Andrea Calo'

Il Giardino Dei Rododendri


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che cosa fare. Le parole di James le riecheggiavano continuamente nelle orecchie, martellandole il cervello e riducendole il cuore in brandelli. Era cresciuta senza un padre. E sua madre, la donna che le aveva donato la vita e che avrebbe dovuto darle amore l’aveva tenuta all’oscuro di tutto questo. E se James non le avesse raccontato nulla? Forse il segreto più grande della sua esistenza sarebbe morto insieme a sua madre? Oppure ne sarebbe venuta comunque a conoscenza, in un modo o nell’altro? Il Senatore, colui che aveva creato la bella copertina di un libro che descriveva le storie di una “famiglia felice”, era ormai morto da parecchio tempo. Perché non raccontarle tutto quindi? L’immagine dell’uomo e del politico non sarebbero state compromesse. Non più ormai. O forse c’era dell’altro che lei ancora non sapeva e che le era stato nascosto?

      Sarah non aveva dato l’impressione di essere preoccupata o in pericolo per qualche cosa nel suo messaggio. Le aveva semplicemente detto che aveva bisogno di vederla e di parlarle. Forse James era andato a farle visita e le aveva raccontato dell’accaduto per poi invitarla a chiarire tutto con la figlia? Era una possibilità da non trascurare. Ma se aveva atteso così tanto tempo per chiarire il tutto con lei, non sarebbe stato un grosso problema attendere ancora per un po’. Perché mai tutta questa fretta? Lynda non aveva proprio nessuna voglia di vedere sua madre e tantomeno di parlare con lei quel giorno. Avrebbe prima dovuto digerire tutto, e solo dopo affrontare la madre a muso duro. Il boccone era troppo amaro. Si sistemò i capelli e si vestì comoda per uscire a prendere una boccata d’aria, visto che anche Puh la implorava di farlo. Ma mentre stava per uscire sentì squillare nuovamente il telefono. Jack la stava chiamando dall’ufficio. Svogliatamente decise di rispondere.

      «Che c’è?», iniziò la conversazione con maniere assai poco amichevoli.

      «Lynda cara, ma dove sei finita? Ti avrò chiamato già mille volte e non mi hai mai risposto!», la riprese l’uomo.

      «Ho avuto cose molto più importanti da fare».

      «Più importanti del tuo lavoro? Della tua carriera? Dai Lynda, non fare la sciocca! Non rovinare tutto per un insignificante disguido!», rispose Jack in tono quasi paterno.

      «Ah, ma sentilo il signorino! Il tuo motto è sempre stato “Io mi spezzo ma non mi piego”! E poi che cosa hai fatto? Non appena quell’imbecille ti ha detto di tagliarmi fuori tu lo hai fatto, ti sei piegato! E senza paure o riserve hai chiamato quell’essere viscido e infame!».

      «Si chiama Gregory», s’inserì Jack per spezzare il monologo della ragazza furiosa, mai vista prima dall’ora così arrabbiata e di cattivo umore. Ma cosa aveva fatto lui di male? Aveva solo cercato di fare quanto possibile per il bene dell’azienda!

      «Lo so come si chiama Jack, non prendermi per una stupida perché lo sai che non lo sono! Anche se è il nipote del presidente, per me resta sempre e comunque un viscido schifoso e raccomandato!».

      «Va bene. Ora calmati Lynda, te ne prego. E’ proprio di questa cosa che vorrei parlarti, possiamo discuterne?».

      «Vomita! Ti sto ascoltando!», rispose Lynda, raggelandolo.

      «Lynda, non son cose da discutere al telefono, questo tu lo sai bene. Vieni qui nel mio ufficio tra un’ora e ne parliamo con calma, a quattr’occhi e in privato, ok?».

      «Sarò lì tra un’ora Jack, ma ti giuro su quanto ancora mi è rimasto di caro al mondo che se solo osi sfidarmi o prendermi in giro butto all’aria l’ufficio intero. Dovrai chiamare le guardie e farmi buttare fuori, e poi potrai anche farmi licenziare!». Jack non rispose, fino alla richiesta di Lynda, «Mi sono spiegata con sufficiente chiarezza caro Jack?».

      «Si Lynda, ho capito! Ho capito! Ora però ti prego di calmarti e di non venire qui così prevenuta. Ti aspetto, ciao». E riattaccò.

      Lynda scaraventò il telefono sul letto, dove rimbalzò per poi cadere violentemente a terra, frantumando lo schermo. Lynda lo raccolse e lo guardò, ma senza dare troppa importanza all’accaduto. In fin dei conti funzionava ancora.

      Anche se per quel lavoro e per le persone di quell’ufficio non provava più alcun sentimento di amicizia o complicità ma solo tanto odio, pensò di cambiarsi e vestirsi come sempre con il suo tailleur. Agli occhi di chi la conosceva bene, lei voleva apparire come la solita donna di sempre. Jack le avrebbe fatto ancora una volta i suoi complimenti? Ci pensò per un attimo ma realizzò subito che tutto sommato non le importava affatto. Ma voleva comunque mantenere la sua dignità.

* * *

      James cominciò a preparare la valigia con estrema lentezza. La sua mente tornava continuamente alle parole dei Beth che al telefono gli chiedeva di andare da lei urgentemente, senza specificare altro. La sua voce sembrava calma, rilassata e felice, non avrebbe quindi avuto modo di preoccuparsi più di tanto. Tuttavia non si sentiva totalmente tranquillo. Era inoltre molto preoccupato per Lynda e per il modo in cui si erano lasciati il giorno prima. Sapeva di aver combinato un bel pasticcio e di aver perso la stima della giovane, ma era una cosa che si sentiva di dover fare, per il bene della ragazza e per il suo futuro lei doveva sapere come stavano le cose in realtà. Era sicuro che se la ragazza avesse scoperto quella verità per conto suo, le conseguenze sarebbero state anche più gravi. In silenzio nel suo cuore, però, le chiedeva scusa. Nel giro di due giorni si sarebbe ritrovato in Cornovaglia al cottage di Beth, con lei avrebbe discusso nel dettaglio sul da farsi. Era sicuro che lei avrebbe capito i motivi che l’avevano spinto a parlare. Il resto della storia si sarebbe spiegato da solo e lei lo avrebbe accettato, forse. Si guardò allo specchio e sorrise. Poi prese il telecomando della televisione e la accese su una trasmissione a caso. Si sedette distrattamente sul suo comodo divano e lasciò la sua mente libera di viaggiare a cavallo dei pensieri.

* * *

      Lynda arrivò in azienda. La receptionist la salutò come sempre con il suo riconoscibile tono gentile. Tuttavia non si spinse oltre, aveva notato subito l’espressione cupa nel volto della giovane e la risposta distratta con un gesto di mano al suo saluto, segnale inequivocabile che c’era qualche cosa che non andava in lei. Lynda era stata sempre molto aperta ed espansiva con le persone, una sua caratteristica era proprio quel sorriso che sapeva donare a tutti, in ogni momento, anche il meno opportuno. Ma quella non era più la solita Lynda. Quella ragazza allegra e solare si era in realtà persa, proprio come il suo passato. Quella donna che aveva attraversato la hall si sentiva in bilico, come se stesse camminando sulla lama di un rasoio. Sapeva che prima o poi sarebbe caduta, si chiedeva solo da quale parte. Una donna senza un passato poteva riuscire a ricostruirsi una vita e un nuovo futuro?

      Jack l’aspettava nel suo ufficio, Lynda era stata puntuale, onorando come sempre l’impegno preso.

      «Ciao cara Lynda, entra pure, accomodati», disse Jack mentre Lynda già si stava sedendo anche senza il suo invito esplicito.

      «Jack, per te non sono più la “cara Lynda”, ti prego di tenere un tono più adeguato e di rispetto nei miei confronti se vuoi che anche io continui a comportarmi in modo rispettoso nei tuoi. Veniamo al dunque, non ho tempo da perdere! Dimmi quello che hai da dirmi, che cosa vuoi da me e perché mi hai chiamato», rispose Lynda in tono assai scocciato, desiderosa di liberarsi quanto prima da quella scomoda situazione.

      «Ok, ok. Ti racconto subito tutto. Riguarda l’incontro con Yamada», accennò Jack a testa bassa, prima di fare una lunga pausa per poi riprendere le fila del discorso, «Non è andata affatto bene come speravamo».

      Lynda si abbandonò a una sonora e isterica risata. Mai come in quel momento si era sentita così bene, al punto da dimenticare per un attimo tutti i suoi problemi personali. Nella sconfitta ne stava uscendo vincitrice.

      «Ahahah! Bene! E tu avevi dei dubbi? Io proprio nessun dubbio, affatto! Cosa potevi aspettarti da quel…»

      «Idiota!», la interruppe Jack, tenendo sempre la testa bassa, gli occhi puntati su un foglio di carta che giaceva sulla sua scrivania, giusto di fronte a lui. Lynda s’interruppe e lo guardò, seria. Poi puntò gli occhi verso il foglio e si accorse che era stato firmato dal presidente. Jack la guardò e le allungò il foglio perché potesse leggerlo anche lei.

      «Si Lynda, Gregory è un vero idiota. Leggi la lettera, poi ti spiego tutto», annunciò Jack mentre si dirigeva con le mani in tasca verso la finestra del suo ufficio, quella che offriva una