divampare dentro. Per la prima volta compresi la disperazione. Di quello che avevo fatto. Per la prima volta compresi che non si torna indietro. E che ogni azione è scolpita nel tempo. In eterno. E da quella scaturiranno altre azioni. A me non interessava essere punito. Avevo già nel petto la mia punizione. Mi ero innamorato.
La bocca di Twiggy (sed non satiata)
Twiggy era un negra ivoriana. Ogni tanto passava da me. Dopo qualche chiacchiera e una sigaretta mi slacciava la patta e lo prendeva. Succhiava e muoveva la testa sue giù. Poi le venivo in bocca. Si ripuliva e stavamo lì senza dire più molto. Non lo faceva per soldi o per scroccare sigarette. Aveva solo voglia di calore. Di quel calore che solo una persona può darti. A volte l'abbracciavo. Poi se ne andava.
E accade mentre aspetto il treno su una banchina affollata della stazione. Oslo è in fiamme.
Brucia dentro me come fuoco. Brucia nei ricordi di ciò che è stato e non sarà mai. Nei rimpianti di non aver più speranze. Brucia dentro me l'assassino di ogni vita. Brucia da quando non trovo più senso. Da quando non trovo più sorrisi per le piccole cose. Da quando non mi accontento più di guadare le stelle ma ho bisogno di fuochi d'artificio. Brucia e scava come un fiume sotterraneo di lava la paura di non riuscire più a diventare ciò che da sempre ho voluto essere.
E il dubbio mi assale: l'ho davvero mai voluto?
E se alla fine della strada mi fossi reso conto che non era qui che volevo trovarmi, ma altrove?
Pelle. Aghi. Inchiostro. Parole. Parole. Parole. Parole. Parole. Parole. Parole. Parole. Parole. Parole. Parole. Pelle.
Ero senza forma. Una goccia d'acqua. Sola e fredda. Liquida come la disperazione di chi cerca . Ho bisogno di limiti, di reti che mi contengano. Bisogno del mio bisogno. Bisogno di ricoprire il corpo di parole.
Segno dopo segno, inchiodavo sbarre alla finestra.
Ricoprivo il corpo Di parole.
Ero fatta. Di parole.
Mi davano forma, come pelle.
Una fretta di mani sorpresa a toccare le mani. Disamistade
Aveva capelli nidi-tele-di-ragno, piccole mani e aveva grandi occhi grandi. Le servivano per vedere le cose a modo suo. Era fuori dal tempo. Adesso la mano fredda era calda, fasciata da quella dell'innamorato. In silenzio si guardano. Lei sorride e lui fa lo stesso. Ora che lei aveva il cuore di lui nel proprio petto e lui quello di lei ogni cosa era al posto giusto nell'universo e più nulla le mancava. Non avrebbe perso la sua mano.
La strada è sempre diversa da come la immaginavi...ma alla fine qualcosa rimane.
Lui stava tornando adesso. In mano aveva solo una sigaretta; non aveva nulla di quanto avesse cercato all'inizio del viaggio. Ma in fondo non voleva avere le mani piene. Non voleva niente. Solo un po' di tempo per prepararsi a fare ciò che doveva. Dimenticare. E una volta dimenticato avrebbe perdonato anche se non sapeva neppure bene chi o cosa.
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