Джанни Родари

Le avventure di Cipollino / Приключения Чиполлино. Книга для чтения на итальянском языке


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colombaia.

      – Se io fossi un colombo, – pensava il povero Zucchina, – ci starei comodissimo.

      Invece quando fece per entrare, battè un ginocchio sul tetto e minacciò di far crollare tutta la baracca.

      – Invecchiando divento sbadato: devo fare più attenzione[15]. Si inginocchiò davanti alla porta e così carponi e ginocchioni, strisciando e sospirando, entrò nella sua casina. Una volta dentro, ricominciarono i guai: se si alzava faceva crollare il tetto; lungo disteso non si poteva mettere, perché la casa era troppo corta; di traverso non si poteva sdraiare perché la casa era troppo stretta. E i piedi? Bisognava tirare dentro anche i piedi[16], altrimenti in caso di pioggia si sarebbero bagnati.

      – A quel che vedo, – concluse Zucchina, – non mi resta che mettermi seduto.

      E così fece. Si mise seduto e sospirò.

      Se ne stava lì in mezzo alla casetta, sospirando con circospezione, e la sua faccia, nel finestrino, sembrava il ritratto della malinconia.

      – Come vi sentite? – domandò Mastro Uvetta che era uscito sulla porta della bottega a curiosare.

      – Bene, grazie, – rispose gentilmente Zucchina.

      – Non vi va un po' stretta sulle spalle?

      – No, ho preso bene le mie misure.

      Mastro Uvetta si grattò la testa, secondo il solito, e borbottò qualcosa, ma non si potè capire cosa. Intanto, da tutte le parti la gente veniva a vedere la casetta di Zucchina. Venne anche una schiera di monelli e il più piccolo saltò sul tetto della casina, e cominciò a ballare il girotondo:

      Nella casa del sor Zucchina

      la mano destra sta in cucina

      la mano sinistra sta in cantina,

      le gambe in camera da letto

      e la testa esce dal tetto.

      – Per carità, ragazzi, – si raccomandava Zucchina, – fate piano altrimenti[17] mi crolla la casa. E' tanto delicata.

      Per rabbonirli si cavò di tasca tre o quattro bei confetti rossi e verdi che ci stavano chissà da quanti anni e li offerse ai ragazzi: i quali si tuffarono strillando sulla mano e si azzuffarono per spartirsi il bottino.

      Da quel giorno Zucchina, appena gli cresceva in tasca qualche spicciolo, comprava dei confetti e li metteva sul davanzale della finestra per i bambini, come si mettono le briciole per i passeri. Così se li fece amici.

      Qualche volta li lasciava entrare a turno[18] nella casetta e lui stava fuori a guardare che non facessero disastri.

* * *

      Zucchina stava appunto raccontando a Cipollino tutte queste cose, quando una nuvola di polvere si levò in fondo al villaggio e subito si sentì uno sbattere precipitoso di porte e di finestre. Si vide la moglie di Mastro Uvetta abbassare con gran furia la saracinesca. La gente si tappava in casa come se stesse per scoppiare il ciclone. Perfino le galline, i gatti ed i cani si diedero a scappare di qua e di là in cerca di un rifugio.

      Cipollino non fece in tempo a informarsi di quel che stava succedendo: la nuvola di polvere, con un frastuono orribile, aveva già attraversato il villaggio e si fermò proprio davanti alla casetta del sor Zucchina.

      Tra la polvere comparve una carrozza tirata da quattro cavalli, che poi erano piuttosto quattro cetrioli, perché in quel paese, come avrete già capito, erano tutti imparentati con qualche verdura. Dalla carrozza balzò a terra un personaggio imponente, vestito di verde, con una faccia rossa e tondto come un pomodoro troppo maturo che pareva sul punto di scoppiare[19].

      Quel personaggio era difatti il Cavalier Pomodoro, Gran Maggiordomo e Amministratore del Castello delle Contesse del Ciliegio. Cipollino pensò che doveva essere un poco di buono, se tutti scappavano a vederlo arrivare, e ad ogni buon conto si tirò in disparte[20].

      Per intanto però il Cavalier Pomodoro non faceva nulla di terribile. Cosa faceva? Fissava il sor Zucchina, lo fissava e lo fissava, crollando la testa minacciosamente, senza dire una parola.

      Il povero sor Zucchina avrebbe voluto sprofondare, lui e la sua casetta.

      Il sudore gli scendeva a ruscelli dalla fronte e gli entrava in bocca[21], ma lui non aveva nemmeno il coraggio di alzare una mano per asciugarselo e lo mandava giù: era salato ed amaro.

      Il sor Zucchina chiuse gli occhi e pensò: «Ecco, Pomodoro non c'è più. Io e la mia casetta siamo un marinaio e la sua barchetta in mezzo all'Oceano Pacifico, e l'acqua del mare è azzurra e calma e ci culla dolcemente. O come ci culla dolcemente, di qua e di là… di qua e di là…»

      Macché Oceano Pacifico, macché Oceano Atlantico era il Cavalier Pomodoro che, afferrato il cucuzzolo del tetto, lo scrollava di qua e di là con tutta la sua forza, facendone cadere i tegoli.

      Il sor Zucchina riaprì gli occhi, mentre Pomodoro lanciava un ruggito spaventoso, che fece chiudere le finestre del villaggio anche più strette di prima: e chi aveva dato un solo giro di chiave alla porta[22] ne diede subito un secondo.

      – Ladrone! – gridava Pomodoro – Brigante! Tu hai costruito un palazzo sul terreno che appartiene alle Contesse del Ciliegio e pensi di passarci il resto dei tuoi giorni, oziando e ridendo alle spalle delle due povere vecchie! Ma te la farò vedere le signore, vedove e orfane di padre e di madre.

      – Eccellenza! – pregava Zucchina. – Vi assicuro che il permesso di costruirmi qui la mia casetta mi è stato dato dal signor Conte Ciliegione!

      – Il Conte Ciliegione è morto da trent'anni, pace al suo nocciolo. La terra è delle Contesse, e tu mi farai il piacere di andartene su due piedi. Del resto te lo dirà l'avvocato. Avvocato! Avvocato!

      Il sor Pisello, che era l'avvocato del paese, doveva essere stato tutto il tempo dietro la porta, pronto alla chiamata, perché schizzò fuori proprio come un pisello dal suo baccello. Ogni volta che Pomodoro scendeva al villaggio chiamava sempre l'avvocato per farsi dar ragione.

      – Eccomi, Eccellenza! Ai Vostri ordini, – biascicò Pisello, inchinandosi.

      Ma era così piccolo che l'inchino non si vide: per paura di sembrare maleducato il sor Pisello fece addirittura una capriola[23], e andò a finire a gambe all'aria[24].

      – Dite a quest'uomo che se ne deve andare subito, in nome della legge. E fate sapere a tutti quanti[25] che le Contesse del Ciliegio hanno intenzione di mettere in questo canile un feroce mastino per tenere a bada[26] i monelli, che da qualche tempo si dimostrano poco rispettosi.

      – Ecco, io, veramente… – cominciò a farfugliare il sor Pisello, diventando sempre più verde per la paura.

      – Che veramente e non veramente: siete avvocato sì o no?

      – Sissignore, Eccellenza Illustrissima: mi sono laureato in diritto civile, penale e penoso all'Università di Salamanca.

      – Basta così, allora. Se siete avvocato, ho ragione io. Potete andare.

      – Sissignore, signor Cavaliere. – E il sor Pisello, senza farselo ripetere, scomparve più svelto della coda di un topo.

      – Hai sentito che cos'ha detto l'avvocato? – domandò Pomodoro al sor Zucchina.

      – L'avvocato non ha detto proprio niente.

      – E osi anche rispondere, prepotentaccio?

      – Eccellenza, io non ho aperto bocca, – balbettò Zucchina.

      – Chi