sud, a Brindisi, approfittando del fatto che la 1a divisione aerotrasportata inglese stava per prendere quella città la quale, a differenza delle altre, era sgombra o quasi da truppe tedesche, e contando sul fatto che gli angloamericani, conquistata la Sicilia, stavano invadendo il resto delle regioni meridionali della Penisola8 . Ansimanti, il sovrano, i suoi segretari di Stato e il generale Mario Roatta, difensore mancato di Roma abbandonata allâiniziativa disordinata e inutile dei comandanti di reparto, avevano lasciato la Capitale per porre Trono, Governo e Alti comandi a Brindisi, sotto la protezione degli ex nemici, lasciando le truppe italiane sui vari fronti esteri e in Italia senza ordini, in balia del possente esercito germanico. Dopo lâannuncio ufficiale dellâarmistizio da parte italiana, dato alla radio personalmente da Badoglio alle 19 e 37 minuti dellâ8 settembre, il tedesco, grazie ai rinforzi giunti rapidissimi, era rimasto padrone incontrastato dalle Alpi fin alla città di Napoli compresa, mentre la provincia di Salerno era divenuta zona di combattimento per lo sbarco angloamericano del giorno 9. La collera dei partenopei, già calda per la guerra patita, era divenuta ardente: troppe ne avevano dovute sopportare nei tre anni e più dalla proditoria e improvvida entrata nel conflitto del regime, il 10 giugno 1940, dietro alla Germania nazista; Napoli era stata bombardata sistematicamente daglâinglesi e poi anche dagli statunitensi, ben centocinque incursioni fin allâarmistizio, tutte andate a segno rendendo in macerie edifici su edifici con gran numero di morti, feriti e mutilati e torme di famiglie senza casa. Non un solo quartiere era stato risparmiato, anche perché i dirigenti politici e militari erano stati incapaci dâapprontare adeguate difese antiaeree, affidate quasi del tutto, in modo improvvisato, alle navi da guerra alla fonda nel porto; e poi, la fame! quella fame cupa e sorda che piega le gambe; ed essendo sfumata lâillusione di pace del 25 luglio, ecco altri nugoli di bombe sulla città e la carestia assoluta, e malattie con ulteriori morti per deficienza di medicinali. Fin dal 9 settembre Napoli aveva patito guasti materiali da parte germanica, fra i quali gravissimi danni al porto, e sofferto retate e fucilazioni non solo di militari italiani sbandati ma pure di civili. Anche i fascisti, un paio di settimane dopo lâ8 settembre, sia pur in subordine avevano preso possesso della città , risorti dalle tombe politiche e assurti al neonato Stato Nazionale Repubblicano â presto Repubblica Sociale Italiana â costituito il 23 di quel mese da Hitler in persona, con a capo il nolente ma rassegnato Mussolini che, il 12, paracadutisti germanici avevano liberato dal rifugio-albergo di Campo Imperatore sul Gran Sasso, domicilio coatto dove il re lâaveva relegato.
La tradizionale durezza bellica teutonica era divenuta, se possibile, ancora più barbara, perché eccitata da isolati attacchi sferrati da cittadini col supporto di marinai delle navi alla fonda della Regia Marina: sâera trattato dâuna primissima, sporadica resistenza spontanea, non ancor collegata ai partiti avversari del nazifascismo, una ribellione iniziata in via Santa Brigida dove, nella mattina del 9, una trentina di residenti aveva assalito una squadra della Wehrmacht, dopo che uno di quei soldati, come al tiro a segno dâun parco divertimenti, aveva sparato col proprio fucile dâordinanza Mauser Kar 98k allâinerme garzone dodicenne dâun negozio, che si trovava sullâuscio dellâesercizio a prendere un po' di sole.
Aveva dato il la alla quella compagine d'umiliati partenopei il giovane vice commissario che abbiamo già incontrato di sfuggita, il dottor Vittorio DâAiazzo, il quale se ne stava transitando a piedi nei pressi quando il soldato tedesco aveva mirato e fatto fuoco contro il ragazzino: il giovane ufficiale della Pubblica Sicurezza, indignatissimo, aveva sparato senza mirare, da dietro un angolo, nel mucchio teutonico con la sua Beretta M34 dâordinanza, svuotandone il caricatore e uccidendo due soldati, Sâera quindi eclissato attraverso un vicolo laterale, non tanto per paura del nemico ma per timore di noie, o peggio, da parte dei superiori.
Mentre si dileguava, coloro che della trentina d'esacerbati civili presenti avevano in tasca coltelli, cioè quasi tutti, li avevano estratti e la massa, accesa al calor bianco dalla vista dei cadaveri nemici e dall'immagine dâo sbenturà to9 guaglioâ che, colpito allâarteria femorale, stava celermente spirando, s'era gettata sul resto della squadra tedesca cacciando urla belluine. Per primo il soldato sparatore era stato sgozzato, sbuzzato ed evirato da tre indignati, un milite s'era ricevuto un pugno sul naso da un assalitore privo di lama e aveva avuto, da un altro alle sue spalle, un colpo di coltellaccio che l'aveva lasciato ferito orizzontalmente alle chiappe; quasi tutti gli assaliti avevano sofferto tumefazioni e lacerazioni a braccia e volto, uno, peggio, aveva perso il naso. Nessun germanico era riuscito a sparare un sol colpo contro l'orda inselvatichita e presto, sergente in testa, la squadra era fuggita abbandonando sull'acciottolato la propria boria. I fucili e le bombe a mano degli ammazzati e i fucili lasciati a terra dai feriti più gravi erano stati raccolti e nascosti nelle case. Prestissimo sarebbero serviti ad affrancare la città . I tre cadaveri erano stati portati in bassi, qui sezionati, i brandelli erano stati avvolti in stracci e sepolti in vari posti della zona; si sarebbe sussurrato in seguito, vero o falso? che però qualche bel pezzo di natica fosse finito arrosto in pance denutrite. La via era stata lavata dalle donne degl'impavidi ribelli, con gran lena, tanto che mai più sarebbe stata così linda.
Nello stesso tempo in altra zona di Napoli, del tutto indipendentemente, un gruppo dâimprovvisati combattenti aveva assalito un manipolo di guastatori tedeschi, che stava cercando d'occupare la sede della compagnia telefonica, e lâaveva messo in fuga. Il plotone germanico sâera vendicato catturando più in là e fucilando due carabinieri in servizio di ronda. Non molto dopo, unâintera compagnia tedesca d'assaltatori era sopraggiunta davanti al palazzo dei telefoni e, presto, aveva avuto ragione deglâinsorti che lo presidiavano. Eppure, contro i propositi dei nazisti, era montata ancor più la collera degli umiliati napoletani e, il giorno seguente, ai piedi della collina di Pizzofalcone tra la piazza del Plebiscito e i giardini sottostanti, câera stata una vera e propria battaglia, accesa da alcuni marinai, coi loro moschetti â91 e bombe a mano, e alimentata da molti civili armati di mitra MP80 e granate model 24, sottratti il giorno precedente agli occupanti, e di improvvisate bottiglie molotov. I ribelli avevano impedito il passaggio di unâintera colonna di camion e camionette germanici. Câerano stati sei morti, tre marinai italiani che avevano combattuto in prima fila e altrettanti soldati tedeschi, e inoltre molti feriti da entrambe le parti.
Pesanti provvedimenti e gravi rappresaglie erano seguiti da parte tedesca, su ordine del fresco comandante della città colonnello Walter Scholl che, il giorno 12, aveva assunto ufficialmente il potere assoluto sulla piazza. Un suo proclama aveva imposto la consegna delle armi, forze di pubblica sicurezza a parte, il coprifuoco alle ore 21 e lo stato dâassedio per l'intera città , mentre erano stati fucilati non solo i militari e i civili caduti prigionieri, ma diversi cittadini rastrellati a bella posta.
I tedeschi sâerano scatenati del tutto dopo il giorno 12, saccheggiando, distruggendo e incendiando; per prima era stata data alle fiamme lâuniversità , dopo avervi fucilato innanzi un inerme marinaio italiano costringendo i cittadini presenti non solo ad assistere allâesecuzione, ma ad applaudirla. Fino al 25 settembre, sebbene dopo i primi giorni la città non avesse più agito apertamente contro gli occupanti, le ronde tedesche avevano catturato chiunque, non essendo poliziotto, fosse stato sorpreso per via in divisa italiana o, essendo in borghese, semplicemente fosse sembrato sospetto.
Napoli aveva taciuto ma sfrigolando e preparandosi allâinsorgenza. In particolare, militari sbandati erano stati raccolti a uno a uno da membri dei partiti antinazifascisti e nascosti e addestrati alla guerriglia, molti entro i locali sotterranei del liceo Sannazaro, prima sede della neonata resistenza napoletana.
Il giorno 25 settembre, lo stesso in cui lâItalia aveva sofferto da parte americana due gravissimi bombardamenti su Bologna e Firenze, era stata emanata in Napoli unâordinanza che stabiliva la coscrizione, per mansioni di fatica a favore dei germanici, di tutti i cittadini in età di lavoro. Era stata la miccia della sommossa che si sarebbe alzata pochissimi giorni dopo, in perfetta antitesi alle intenzioni intimidatorie tedesche. I manifesti del decreto erano stati affissi ai muri già il mattino presto della domenica 26, giorno antecedente quello delle iniziali vampe dellâinsorgenza.
Se lâordine sostanziale di reclutamento