe-occhiali-rotti. Domande⦠da dove venivano, dove erano diretti? Quali paure soffocavano i loro cuori. Erano felici? O desideravano morire.
Quali speranze li accompagnavano e quali disperazioni appesantivano le loro scarpe. Oscurati da una notte trasparente.
Allunga un dito. Li tocca.
Mentre sfuma la sua faccia frollata sul vetro del treno.
Didascalia...
Il freddo vento del nord che mi spinge a riflettere su ciò che sono sempre stato
La testa scogliera tagliata a grandi blocchi e smussata dal vento.
Ciondolava sotto il peso di tanti pensieri. Tali che a nessuno aveva mai osato confidare. Aveva costruito una prigione teatro attorno a sé. E vi era rimasta intrappolata.
Non aveva alcun desiderio specifico, solo uscire da lì.
Da principio voleva una donna per sfuggire la solitudine di corpo e anima. Poi la solitudine.
Adesso quella condizione gli era indifferente. Voleva la pura semplicità di esistere.
Rompendo una clessidra, pensieri sconnessi
Come si colmano le distanze? Riempiendo i vuoti. Tappando i buchi. Strappandosi. O forse solo stando in silenzio. A guardare una notte senza luna.
Le distanze tra noi e ciò che vorremmo essere; tra ciò di cui sentiamo il bisogno e gli errori che commettiamo. Sempre.
Non ci saranno più distanze. E non ci saranno più tempi.
Era un giorno d'autunno che quasi non ricordo
Era autunno. C'era la neve. Era freddo. E bianco. Tutto era bianco. Il soffitto, il cielo, la neve, le persone, il letto. Mi hanno rinchiuso in una stanza. Era buio. Ma era bianco. Era un sotto scala. Fuori c'era la neve. Non ricordo le foglie. Mi hanno chiuso a chiave e mi hanno detto adesso resti qui. Ed io non volevo restare. Stavo bene dove stavo