la sua profonda pena per il fratello, ma lui non avrebbe mai fatto una scelta del genere. Thor sentiva una sensazione di dolore per la perdita di Conven, la cui presenza era sempre stata sentita, che era sempre sembrato essere al suo fianco fin dai primi giorni della Legione. Thor ricordò quando gli aveva fatto visita in prigione, quando gli aveva parlato spingendolo verso una seconda possibilità nella sua vita. Ricordava tutti i suoi tentativi di tirargli su il morale, di risvegliarlo, di farlo tornare quello di un tempo.
Ora si rendeva conto che non importava quanto avesse fatto: niente avrebbe potuto riportare completamente indietro il Conven di un tempo. La miglior parte di Conven era sempre con suo fratello. Thor riportò alla memoria l’espressine di Conven quando era rimato indietro e gli altri se n’erano andati. Non era un’espressione pentita, ma di pura gioia. Thor sentiva che era felice. E sapeva che non poteva avere grandi rimpianti. Conven aveva preso la sua decisione e questo era ben più di quanto la maggior parte della gente otteneva nel mondo. Dopotutto Thor sapeva che si sarebbero incontrati di nuovo. Infatti forse ci sarebbe stato proprio Conven a dargli il benvenuto quando fosse morto. Thor sapeva bene che la morte sarebbe giunta per tutti loro. Forse non oggi o domani. Ma sicuramente un giorno.
Thor cercò di cacciare i pensieri tristi e guardò avanti sforzandosi di concentrarsi sull’oceano, scrutando le acque da ogni parte, cercando un qualsiasi segno di Guwayne. Sapeva che era piuttosto inutile cercarlo lì, in mare aperto, ma si sentiva in moto, pieno di un nuovo ottimismo. Ora almeno sapeva che Guwayne era vivo e questo era tutto ciò che gli bastava sapere. Non si sarebbe fermato davanti a nulla per ritrovarlo.
“Dove pensi che la corrente ci stia portando?” chiese O’Connor sporgendosi oltre il bordo della barca e accarezzando l’acqua con la punta delle dita.
Anche Thor si allungò a toccare l’acqua calda. Scorreva troppo veloce, come se l’oceano non potesse portarli da nessuna parte se non così rapidamente.
“Fintanto che è lontano da qui, non mi interessa,” disse Elden guardandosi alle spalle, ancora impaurito dalla scogliera.
Thor udì il verso di un uccello venire dall’alto e sollevò lo sguardo, felice di vedere la vecchia amica Estofele che volava in cerchio sopra le loro teste. Estofele scese verso di loro disegnando un ampio cerchio, poi si risollevò in aria. Thor sentiva che li stava guidando, incoraggiandoli a seguirla.
“Estofele, amica mia,” sussurrò Thor rivolto verso il cielo. “Facci da occhi. Portaci da Guwayne.”
Estofele gracchiò di nuovo, come a rispondere, e allargò le ali. Si voltò e volò verso l’orizzonte, nella stessa direzione verso cui la corrente li stava spingendo. Thor si sentì certo che si stavano avvicinando.
Voltandosi sentì un lieve tintinnio al suo fianco e abbassando lo sguardo vide la spada della morte appesa alla cintura: fu scioccato dal vederla lì. Questo faceva sembrare ancora più reale il suo viaggio nella terra dei morti. Thor la toccò, sentendo l’elsa d’avorio attraversata da teschi e ossa. Strinse il pugno su di essa percependone l’energia. La lama era decorata da piccoli diamanti neri e mentre la reggeva per osservarla, li vide luccicare alla luce.
Mentre la teneva la sentiva giusta nella sua mano. Non si era sentito in quel modo con un arma dai tempi della Spada della Dinastia. Quest’arma significava per lui ben più di quanto potesse dire: dopotutto era riuscito a fuggire da quel mondo e così aveva fatto quella spada. Erano entrambi sopravvissuti a una guerra orribile. L’avevano attraversata insieme. Entrare nella Terra dei Morti e uscirne era stato come camminare attraverso un’immensa ragnatela per poi scrollarsela di dosso. Non c’era più, Thor lo sapeva, eppure se la sentiva ancora appiccicosa addosso. Almeno ora aveva quella spada per eliminarla.
Thor rifletteva sulla sua uscita, sul prezzo che aveva pagato, sui demoni che aveva liberato nel mondo. Provò una fitta allo stomaco, sentendo di aver scatenato una forza oscura nel mondo, una forza non facile da contenere. Sentiva che aveva lanciato qualcosa che come un boomerang un giorno in qualche modo gli sarebbe tornato contro. Forse anche prima di quanto si aspettasse.
Strinse la spada, pronto. Qualsiasi cosa fosse l’avrebbe affrontata temerariamente in battaglia, l’avrebbe uccisa non appena si fosse messa sulla sua strada.
Ma ciò che realmente temeva erano le cose che non poteva vedere, il caos invisibile che i demoni avrebbero potuto scatenare. Ciò che temeva di più erano gli spiriti che non conosceva, gli spiriti che combattevano di nascosto.
Thor udì dei passi e sentì la barca che dondolava. Si voltò e vide Mati che gli si avvicinava. Mati rimase lì triste, guardando l’orizzonte di fronte a loro. Era una giornata oscura e cupa e mentre guardavano ciò che avevano attorno era difficile dire se fosse mattina o pomeriggio. Il cielo era uniforme, come se tutta quella parte del mondo fosse in lutto.
Thor pensò a come Mati fosse rapidamente diventato un caro amico. Soprattutto ora che Reece era insieme a Selese. Thor sentiva la parziale perdita di un amico e l’acquisto di un altro. Ricordò come Mati l’avesse salvato più di una volta là sotto e si sentiva già completamente leale a lui, come se fosse sempre stato uno dei suo fratelli.
“Questa barca,” disse Mati sottovoce, “non è adatta al mare aperto. Una buona tempesta e saremo tutti morti. È solo una scialuppa di una nave di Gwendolyn, non è fatta per attraversare l’oceano. Dobbiamo trovare una barca più grande.”
“E terra,” si intromise O’Connor avvicinandosi dall’altra parte. “E provviste.”
“E una mappa,” aggiunse Elden.
“E comunque dove siamo diretti?” chiese Indra. “Dove stiamo andando? Hai idea di dove possa essere tuo figlio?”
Thor esaminò l’orizzonte, come aveva già fatto migliaia di volte, e rifletté su quella domanda. Sapeva che avevano tutti ragione e lui stesso stava pensando la stessa cosa. Di fronte a loro c’era un vasto mare e loro avevano una barchetta, senza provviste. Erano vivi ed era riconoscente per questo, ma la loro situazione era precaria.
Thor scosse la testa lentamente. Mentre stava lì, immerso nei suoi pensieri, iniziò a vedere qualcosa all’orizzonte. Mentre si avvicinavano iniziò a vedersi in modo più distinto e si sentì certo che non si trattasse di uno scherzo giocato dai suoi occhi. Il cuore iniziò a battergli più forte per la trepidazione.
Il sole fece irruzione tra le nuvole e un raggio di luce scese sull’orizzonte illuminando una piccola isola. Era una piccola massa di terra nel mezzo del vasto oceano, con nient’altro attorno.
Thor sbatté le palpebre chiedendosi se fosse reale.
“Che cos’è?” chiese Mati ponendo la domanda che era nella mente di tutti, mentre stavano in piedi a guardare.
Quando furono più vicini Thor vide la nebbia che circondava l’isola, brillando alla luce, e percepì un’energia magica provenire da quel luogo. Sollevò lo sguardo e vide che si trattava di un posto brullo, con scogliere che si innalzavano in aria per decine di metri. Era un’isola ripida e spietata, con le onde che si infrangevano contro gli scogli che la circondavano, emergendo dall’oceano come bestie antiche. Thor sentiva in ogni parte del suo essere che era lì che dovevano andare.
“È una bella arrampicata,” disse O’Connor. “Se mai ce la faremo.”
“E non sappiamo cosa ci sia là sopra,” aggiunse Elden. “Potrebbe essere ostile. Siamo senza armi, eccetto che per la tua spada. Non possiamo permetterci una battaglia lì.”
Ma Thor stava studiando il posto e pensava, percependo che lì c’era qualcosa di forte. Sollevò lo sguardo in alto e guardò Estofele che volava in cerchio, sentendosi sempre più certo che quello era il posto giusto.
“Nessuna pietra deve essere lasciata al suo posto nella nostra ricerca di Guwayne,” disse. “Nessun posto è troppo remoto. L’isola sarà la nostra prima tappa.” Strinse la presa attorno all’elsa della spada. “Ostile o no.”
CAPITOLO SEI
Alistair si ritrovò nel mezzo di uno strano paesaggio che non conosceva. Era una sorta di deserto e mentre guardava in basso il suolo desertico si trasformò da nero a rosso, seccandosi e screpolandosi sotto i suoi