è fantastico Jilly” April commentò.
“Sì. Abbiamo molte cose in comune. Molto di cui parlare.”
Anche l’umore di Riley migliorò lievemente. Era una buona cosa che Jilly stesse cominciando a farsi delle amiche. E Riley sapeva che April era stata preoccupata per la nuova sorella.
Le due ragazze chiacchierarono un po’ su Jane. Poi, il silenzio ripiombò nella stanza, proprio come prima.
Riley sapeva che Jilly aveva tentato di spezzare il malumore imperante e consolare April.
Ma la più giovane ora sembrava preoccupata. Riley immaginava che fosse agitata per tutta quella tensione nella sua nuova famiglia. Jilly temeva sicuramente di poter perdere ciò che aveva appena trovato.
Spero che si sbagli, Riley pensò.
Dopo cena, le ragazze andarono di sopra. nelle proprie stanze, e Gabriela ripulì la cucina. Ryan versò un bicchiere di bourbon per Riley, e un altro per sé, e sedettero insieme in soggiorno.
Nessuno dei due parlò per un bel po’.
“Vado di sopra a parlare con April” Ryan disse infine.
“Perché?” Riley chiese.
“E’ stata brusca. E anche irrispettosa con te. Non dovremmo fargliela passare liscia.”
Riley sospirò.
“Non è brusca” la scusò.
“E allora come definiresti il suo comportamento?”
Riley ci rifletté per un momento.
“E’ solo che è davvero premurosa” disse. “E’ preoccupata per la sua amica Tiffany, e si sente impotente. Teme che qualcosa di terribile sia accaduto a Lois. Dovremmo essere contenti che si preoccupi per gli altri. Vuol dire che sta crescendo.”
Ritornò il silenzio.
“Che cosa credi che sia davvero accaduto?” Ryan chiese infine. “Credi che Lois si sia suicidata, o che sia stata uccisa?”
Riley scosse fiaccamente la testa.
“Magari lo sapessi” gli rispose. Ho imparato a fidarmi del mio istinto. Ma non mi sta comunicando proprio niente. Proprio non ho alcuna sensazione in un modo o nell’altro.”
Ryan le diede un colpetto sulla mano.
“Qualunque cosa sia accaduta, non è una tua responsabilità” osservò.
“Hai ragione” Riley aggiunse.
Ryan sbadigliò. “Sono stanco, credo che andrò a dormire prima.”
“Resterò seduta qui per un po’” Riley rispose. “Non sono ancora pronta per andare a dormire.”
Ryan andò di sopra e Riley si versò un altro generoso bicchiere di bourbon. La casa era silenziosa, e Riley si sentì sola e stranamente indifesa, proprio come - ne era certa - si sentiva April. Ma, dopo un altro drink, cominciò a rilassarsi e presto le venne sonno. Si tolse le scarpe e si distese sul divano.
Poco dopo, si svegliò accorgendosi che qualcuno le aveva messo addosso delle coperte. Ryan doveva essere sceso di sotto, per controllarla e assicurarsi che stesse comoda.
Riley sorrise, sentendosi meno sola ora. Poi, si riaddormentò nuovamente.
*
Riley ebbe una sorta di déjà vu, mentre April si precipitò verso il garage dei Pennington.
Come aveva fatto il giorno prima, Riley gridò.
“April, sta lontana da lì!”
Stavolta, April tolse il nastro della polizia prima di aprire la porta.
Poi la ragazza sparì nel garage.
Riley le corse dietro ed entrò anche lei.
L’interno del garage era molto più vasto e cupo di quanto non fosse stato il giorno precedente, come un enorme deposito abbandonato.
Riley non vide April da nessuna parte.
“April, dove sei?” gridò.
La voce della ragazza riecheggiò nell’aria.
“Sono qui, mamma.”
Riley non riusciva a comprendere da dove provenisse la voce.
Si voltò lentamente, scrutando nell’apparentemente infinita oscurità.
Finalmente, una luce in alto si accese.
Riley fu sopraffatta dall’orrore.
Appesa ad una trave c’era una ragazza, che aveva solo un paio di anni più di April.
Era morta, ma aveva gli occhi spalancati, e puntati su Riley.
E tutto intorno al cadavere, su tavoli e sul pavimento, c’erano centinaia di cornici con foto che mostravano la ragazza e la sua famiglia in diversi momenti della sua vita.
“April!” Riley gridò.
Non ci fu alcuna risposta.
Riley si svegliò di soprassalto sul divano, quasi in iperventilazione a causa dell’incubo.
“April!” fu sul punto di gridare.
Ma in qualche modo riuscì ad impedirsi di urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni …
Sapeva che la figlia era in camera sua, e stava dormendo.
Tutta la famiglia dormiva, tranne lei.
Perché ho fatto quel sogno? si chiese.
Le ci volle soltanto un momento per trovare la risposta.
Comprese che l’istinto si era palesato finalmente.
Sapeva che April aveva ragione, c’era qualcosa di molto sbagliato nella morte di Lois.
E spettava a lei agire al riguardo.
CAPITOLO CINQUE
Riley fu scossa da un brivido, quando uscì dalla propria auto al Byars College.
Non era stata la temperatura a farla rabbrividire, era freddo già da tempo. La scuola aveva un’atmosfera stranamente inospitale.
Rabbrividì nuovamente, mentre si guardava intorno.
Gli studenti si aggiravano per il campus, ben coperti contro il freddo, tutti frettolosamente diretti alle loro destinazioni quasi senza parlare. Nessuno sembrava felice di trovarsi lì.
C’è poco da meravigliarsi se questo posto fa venire voglia agli studenti di suicidarsi, pensò Riley.
Innanzitutto, il luogo sembrava appartenere ad un’epoca passata. Fu quasi come se Riley fosse tornata indietro nel tempo. I vecchi edifici in mattoni erano stati tenuti in perfette condizioni. Anche le bianche colonne erano ristrutturate con cura ma apparivano chiaramente reliquie dei tempi in cui erano richieste per questo tipo di edificio.
Il parco del campus era davvero enorme, coerentemente con il fatto che si trovava proprio nella capitale del paese. Naturalmente, Washington DC si era sviluppata intorno ad esso, durante quasi duecento anni della sua esistenza. La piccola scuola esclusiva era prosperata, producendo ex-allievi che avevano avuto successo nelle scuole più prestigiose del paese, poi occupando posizioni di potere negli affari e in politica. Gli studenti venivano in scuole come questa per realizzare e mantenere connessioni di alto livello, che sarebbero durate una vita intera.
Naturalmente, era troppo costosa per la famiglia di Riley, persino, ne era certa, con il sostegno della borsa di studio che occasionalmente veniva offerto agli studenti eccellenti di famiglie importanti. Non che desiderasse che April o Jilly la frequentassero, del resto.
Riley si recò nell’edificio amministrativo, e trovò l’ufficio del preside,