era seduto sul dondolo del portico, intento ad osservare i bambini andare e venire nei loro costumi di Halloween. In genere, gli piaceva averli intorno, mentre andavano in giro a chiedere “Dolcetto o scherzetto?”. Ma, in quell'anno, sembrava un’occasione agrodolce.
Quanti tra questi bambini saranno vivi tra poche settimane? si chiese.
Sospirò. Probabilmente nessuno di loro. La scadenza era vicina e nessuno stava prestando attenzione ai suoi messaggi.
Le catene del dondolo stavano cigolando. Cera una leggera pioggia calda che stava cadendo, e Scratch sperava che i bambini non prendessero il raffreddore. Aveva una cesta di dolci sulle ginocchia, e si stava dimostrando abbastanza generoso. Si stava facendo tardi, e presto non ci sarebbero più stati bambini.
Nella mente di Scratch, il nonno si stava ancora lamentando, sebbene l’anziano uomo irritabile fosse morto anni fa. E non importava che Scratch fosse un adulto ora, non si sarebbe mai liberato dai consigli del nonno.
“Guarda quello con il mantello e la maschera nera di plastica” disse il nonno. “Lo chiami costume quello?”
Scratch sperava che lui e il nonno non avessero un’altra discussione.
“E’ vestito da Darth Vader, nonno” disse.
“Non m’importa chi diavolo dovrebbe essere. E’ un costume scadente e comprato in un negozio. Quando ti portavo in giro a fare “dolcetto o scherzetto?”, noi facevamo sempre i costumi per te.”
Scratch ricordò quei costumi. Per trasformarlo in una mummia, il nonno lo aveva avvolto in delle lenzuola stracciate. Per farlo apparire come un cavaliere dall’armatura splendente, il nonno l’aveva agghindato con un poster enorme coperto con un foglio d’alluminio, e gli aveva dato una lancia fatta con un manico di scopa. I costumi del nonno erano sempre creativi.
Tuttavia, Scratch non ricordava con affetto quegli Halloween. Il nonno si arrabbiava e si lamentava sempre, mentre gli faceva indossare quei costumi. E quando Scratch tornava a casa dal suo giro di “dolcetto o scherzetto?” … per un momento, si sentì di nuovo come un ragazzino. Sapeva che il nonno aveva sempre ragione. Non comprendeva sempre il perché, ma non importava. Il nonno aveva ragione, e lui invece aveva torto. Era proprio così che stavano le cose. Era così che erano sempre andate.
Scratch si era sentito sollevato, quando era diventato troppo vecchio per andare a chiedere dolci ad Halloween. Sin da allora, era stato libero di sedersi sul portico, distribuendo dolci ai bambini. Era felice per loro. Era contento che si stessero godendo l’infanzia, anche se per lui non era stato così.
Tre bambini salirono sul portico. Un ragazzino era vestito come Spiderman, una ragazzina come Catwoman. Sembrava avessero circa nove anni. Il costume del terzo bambino fece sorridere Scratch. Una bambina, di circa sette anni, indossava un costume da calabrone.
“Dolcetto o scherzetto?” tutti gridarono, mettendosi di fronte a Scratch.
Scratch sorrise e frugò nel cestino, in cerca di caramelle. Ne diede alcune ai bambini, che lo ringraziano o e se ne andarono.
“Smetti di dar loro caramelle!” il nonno brontolò. “Quando smetterai di incoraggiare quei piccoli bastardi?”
Scratch stava resistendo al nonno ormai da un paio di ore. Avrebbe pagato dopo per il suo gesto.
Nel frattempo, il nonno stava ancora brontolando: “Non dimenticare che abbiamo del lavoro da fare domani sera.”
Scratch non rispose, si limitò ad ascoltare il cigolio del dondolo. No, non avrebbe dimenticato che cosa doveva fare l’indomani sera. Era un lavoro sporco, ma doveva essere fatto.
*
Libby Clark seguì il fratello maggiore e sua cugina nel bosco buio, che si estendeva dietro tutti i cortili del quartiere. Non voleva essere lì. Voleva stare a casa, nel suo letto.
Suo fratello Gary stava guidando il gruppo, dotato di torcia. Appariva piuttosto strano nel suo costume da Spiderman. La cugina Denise seguiva Gary, indossando il costume da Catwoman. Libby chiudeva il piccolo gruppo.
“Muovetevi, voi due” Gary disse, inoltrandosi.
S’intrufolò tra due cespugli senza difficoltà, imitato da Denise, ma il costume di Libby era troppo ingombrante e s’impigliò tra i rami. Ora aveva qualcosa di nuovo di cui aver paura. Se avesse rovinato il costume da calabrone, la mamma sarebbe andata su tutte le furie. Libby riuscì a districarsi e si affrettò dietro di loro.
“Voglio andare a casa” Libby disse.
“Torna pure indietro” rispose Gary, proseguendo.
Ma, naturalmente, Libby era troppo spaventata per farlo. Si erano già allontanati tanto. Non osava tornare a casa.
“Forse dovremmo tornare tutti indietro” disse Denise. “Libby ha paura.”
Gary si fermò e si voltò. Libby avrebbe voluto vedere il suo viso dietro quella maschera.
“Che cosa c’è, Denise?” chiese. “Anche tu hai paura?”
Denise rise nervosamente.
“No” l’altra rispose. Libby percepì chiaramente la menzogna.
“Allora, forza, voi due” aggiunse Gary.
Il gruppetto continuò ad andare avanti. Il terreno era molle e melmoso, e Libby aveva l’erbaccia bagnata fino alle ginocchia. Almeno, aveva smesso di piovere. La luna iniziava a mostrarsi tra le nuvole. Ma stava anche facendo più freddo, e Libby era bagnata ovunque; stava tremando, ed aveva molta, molta paura.
Finalmente, gli alberi ed i cespugli si aprirono, lasciando spazio ad una grande radura. Il vapore si alzava dal terreno bagnato. Gary si fermò proprio sul bordo dello spazio, e così fecero Denise e Libby.
“Eccolo” sussurrò Gary, indicando. “Guardate—è quadrato, come se ci fosse stata una casa o una cosa simile qui. Ma non c’è una casa. Non c’è niente. Alberi e cespugli non ci possono nemmeno crescere. Solo erbacce. Ecco perché è una terra maledetta. Ci vivono i fantasmi.”
Libby ricordò le parole del padre.
“I fantasmi non esistono.”
Nonostante questo, le ginocchia le tremavano. Temeva che si sarebbe fatta la pipì addosso. Senz’altro alla mamma non sarebbe piaciuta la cosa.
“Che cosa sono quelli?” Denise chiese.
Indicò due sagome che si innalzavano dal suolo. A Libby, sembravano grossi tubi che si innalzavano in alto, ed erano quasi completamente coperti di edera.
“Non lo so” rispose Gary. “Mi ricordano dei periscopi di un sottomarino. Forse i fantasmi ci stanno osservando. Vai a dare un’occhiata, Denise.”
Denise esplose in una risata che esprimeva paura.
“Fallo tu!” replicò.
“D’accordo, ci vado” fu la laconica risposta.
Gary avanzò, con una certa cautela, fino al punto indicato e si diresse verso una delle sagome. Si bloccò a circa quattro metri da essa. Poi, si voltò e tornò ad unirsi a sua cugina e sua sorella.
“Non so dire che cosa sia” disse.
Denise scoppiò di nuovo a ridere. “Perché non hai nemmeno guardato!” lo stuzzicò.
“L’ho fatto” esclamò Gary.
“Non é vero! Non ti sei nemmeno avvicinato!”
“Mi sono avvicinato. Se sei così curiosa, vai a vedere tu stessa.”
Denise non rispose per un momento. Poi, si diresse verso il punto indicato. Si avvicinò un po’ di più di Gary alla sagoma, per poi tornare velocemente indietro, senza nemmeno fermarsi.
“Neanch’io so che cosa sia” esclamò.
“Adesso è il tuo