aggiungere altre mille parole, Jane si limitò a un pensiero solo.
âCome ti chiami?â domandò d'un tratto lei.
âIo mi chiamo Noelâ rispose dopo un attimo dâesitazione. âScusami se non mi sono presentato primaâ.
Jane si alzò dallâaltalena dandogli la mano e lui l'afferrò avvolgendola nella sua.
La ragazza si accorse che, nel momento in cui le loro mani si toccarono, il suo sguardo si fece molto più intenso e nella luce che intravedeva nei suoi occhi intuì qualcosa che non andava, qualcosa di malvagio.
Lui serrò i denti e diventò serio.
All'improvviso Jane ebbe la terribile sensazione di essersi sbagliata sul conto di quel ragazzo.
Realizzò che Noel aveva iniziato a stringerle la mano con - forse - l'intenzione di non lasciarla più.
* * *
Lâattimo in cui credette dâaver visto il male negli occhi di Noel sembrò infinito.
Quella forza in più che le era parso dâavvertire nel momento in cui le aveva stretto la mano, aveva avuto un effetto disastroso sul suo stato dâanimo, ma sembrava ormai essersi acquietato.
âCâè qualcosa che non va?â le chiese Noel lasciandole finalmente la mano.
âNoâ rispose Jane con voce secca. Il cuore ancora batteva velocemente, però decise di non andarsene subito; sfidò se stessa e cercò di rimanere ancora davanti a lui per liberarsi della paura che, in qualche modo, le faceva vivere.
In quegli occhi scuri câera tanto mistero; Jane sentiva unâattrazione verso di lui che non riusciva a spiegarsi razionalmente, come se dâimprovviso avesse voluto sapere tutto di lui, ogni singola cosa, avrebbe voluto sapere di più sul suo passato, sulla famiglia.
Il conflitto dâemozioni che percepiva cercò di nasconderlo dietro atteggiamenti disinvolti. âForse è ora di tornare a casa, che ne dici?â propose non sopportando più lâangoscia che le aveva preso lo stomaco.
âIo rimango ancora un poâ quiâ rispose Noel.
Intrecciò le mani dietro la testa e tornò a fissare il cielo stellato.
âNon devi andare a cena?â
âSì, ma a casa mia si mangia sempre molto tardi: è una brutta abitudine che ha imposto mio padre con i suoi scomodissimi orari di lavoroâ.
âIo vado, alloraâ chiuse lei. Sapeva che sarebbe stato poco educato non andargli accanto per salutarlo, ma non ne se curò. Lâidea di andargli vicino, talmente vicino e addirittura baciarlo sulla guancia, le sembrò assurda. Non ce lâavrebbe fatta ad affrontare quello sguardo freddo e penetrante e sicuramente non ce lâavrebbe fatta a sfiorare la sua pelle. Quando lo salutò con un cenno della mano e lui ricambiò, Jane fece per andarsene. Di passo in passo sâaccorse che forse aveva sbagliato a essere così maleducata solo per aver dato ascolto alle sue paure egoiste, avrebbe dovuto farsi coraggio per salutarlo bene, anche se dentro sentiva un poâ di timore. Si fermò un istante dopo aver percorso una decina di metri, il battito restò veloce, non si era mai alterato. Si sarebbe scusata e con gentilezza gli avrebbe spiegato che non lo aveva salutato perchéâ¦
Jane si girò e lo scivolo era vuoto.
Noel non câera più.
Si alzò dalla sedia quando entrò il professore di chimica.
Gli studenti che ormai si erano accomodati non ebbero la minima intenzione di imitare il gesto di Jane, nemmeno per sogno.
Il professore lanciò un'occhiata alla ragazza e le fece un sorriso.
"Grazie, puoi sedertiâ disse lui raggiungendo il posto in cattedra.
"La solita leccaculoâ osservò Kris, posto centrale, prima fila. Il professore fece finta di non aver sentito.
"Ragazzi oggi dobbiamo assolutamente iniziare a spiegare la polarità della molecolaâ annunciò aprendo il suo manuale.
"Io vado a casaâ sentenziò una ragazza mora. Si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta.
"Paula, ti consiglio di ritornare al tuo posto dato che ti serve ascoltare questa lezione".
"Io invece ti consiglio di ritornare a casa dato che tua moglie starà scopando con il tuo migliore amicoâ ruggì lei sbattendo la porta. Qualcuno scoppiò a ridere.
"Pagina 348â annunciò lui un attimo dopo il prezioso consiglio della studentessa. Ovviamente nessuno aprì il libro, ma il professore iniziò a spiegare senza guardarli negli occhi. Rimaneva costantemente rivolto verso la lavagna, disegnava la sua graziosa cellula, scriveva le formule, gesticolava e restava, per tutta la durata della lezione, di spalle ai ragazzi.
Non appena Ashley si alzò dal proprio posto a Jane mancò l'aria per la paura.
"Piccola chimica delle mie palle, fuori i soldiâ sbottò, sicura che il professore non si sarebbe girato.
Jane la guardò chiedendole pietà con lo sguardo.
"Avanti porca puttana, non posso mica starti dietro tutto il santo giornoâ aggiunse agitando la mano protesa verso di lei.
La ragazza estrasse tre dollari dall'astuccio e, senza nemmeno porgerglieli, se li vide strappare via dalla sua nemica più agguerrita.
"Dammi anche la relazioneâ aggiunse Ashley.
"Quale relazione?"
La reginetta della scuola le diede un tremendo pizzico sul braccio.
"Non prendermi per il culo!â gridò lei.
Il professore aveva quasi finito la sua lezione.
"Va bene, va beneâ si arrese. Dal quaderno estrasse la relazione che il professore aveva assegnato la settimana prima delle vacanze e che chiese subito dopo aver spiegato la polarità della molecola.
Ashley si alzò e con passo deciso lo raggiunse.
"Professore, questo è il mio compitoâ lo informò ponendogli sotto agli occhi il foglio ben scritto; Jane aveva approfondito gli argomenti, disegnato a mano le illustrazioni, inserito anche le parole esatte dei grandi chimici che parlavano dell'argomento in questione.
"Perfetto Ashleyâ.
Le guardò per un attimo la gentile scollatura che mostrava il seno poderoso e provocatorio.
"Come sempre sei l'unica che rispetta le mie consegne; se continui così ti porterò alla fine dell'anno con il massimo dei votiâ.
"Grazie professoreâ concluse lei e, soddisfatta, tornò a sedersi.
"C'è per caso qualcun altro che ha avuto il buonsenso di portare la relazione che avevo chiesto di fare?â
Nessuno rispose e quindi il professore uscì dalla classe con la relazione di Jane tra le pagine della sua agenda.
Ashley si avvicinò con aria minacciosa chiedendo sempre la stessa cosa. Jane cercava inutilmente di opporre resistenza, ma riusciva a fare solo una debolissima obiezione che non avrebbe intimorito nemmeno una bambina. La reginetta le sferrò un calcio sulla tibia.
"Ashley, mi hai fatto male!â sbottò Jane toccandosi la parte colpita.
"Jane, non vorrai mica farti malmenare ogni mattina, lo sai tanto ormai come funziona: possibile che io debba sempre ricordartelo?"
"Ti prego dalle questi soldiâ sâinfastidì un ragazzo seduto qualche posto più avanti. "Sono due volte che te