Морган Райс

La Forgia del Valore


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venne squarciata da un’orrenda esplosione. All’iniziò ne fu confusa, pensando che si trattasse di un’altra campana, ma poi si rese conto che era un cannone che faceva fuoco. Non solo un cannone, ma centinaia.

      L’onda d’urto da sola le fece perdere l’equilibrio, trapassando l’atmosfera con una tale forza che Dierdre si sentì come se le orecchie le venissero spaccate a metà. Poi sopraggiunse l’acuto fischio delle palle di cannone e guardando verso il mare provò un’ondata di panico vedendo centinaia di enormi palle, come calderoni di ferro lanciati nel cielo, che disegnavano un arco in alto e si dirigevano dritte verso la sua adorata città.

      Seguì un altro suono, peggiore del precedente: il suono di ferro che andava a sbattere contro la pietra. L’aria stessa rimbombava mentre sopraggiungeva un’esplosione dopo l’altra. Dierdre inciampò e cadde mentre tutt’attorno a lei i grandiosi edifici di Ur, capolavori dell’architettura, monumenti che erano durati per migliaia di anni, venivano distrutti. Quegli edifici di pietra, spessi qualche metro, le chiese, le torri, le fortificazioni, i bastioni: tutti con suo orrore venivano fatti a pezzi dalle palle di cannone. Si sgretolavano davanti ai suoi occhi.

      Si generò poi una valanga di macerie mentre un edificio dopo l’altro crollava a terra.

      Era uno spettacolo che faceva venire la nausea a guardarlo. Mentre Dierdre rotolava a terra, vide una torre alta una trentina di metri che iniziava a cadere di lato. Era inerme e non poteva fare null’altro che guardare e vedere le centinaia di persone di sotto sollevare lo sguardo e gridare di terrore mentre la parete di pietra si schiantava su di loro.

      Si sentì un’altra esplosione.

      Poi un’altra.

      Poi un’altra ancora.

      Tutt’attorno a lei sempre più edifici esplodevano e cadevano, migliaia di persone veniva schiacciate all’istante in massicce nuvole di polvere e macerie. I massi rotolavano attraverso la città come ciottoli mentre gli edifici cadevano l’uno contro l’altro, sbriciolandosi quando finivano a terra. E ancora arrivavano altre palle di cannone, perforando un prezioso edificio dopo l’altro, trasformando quella maestosa città in un cumulo di macerie.

      Alla fine Dierdre si rimise in piedi. Si guardò attorno, frastornata, con le orecchie che fischiavano, e tra le nubi di polvere vide le strade piene di cadaveri, pozze di sangue, come se l’intera città fosse stata spazzata via in un istante. Guardo versò il mare e vide le migliaia di navi che aspettavano di attaccare. Si rese quindi conto che tutti i loro programmi erano stati uno scherzo. Ur era già distrutta e le navi ancora non avevano toccato riva. Cosa mai avrebbero potuto fare di buono adesso tutte quelle armi, tutte quelle catene e punte?

      Dierdre udì dei lamenti e si voltò vedendo uno dei coraggiosi uomini di suo padre, un uomo cui aveva sempre voluto bene di cuore, che si trovava a pochi passi da lei, schiacciato da una pila di macerie che sarebbe dovuta crollare su di lei se non fosse inciampata e caduta. Fece per andare ad aiutarlo quando l’aria venne improvvisamente scossa dal ruggito di un altro giro di cannonate.

      E poi da un altro.

      Seguì il fischio, poi altre esplosioni, altri edifici che cadevano. Le macerie si ammassarono in cumuli più alti e altra gente morì. Dierdre si trovò a cadere di nuovo mentre un muro di pietra collassava accanto a lei e la mancava di un soffio.

      Ci fu un momento di quiete nel bombardamento e Dierdre si rimise in piedi. Un muro di macerie le impediva di vedere il mare, ma sentiva che i Pandesiani erano vicini adesso, sulla spiaggia. Ecco perché il fuoco era stato interrotto. Grosse nubi di polvere fluttuavano in aria e nel cupo silenzio non si sentiva altro che i lamenti della gente morente attorno a lei. Si girò e vide Marco vicino a lei che piangeva angosciato mentre cercava di liberare il corpo di uno dei suoi amici. Dierdre abbassò lo sguardo e vide che il ragazzo già era morto, schiacciato sotto il muro di quello che una volta era stato un tempio.

      Si voltò, ricordandosi delle sue ragazze, e rimase devastata vedendo che molte di esse erano pure state schiacciate e uccise. Ma ne erano sopravvissute tre, che cercavano senza successo di salvare le altre.

      Si udì il grido dei Pandesiani, a piedi, sulla spiaggia, che correvano all’attacco di Ur. Dierdre pensò all’offerta di suo padre e capì che i suoi uomini avrebbero ancora potuto portarla rapidamente fuori di lì. Sapeva che restare lì avrebbe significato morte certa per lei, ma era proprio ciò che voleva. Non sarebbe scappata.

      Accanto a lei suo padre, con uno squarcio sulla fronte, si alzò dalle macerie, sguainò la spada e senza paura condusse i suoi uomini all’attacco verso la pila di detriti. Dierdre capì con orgoglio che stava coraggiosamente andando incontro al suo nemico. Ora sarebbe stata una battaglia a piedi e centinaia di uomini lo seguirono, tutti accorrendo con una tale temerarietà da donarle un incredibile senso di orgoglio.

      Anche lei si mise al seguito, sguainando la spada e scalando gli enormi massi davanti a lei, pronta a combattere al suo fianco. Quando si fu issata fino alla cima si fermò, stordita dalla visuale che le si apriva davanti: migliaia di soldati pandesiani, con le loro armature gialle e blu, riempivano la spiaggia e correvano verso il cumulo di macerie. Quelli erano uomini ben allenati, ben armati e riposati: non come gli uomini di suo padre che erano solo poche centinaia, possedevano armi rudimentali ed erano tutti già feriti.

      Era certa che sarebbe stato un massacro.

      Eppure gli uomini di suo padre non si tirarono indietro. Non si era mai sentita più orgogliosa di lui come in quel momento. Eccolo lì, così fiero, con i suoi uomini raccolti attorno a lui, tutti pronti a lanciarsi per scontrarsi con il nemico anche se questo avrebbe portato a morte certa. Questo era per lei la vera incarnazione del valore.

      Mentre suo padre stava lì, prima di scendere, si voltò a guardarla con un’espressione di puro amore. C’era un addio nei suoi occhi, come se sapesse che non l’avrebbe rivista mai più. Dierdre si sentiva confusa: aveva la spada in mano e si stava preparando ad attaccare insieme a lui. Perché avrebbe dovuto dirle addio adesso?

      Improvvisamente sentì delle forti mani che la afferravano da dietro, si sentì tirare indietro e voltandosi vide i fidati comandanti di suo padre che la tenevano ferma. Un gruppo dei suoi uomini si occupò anche delle altre tre ragazze rimaste, di Marco e dei suoi amici. Lei cercò di divincolarsi e protestò, ma non servì a nulla.

      “Lasciatemi andare!” gridò.

      Loro ignorarono le sue proteste mentre la trascinavano via, chiaramente per ordine di suo padre. Dierdre riuscì a dare un’ultima occhiata a suo padre prima che conducesse i suoi uomini dall’altra parte del cumuli lanciando un forte grido di battaglia.

      “Padre!” gridò lei.

      Si sentiva dilaniata. Proprio quando stava veramente provando ammirazione per suo padre e lo amava di nuovo, glielo stavano portando via. Voleva disperatamente stare con lui. Ma era già sparito.

      Dierdre si trovò ad essere gettata su una piccola barca e immediatamente gli uomini iniziarono a remare lungo il canale, lontano dal mare. La barca svoltò più volte attraversando i canali dirigendosi verso un punto segreto e nascosto che si apriva in una delle pareti. Di fronte a loro si trovava un basso arco di pietra e Dierdre capì subito dove stavano andando: il fiume sotterraneo. Era una corrente impetuosa dall’altra parte del muro e li avrebbe portati lontano dalla città. Sarebbe emersa da qualche parte a chilometri e chilometri di distanza da lì, sana e salva nel mezzo della campagna.

      Tutte le sue ragazze si voltarono a guardarla, come a chiedersi cosa avrebbero dovuto fare. Dierdre giunse quindi a un’immediata decisione. Finse di acconsentire al piano, così da poterle lasciare andare. Voleva che scappassero tutte, che fossero libere da quel posto.

      Dierdre attese fino all’ultimo momento e proprio prima di entrare, si tuffò dalla barca finendo nelle acque del canale. Marco, con sua sorpresa, la vide e saltò pure lui. Ora c’erano solo loro due a galleggiare nel canale.

      “Dierdre!” gridarono gli uomini di suo padre.

      Si girarono per afferrarla, ma era troppo tardi. Aveva avuto un tempismo perfetto e loro si trovavano già presi dalle correnti impetuose che trascinarono via la barca.

      Dierdre e Marco si voltarono e nuotarono