Морган Райс

Un Cielo Di Incantesimi


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iniziale e diversi Cerbiti saltarono addosso a Reece, graffiandolo e mordendolo. Lui si voltò e li prese a pugni, ma quelli erano persistenti e gli stavano aggrappati addosso. Alla fine riuscì a liberarsene calciandoli a terra e poi pugnalandoli prima che potessero risollevarsi e attaccare di nuovo. Graffiato e ammaccato Reece continuò a combattere come tutti gli altri, cercando di salvarsi la vita e scalare la collina per fuggire da quel luogo.

      Quando finalmente raggiunsero la sommità dell’altura, Reece ebbe un attimo di tregua. Rimase fermo lì, respirando affannosamente e cercando di riprendere fiato, e in lontananza vide uno scorcio della parete del Canyon velata da densa nebbia. Sapeva che quello era il confine oltre il quale si trovava la loro salvezza: dovevano tornare in superficie per avere salva la vita, dovevano raggiungere quella parete.

      Reece si guardò alle spalle e vide migliaia di Cerbiti che correvano in salita verso di loro, vibrando, battendo i denti, emettendo quel verso tremendo più forte che mai. Capì che non li avrebbero lasciati scappare.

      “E io?” gridò una voce squarciando l’aria.

      Reece si voltò e vide Centra ancora là sotto. Era ancora prigioniero, dietro al capo dei Cerbiti, sempre con un coltello puntato alla gola.

      “Non abbandonatemi!” gridò. “Mi uccideranno!”

      Reece rimase fermo, ardendo per la frustrazione. Ovviamente Centra aveva ragione: l’avrebbero ucciso. Non poteva lasciarlo lì, sarebbe andato contro il suo codice d’onore. Dopotutto Centra li aveva aiutati quando erano stati nel bisogno.

      Reece esitò. Si voltò e vide in lontananza la parete del Canyon, la loro via di fuga, che lo tentava.

      “Non possiamo tornare da lui!” disse Indra nervosamente. “Ci uccideranno.”

      Diede un calcio a un Cerbito che le si stava avvicinando e quello cadde all’indietro, scivolando sulla schiena lungo la discesa.

      “Saremmo già abbastanza fortunati a salvarci la pelle noi stessi!” gridò Serna.

      “Non è uno di noi!” disse Krog. “Non possiamo rischiare tutti la vita per lui!”

      Reece rimase fermo, dibattuto. I Cerbiti si stavano avvicinando e sapeva che era necessario prendere subito una decisione.

      “Avete tutti ragione,” ammise. “Non è uno di noi. Ma ci ha aiutati. Ed è un buon uomo. Non posso abbandonarlo alla mercé di queste creature. Nessuno deve essere lasciato alle spalle!” disse con fermezza.

      Iniziò quindi a dirigersi verso il versante della collina per tornare verso Centra, ma prima che potesse fare un passo,. Conven si staccò improvvisamente dal gruppo e corse giù, saltando e scivolando sul pendio fangoso, con i piedi ben piantati a terra e la spada sguainata, colpendo chiunque si trovasse sulla sua traiettoria mentre scivolava verso il basso, uccidendo Cerbiti a destra e a sinistra. Si lanciò verso il punto in cui si trovavano prima, temerariamente, gettandosi senza esitazione nel mezzo del gruppo di Cerbiti e riuscendo in qualche modo a farsi strada attraverso di loro con assoluta determinazione.

      Reece balzò in azione dietro di lui.

      “Voi altri restate qui!” gridò. “Aspettateci!”

      Reece seguì le tracce di Conven, colpendo Cerbiti da ogni parte e raggiungendo il compagno per fornirgli manforte: i due combatterono insieme per farsi strada verso Centra.

      Conven si lanciava in avanti facendosi spazio tra la folla di Cerbiti mentre Reece si dirigeva verso Centra che li guardava con occhi sgranati per la paura. Un Cerbito sollevò il suo pugnale per tagliare la gola a Centra, ma Reece non gliene diede la possibilità: si fece avanti, sollevò la spada, prese la mira e la lanciò con tutta la sua forza.

      La spada volò in aria, roteando e andò a conficcarsi nella gola del Cerbito proprio un momento prima che questi potesse uccidere Centra. Centra gridò guardando il Cerbito morto a pochi centimetri da lui, i volti vicinissimi.

      Con sorpresa di Reece Conven non andò verso Centra, ma continuò a correre lungo la collina. Reece vide con orrore cosa stava per fare: Conven sembrava avere intenti suicidi. Si fece strada attraverso il gruppo di Cerbiti che circondavano il loro capo, seduto in alto su una piattaforma intento a guardare la battaglia. Conven uccise Cerbiti da ogni parte: non sembravano aspettarsi una cosa del genere e tutto accadde troppo velocemente perché potessero reagire. Reece si rese conto che Conven si stava dirigendo verso il capo.

      Gli si avvicinò, balzò in aria, sollevò la spada  e, quando il capo si rese conto di cosa stava succedendo e cercò di scappare, Conven lo pugnalò al cuore. Il capo gridò e improvvisamente si udì un coro di migliaia di strilli provenienti da tutti gli altri Cerbiti, come se anche loro fossero stati pugnalati. Era come se condividessero il medesimo sistema nervoso, e Conven lo aveva distrutto.

      “Non avresti dovuto farlo,” gli disse Reece tornando al suo fianco. “Ora hai dato inizio a una guerra.”

      Mentre guardava con orrore, Reece vide esplodere una piccola collina dalla quale uscirono migliaia di Cerbiti che si riversarono all’esterno come uno sciame di formiche. Reece si rese conto che Conven aveva ucciso quello che per loro equivaleva a un’ape regina, suscitando così l’ira di un’intera nazione di quelle creature. Il terreno tremava sotto i loro passi mentre tutti insieme digrignavano i denti e si lanciavano all’attacco contro Reece, Conven e Centra.

      “PRESTO!” gridò Reece.

      Reece spinse Centra, che era paralizzato dallo shock, e tutti si voltarono iniziando a correre verso gli altri, facendosi strada a fatica lungo lo scivoloso e fangoso pendio.

      Reece sentì un Cerbito saltargli sulla schiena e schiacciarlo a terra. Lo aveva afferrato per le caviglie e lo trascinava giù dal versante, abbassando le zanne verso il suo collo.

      Una freccia passò vicino alla testa di Reece e si udì il suono della punta che trafiggeva la carne. Sollevando lo sguardo Reece vide O’Connor, in cima alla collina, con il suo arco in mano.

      Reece si rimise in piedi aiutato da Centra, mentre Conven copriva loro le spalle respingendo i Cerbiti. Alla fine riuscirono a percorrere l’ultimo tratto di salita e a raggiungere gli altri in cima.

      “Felici di riavervi tra noi!” gridò Elden mentre continuava a combattere respingendo numerosi Cerbiti con la sua ascia.

      Reece si fermò, scrutando tra la nebbia e chiedendosi da che parte andare. Il sentiero si biforcava e lui stava per dirigersi verso destra.

      Ma Centra improvvisamente gli passò accanto andando invece a sinistra.

      “Seguitemi!” gridò continuando a correre. “È l’unica strada!”

      Mentre migliaia di Cerbiti iniziavano a risalire il pendio, Reece e gli altri si voltarono e si misero a correre seguendo Centra, scivolando e incespicando in discesa dall’altra parte della collina. Il terreno intanto continuava a tremare. Seguirono la guida di Centra e Reece si sentiva più felice che mai che gli avessero salvato la vita.

      “Dobbiamo tornare verso il versante del Canyon!” gridò Reece, non sicuro di quale direzione Centra stesse seguendo.

      Correvano, facendosi strada tra gli albero grossi e nodosi, seguendo con sforzo Centra mentre lui proseguiva nel mezzo della nebbia seguendo un irregolare sentiero di terra ricoperto di radici.

      “C’è solo un modo di seminare quelle bestie!” gridò Centra. “Restate sul mio sentiero!”

      Seguirono Centra standogli alle calcagna, correndo e inciampando sulle radici, graffiandosi contro i rami, sforzandosi di vedere qualcosa attraverso la nebbia. Reece incespicò più di una volta su quel tracciato irregolare.

      Corsero fino ad avere i polmoni dolenti, seguiti dall’orribile verso di quei mostriciattoli che a migliaia si avvicinavano. Elden e O’Connor aiutavano Krog che li stava rallentando. Reece sperava e pregava che Centra sapesse veramente dove stavano andando, perché da lì non riusciva per niente a vedere la parete del Canyon.

      Improvvisamente Centra si fermò di colpo e allungò una mano bloccando Reece al petto, facendolo immobilizzare.

      Reece guardò verso il basso e vide ai suoi piedi una ripida