l’affare con Yamada. Il foglio annunciava che sarebbero stati presi seri provvedimenti disciplinari nei confronti di Lynda Grant in seguito all’increscioso comportamento tenuto durante l’incontro con uno dei più grossi e potenziali clienti per l’azienda, mettendo in seria difficoltà e cattiva luce l’operato e l’immagine di un valido e stimato collega chiamato a sopperire alle sue mancanze e senza avere a disposizione strumenti adeguati.
«Con questa lettera mi stanno licenziando?», chiese Lynda, incredula di quanto aveva appena finito di leggere.
«Non ancora Lynda. Ma sei stata penalizzata, le tue mansioni sono state pesantemente ridotte e il management aziendale ti terrà sotto stretta osservazione per tutto il prossimo anno. Ti hanno retrocessa a mansioni più semplici, di amministrazione ordinaria», rispose Jack senza nemmeno voltarsi. Temeva lo scontro con gli occhi delusi di Lynda.
«E tu non ha fatto nulla? Chi sarebbe il mio “controllore”, tu forse?», riprese la donna. Sentiva ancora una volta il mondo intero caderle sulle spalle. Era arrabbiata con Jack, sicura che nulla si sarebbe mai più sistemato. Tutto stava degenerando verso l’irreparabile, come un oggetto in caduta libera dentro un pozzo senza fine.
«Io ho raccontato al direttore quanto è accaduto, difendendo il tuo operato e il materiale da te prodotto fino alla fine. Gregory si è comportato da vero idiota e davanti a Yamada si prendeva il lusso di fare battute che solo lui poteva considerare esilaranti, ma che non lo erano affatto. Ha fatto la figura del pagliaccio di fronte al cliente, trascinando dietro di se l’immagine di questa azienda. Yamada ha espresso la sua volontà di non voler continuare la presentazione sin dalle prime battute, battezzando il progetto come non adatto alle loro necessità. E’ stato anche troppo gentile e corretto nei nostri confronti. Con la sua squadra, dopo gli inchini di rito, ha abbandonato la sala. Inutile dire che Gregory non s’è affatto preso le sue responsabilità di fronte al presidente, ha incolpato te per quanto accaduto, affermando che il progetto non era affidabile e nemmeno presentabile in quel modo, portandolo inevitabilmente al fallimento e a fargli fare una incresciosa pessima figura».
«E il presidente gli ha dato retta!», rispose Lynda.
«Non dovrei dirlo, ma come tu sai idioti e parenti si capiscono sempre al volo. Penso che in privato gli abbia dato una lavata di testa, ma in pubblico ha dovuto seguire le procedure aziendali. Tu sei scappata via Lynda, questo è stato il tuo più errore, una colpa alla quale io non ho potuto rimediare in alcun modo. Mi dispiace. Quando il presidente mi ha chiamato nel suo ufficio e mi ha consegnato quel foglio, mi ha anche detto di riferirti che sei fortunata a non essere stata licenziata e questo grazie a Gregory che, a detta sua, gli ha riferito delle tue enormi capacità nell’esecuzione delle attività più ordinarie. Ti ha fatto fuori Lynda! E purtroppo sei stata tu a servirgli la tua testa su un piatto d’argento».
Scese il silenzio. I due non parlarono per diversi minuti. Poi Jack, capita la situazione, invitò Lynda a riflettere per bene sul da farsi. Le suggerì di prendersi un periodo di ferie per cercare di lavare via la rabbia e meditare sul suo futuro in azienda. Sapeva quanto sarebbe stato insano e frustrante per lei, una ragazza energica e piena d’energia in piena corsa per la carriera, mettersi da parte e ricominciare tutto da capo, con gli occhi delle persone che inevitabilmente sarebbero finiti su di lei, insieme a tutte le chiacchiere e ai giudizi che sarebbero stati espressi ad ogni suo passaggio nei corridoi. Avrebbe perso il suo ufficio e le sarebbe stata assegnata una semplice scrivania, condivisa con altri colleghi. Lynda cominciò a vedere con gli occhi della mente quelle immagini che fino ad allora aveva visto solo nei film, persone licenziate che riempivano una scatola di cartone con i loro effetti personali per poi abbandonare l’ufficio e i colleghi. Questa volta era capitato a lei. Si, proprio lei era protagonista del film che passava nella sua mente. Lynda Grant, la donna che era stata fino a qualche giorno prima era morta, non esisteva più nemmeno sotto il profilo professionale. Si alzò e prese distrattamente la sua borsa, rimanendo ferma in piedi in attesa che Jack le confessasse che in realtà si era trattato solo di uno scherzo di cattivo gusto, per poi scoppiare a ridere e chiudere il tutto con un abbraccio come era solito fare quando scherzava amichevolmente con lei. Ma non fu così. L’unica cosa che Jack le disse fu che il foglio che teneva ancora in mano era suo e poteva tenerlo. Le disse che avrebbe atteso tutto il tempo necessario perché lei potesse fare la scelta più opportuna, per poi di comunicargli quanto deciso. Concluse infine con un sincero “mi dispiace”, quindi la congedò.
Tornata a casa prese il telefono per chiamare la madre. La giornata era già stata completamente rovinata, parlare con la madre non avrebbe potuto aggravare ulteriormente le cose. Pensò anche che forse sarebbe stato meglio morire lo stesso giorno per rinascere con il sorriso il giorno seguente. Compose il numero.
«Pronto, sono Sarah». Lynda non fiatò. «Pronto? Chi parla?».
«Sono io», rispose freddamente Lynda.
«Tesoro! Meno male che mi hai richiamato! Ho provato a telefonarti stamattina presto ma evidentemente eri già uscita per andare al lavoro, quindi ti ho lasciato il messaggio in segreteria».
«Che cosa c’è? Perché mi hai cercato?».
«Ma tesoro, che cosa c’è che non va? Ti sento molto dura nei miei confronti. E’ successo qualche cosa al lavoro?»
«Questi sono affari che non ti riguardano ora! Dimmi che cosa c’è, non ho molto tempo da perdere Sarah».
«Sarah? Ma Lynda, tesoro mio, da quando chiami tua madre per nome? Che fine hanno fatto la tua energia e il tuo sorriso?».
«Lynda è morta, o forse non è nemmeno mai nata».
«Ma tu sei impazzita! Che ti prende? Mi sto preoccupando adesso! Vuoi dirmi che cos’hai?».
«Che cosa avevi di così urgente da comunicarmi al telefono questa mattina?», replicò Lynda ripetendo nuovamente la domanda. Pensò che se la madre avesse tergiversato ancora, lei avrebbe riattaccato questa volta.
«Tua zia Beth vuole vederci, ha qualche cosa d’importante da dirci Lynda, a quanto pare. Ci ha invitate a raggiungerla a casa sua, al cottage in Cornovaglia. Non mi ha detto nulla di più di questo, ho ricevuto un suo messaggio scritto, questa mattina qui in clinica».
«Beth è tua sorella».
«Si, certo! Tua zia Beth è mia sorella, non è una novità questa».
«Sai, non ne sono più tanto sicura».
Seguirono lunghi interminabili secondi di puro silenzio. Nessuna delle due parlava, entrambe restavano immerse nei loro pensieri, cercando di trovare in fretta le prossime parole da dire.
«Lo hai saputo vero?», riprese Sarah.
«Cosa avrei dovuto sapere? Quello che ogni persona sa fin da quando nasce? O c’è dell’altro che ancora mi nascondete tu e James?».
«James! Te l’ha raccontato!».
«Evidentemente è l’unica persona che mi ha sempre voluto bene, come una figlia. E’ stato come un padre per me, ben diverso da quello finto con il quale ho condiviso il tetto di casa fino al giorno in cui ha deciso finalmente di togliersi di mezzo».
«Lynda, tesoro mio! Mi dispiace che tu ne sia venuta a conoscenza in questo modo. E’ anche colpa mia e comprendo bene il tuo dolore e la rabbia che provi in questo momento. Ma posso spiegarti tutto. Vieni a prendermi domani mattina, partiremo insieme per la Cornovaglia per andare da Beth, va bene? Riesci a liberarti con il lavoro per qualche giorno?». Alla domanda seguì un lungo silenzio che Sarah interpretò come un consenso da parte della figlia. Anche da piccola, quando era arrabbiata, reagiva allo stesso modo. Evidentemente non era mai cambiata sotto quell’aspetto.
«Non ho più un lavoro, mi sono licenziata. Sarò lì domani mattina, fatti trovare pronta e con le tue cose già sistemate nella valigia».
«Come dici? Ti sei licenziata?».
Sarah attese una risposta da parte della figlia che invece riattaccò semplicemente.
«A domani, tesoro. Perdonami se puoi», concluse la donna, in risposta al fastidioso silenzio del telefono muto. Si sarebbero viste il mattino seguente, le rimanevano tutta la sera e la notte per riorganizzare le idee e preparare