Laura Merlin

Morrigan


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ottimo candidato.

      â€¹â€¹Gabriel!›› Mi sorpresi a dire tra me e me.

      â€¹â€¹Gabriel? Pensi che lui possa esserti contro? Perché?››. Ares si portò una mano pensosa sul mento.

      â€¹â€¹No, veramente… era solo un mio pensiero››.

      Cercai di giustificarmi muovendo le mani come per voler cancellare ciò che avevo detto.

      Sara, con la sua aria da bambina innocente, si girò verso di me. ‹‹Gabriel non farebbe mai del male a nessuna di noi, non è cattivo, ti stai sbagliando››.

      â€¹â€¹Ãˆ l’angelo della morte, non sta né da una parte né dall’altra. Sta dove gli conviene stare››. Un lampo di odio passò negli occhi di Ares.

      Quel guizzo rosso contrastava con la sua figura da serafino che mi ero fatta pochi minuti prima.

      Un brivido mi fece accapponare la pelle e all’improvviso una serie di immagini affiorò nella mia mente.

      Piangevo, ero sola in un bosco.

      Avevo paura.

      Era un ricordo sfocato. Non avrei saputo dire se fosse successo realmente o fosse stato solo un vivido sogno che mi era rimasto impresso nella memoria.

      Chiusi gli occhi per potermi concentrare meglio e una voce risuonò nelle mie orecchie, forte e chiara.

      â€œRetan ni stequo pocor”.

      Poi qualcosa nel ricordo attirò la mia attenzione.

      Una sagoma che avanzava verso di me. Due occhi che splendevano giallastri nella notte, come quelli di un gatto.

      E le immagini si bloccarono lì.

      Aprii gli occhi. Nessuno sembrò fare caso a quello che mi era appena successo.

      Ares stava cercando qualcosa nei cassetti della scrivania. Tirò fuori un piccolo sacchettino in cotone di un rosso talmente intenso da sembrare nero alla luce soffusa delle candele.

      Lo aprì e ne tirò fuori una collana.

      Era stupenda.

      La alzò in modo da farla vedere a tutte e tre.

      La debole luce delle candele si rifletteva nel cuore di cristallo rosso intenso emanando bagliori scarlatti per tutto lo stanzino. Ai due lati del cuore c’erano due dragoni, uno bianco e uno nero, con le ali spiegate e le code intrecciate nella parte inferiore.

      â€¹â€¹Indossala sempre, Sofia, il Cuore del Dragone ti proteggerà e ti aiuterà a domare i tuoi poteri››. Ares si alzò in piedi e avanzò verso di me.

      Raccolsi i capelli e li spostai da un lato per permettere ad Ares di agganciarmi la collana.

      La sentivo fredda al contatto con la pelle e potevo percepire il potere che portava in sé quel piccolo cuore rosso.

      â€¹â€¹Credo che sia ora di accompagnarvi alle vostre stanze››, disse Ares, accarezzandomi i capelli. ‹‹Sarete stanche››.

      Non mi ero resa conto che fosse tardi. Il sole era leggermente meno forte, ma pur sempre acceso in quel cielo azzurro. Sperai che nelle stanze ci fossero dei tendoni abbastanza pesanti da impedire al sole di disturbarmi mentre dormivo.

      Da sempre ero abituata a dormire nell’oscurità totale.

      Non volevo nessuna luce che mi disturbasse e sapere che il sole non lasciava mai il posto alla luna mi preoccupava un po’.

      Le mie sorelle uscirono prima di me e io per ultima, come al solito.

      Ares mi afferrò di scatto per un braccio appena le ragazze furono abbastanza distanti e mi riportò dentro lo stanzino.

      I capelli mi caddero davanti agli occhi e l’immortale li riportò delicatamente dietro l’orecchio accarezzandomi il viso.

      â€¹â€¹Sei diventata una splendida donna, Sofia››.

      Cosa volesse dire non lo so e non mi importava.

      Ci avrei pensato più tardi.

      Ero completamente ipnotizzata dai suoi occhi verdi e, visti così da vicino, notai che avevano delle pagliuzze dorate attorno alle pupille.

      Avrebbe potuto manovrare le mie azioni come un burattinaio. Infatti non mi accorsi neanche quando avvicinò il mio corpo al suo.

      Con una mano mi sorreggeva la schiena e con l’altra mi accarezzava i capelli.

      â€¹â€¹Tu appartieni a me, e a nessun altro››.

      Poi bisbigliò parole a me sconosciute e incomprensibili e le sue pupille si dilatarono. Il lampo rosso ricomparve e un brivido mi passò su per la schiena.

      Ero in pericolo, lo percepivo in ogni singola particella del mio corpo, ma non potevo muovermi né urlare.

      Ero sua!

      Ero stata rapita da quel serafino immortale e non avrei potuto fare nient’altro se non arrendermi al suo volere.

      Chinò la testa su di me e mi baciò.

      Non fu un bacio appassionato, bensì un flusso di potere dalle sue labbra alle mie.

      Il cuore non pulsava più solamente sangue, ma anche qualcosa di magico che faticai a riconoscere.

      Fu proprio in quel preciso istante che capii due cose.

      Ero sicura di essere Morrigan, la somma Dea della guerra e del cambiamento.

      Ed ero riuscita a dare un nome alla figura sfocata dei ricordi che mi erano venuti in mente pochi istanti prima.

      Sapevo chi mi voleva fare del male.

      Da quel momento in poi avrei studiato ogni sua mossa.

      6

      VECCHI RICORDI

Senzanome

      La mia stanza era enorme!

      Le pareti sembravano d’oro, tutte con delle decorazioni floreali molto semplici. Sul soffitto invece era dipinto un enorme cielo azzurro con delle soffici nuvole bianche e, perfettamente al centro, un elegante lampadario in oro ricadeva giù a forma di piramide a base rotonda in cui era inserita una quantità immensa di candeline.

      Ero troppo stanca per mettermi a contarle.

      La mia attenzione fu attirata da un enorme letto a baldacchino in legno d’acero con le tende bianche scostate.

      Sopra il copriletto ambrato trovai una vestaglia di seta rosa, ricamata attorno al seno. La indossai e andai verso l’enorme finestra che si trovava esattamente di fronte alla porta. Chiusi la pesante tenda e, con mia grande gioia, mi accorsi che non entrava nemmeno un singolo raggio di sole.

      Feci spegnere le candele e mi infilai sotto le lenzuola.

      Inizialmente non sognai nulla di particolare, poi mi ritrovai in una foresta in mezzo a dei pini enormi, talmente grandi che sembravano bucare il cielo. Ero seduta a terra, sopra un letto di aghi secchi e foglie morte.

      Faceva freddo e una sottile nebbiolina inumidiva tutto il corpo, entrando sotto la pelle e raggiungendo le ossa.

      Tremavo.

      Il cuore pulsava all’impazzata.

      Ero terrorizzata!

      Volevo piangere, urlare… volevo la mamma.

      Poteva essere un ricordo di quand’ero