ringhiando, puntando dritto alla sua gola. Tutto avvenne così rapidamente, che Scarlet non ebbe il tempo di capire che cosa fare.
Prima che potesse reagire, improvvisamente Ruth ringhiò e caricò il cane. Balzò in aria, e lo incontrò a mezz'aria, conficcandogli le zanne nella gola. Ruth atterrò sopra di lui, trattenendolo a terra. Il cane doveva essere due volte più grosso di Ruth, ma la lupa lo bloccò senza sforzo e non lo lasciò più andare. Tenne le zanne conficcate nella sua gola con tutta la forza di cui era capace, e presto il cane cessò di lottare, morto.
“Tu piccola bastarda!” gridò il leader del gruppo, furioso.
Sopravanzò il gruppo e caricò Ruth. Sollevò un bastone, lavorato ad un'estremità fino a formare la punta di una lancia, e lo scagliò contro la schiena esposta di Ruth.
Scarlet reagì d'istinto, entrando in azione. Senza nemmeno pensare, scattò dirigendosi verso il ragazzo, raggiunse ed afferrò il bastone a mezz'aria, proprio prima che colpisse Ruth. Poi, lo tirò verso di lei, si abbassò e gli diede un forte calcio nelle costole.
Lui si piegò in due, e lei gli diede un altro calcio, stavolta al volto con un movimento circolare. Il ragazzo crollò a terra, sbattendo con il viso sulla pietra.
Ruth si voltò e caricò verso il gruppo di ragazzi. Balzò in aria, e infilò le zanne nella gola di un ragazzo, tenendolo a terra. Il che lasciò liberi soltanto tre del gruppo.
Scarlet restò lì, guardandoli, e improvvisamente, una nuova sensazione s'impossessò di lei. Non aveva più paura; non voleva più fuggire da loro; non voleva più indietreggiare e nascondersi; non voleva più la protezione di sua madre e suo padre.
Qualcosa nacque dentro di lei, mentre attraversava una linea invisibile, superava un punto critico. Sentiva, per la prima volta in vita sua, che non aveva bisogno di nessuno. Tutto ciò che le serviva era se stessa. Invece di temere il momento, comprese improvvisamente, lo assaporava.
Scarlet si sentì colma di rabbia, che attraversava ogni fibra del suo essere dai piedi, su per il corpo, fino alla testa. Era un'emozione elettrica che non comprendeva, che non aveva mai vissuto prima. Non voleva più scappare da quei ragazzi. Non voleva nemmeno che loro se ne andassero.
Adesso, bramava vendetta.
Mentre i tre ragazzi erano lì, a guardare in stato di shock, Scarlet caricò. Avvenne tutto talmente in fretta, che lei riuscì a malapena ad elaborarlo. I suoi riflessi erano tanto più veloci dei loro, da far sembrare che i suoi avversari si muovessero al rallentatore.
Scarlet saltò in aria, più in alto di quanto non fosse mai arrivata, e diede un calcio al ragazzo al centro, puntandogli i piedi nel petto. Lo fece così volare all'indietro, come un proiettile lungo il vicolo, fino a quando finì per schiantarsi nella parete e cadde.
Prima che gli altri due potessero reagire, lei saltò e diede una gomitata ad uno di loro nel volto, poi balzò e diede un calcio all'altro nel plesso. Caddero entrambi, privi di sensi.
Scarlet restò lì, con Ruth, respirando affannosamente. Si guardò attorno, e vide che tutti i cinque ragazzi erano a terra, intorno a loro, immobili. E poi, realizzò: era lei la vincitrice.
Non era più la Scarlet che conosceva una volta.
Scarlet vagò nei vicoli per ore, con Ruth al suo fianco, ponendo quanta più distanza possibile tra lei e i ragazzi. Percorse vicolo dopo vicolo nella calura, perdendosi nel labirinto delle strette strade laterali nella vecchia città di Gerusalemme. A mezzogiorno il sole le faceva ribollire la testa e la bambina stava cominciando a vaneggiare; ma si sentiva così anche a causa della mancanza di cibo e acqua. Poteva vedere Ruth respirare affannosamente accanto a lei, mentre si facevano largo nel mezzo della folla, e poteva vedere che anche lei stava soffrendo.
Un bambino passò accanto a Ruth e afferrò la sua schiena, strattonandola giocosamente, ma troppo forte. Ruth si voltò e scattò, ringhiando e mostrando le zanne. Il bambino urlò, pianse e corse via. Non era da Ruth comportarsi a quel modo; in genere, era così tollerante. Ma sembrava che il caldo e la fame stessero prendendo il sopravvento anche su di lei. Stava anche incanalando la rabbia e la frustrazione di Scarlet.
Per quanto ci provasse, Scarlet non sapeva come allontanare il suo residuo senso di rabbia. Era come se qualcosa dentro di lei fosse stato liberato, e lei non riusciva a spegnerlo. Sentiva pulsare le vene e ribollire la rabbia, mentre passava davanti a venditore dopo venditore, mostrando tutti i tipi di cibo che lei e Ruth non potevano permettersi; la sua rabbia cresceva sempre di più. Iniziò anche a capire qualcosa di più sulle sensazioni che stava vivendo, su quegli intensi morsi della fame: non erano affatto la classica fame. Si trattava di qualcosa di diverso. Qualcosa di più profondo, più primitivo. Lei non voleva del semplice cibo. Voleva del sangue. Aveva bisogno di nutrirsi.
Scarlet non sapeva che cosa le stava accadendo, e non sapeva nemmeno come riuscire a gestirlo. Annusò un pezzo di carne e si fece largo tra la folla, per raggiungerlo, guardandolo. Ruth la seguì.
Scarlet fece a gomitate per raggiungere il suo obiettivo e, immediatamente, un uomo risentito nella folla la spinse via.
“Hei ragazza, guarda dove vai!” scattò.
Senza nemmeno pensare, Scarlet si voltò e spinse l'uomo, che era due volte più grosso di lei ma finì per volare all'indietro, colpendo diversi banchetti di frutta, mentre cadeva al suolo.
Si ritrovò scaraventato a terra, scioccato, a guardare Scarlet provando a comprendere come una ragazzina così piccola potesse avere tanta forza. Poi, con uno sguardo di timore, si voltò saggiamente e se ne andò via in fretta.
Il venditore guardò con rimprovero Scarlet, percependo il pericolo.
“Vuoi della carne?” l'uomo scattò. “Hai i soldi per pagarla?”
Ma Ruth non riuscì a contenersi. Balzò in avanti, affondò le zanne nell'enorme pezzo di carne, e lo inghiottì. Prima che chiunque potesse reagire, lei balzò in avanti di nuovo, puntando ad un altro pezzo.
Stavolta, il venditore si mosse e tentò di colpire forte Ruth sul naso.
Ma Scarlet sentì la mano sopraggiungere. Infatti, qualcosa di nuovo stava accadendo al suo senso della velocità, al suo tempismo. Appena la mano del venditore cominciò ad abbassarsi, Scarlet vide la sua stessa mano colpire, quasi senza che se ne accorgesse, afferrando il polso dell'uomo prima che colpisse Ruth.
Il venditore guardò Scarlet, con gli occhi spalancati, scioccato che una ragazza così piccola potesse avere una stretta così forte. Scarlet strinse il polso dell'uomo, così forte che l'intero braccio cominciò a tremare. Lei si trovò a guardarlo con rimprovero, incapace di controllare la sua furia.
“Non osare toccare la mia lupa,” Scarlet esplose contro l'uomo.
“Mi … dispiace,” l'uomo disse, con il braccio tremante per il dolore, e gli occhi spalancati per la paura.
Finalmente, Scarlet mollò la presa, e si precipitò via dal posto, con Ruth sempre al suo fianco. Si era appena allontanata, con la massima rapidità possibile, quando sentì un fischio dietro di sé, poi delle grida frenetiche che chiedevano l'intervento delle guardie.
“Andiamo, Ruth!” Scarlet disse, e le due si precipitarono lungo il vicolo, perdendosi in mezzo alla folla. Almeno Ruth aveva mangiato.
Ma la fame di Scarlet era fortissima, e lei non sapeva se sarebbe stata in grado di contenerla ancora a lungo. Non sapeva che cosa le stava accadendo, ma, mentre percorrevano ujna strada dopo l'altra, si ritrovò ad esaminare le gole delle persone. Focalizzò lo sguardo sulle loro vene, vide il sangue pulsare. Si scoprì a leccarsi le labbra, volendo – avendo bisogno – di affondare i propri canini. Bramava l'idea di nutrirsi del loro sangue, ritrovandosi ad immaginare come sarebbe stato quando il sangue sarebbe sgorgato dalle loro gole. Lei non capiva. Non era più umana? Stava diventando un animale selvaggio?
Scarlet non voleva far del male a nessuno. Razionalmente, provò a fermarsi.
Ma fisicamente, qualcosa stava prendendo il sopravvento su di lei. Stava emergendo, dai piedi, dalle gambe, attraverso il suo busto, su alla testa, fino alle labbra ed alle punte delle dita. Era un desiderio. Un desiderio