Морган Райс

Solo chi è coraggioso


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ho detto che non posso vedere niente,” disse Lori. “Ti ho spiegato che colgo ancora degli sprazzi, e quegli sprazzi sono cose di ombre e sangue. Vedo violenza, Royce, ovunque io guardi.”

      Royce scosse la testa. “È una possibilità, ma non l’unica. Ho trovato mio padre. Torneremo, e la gente lo seguirà. Vedranno il ritorno del vero re, e tutti capiranno che le cose sono cambiate. Se siamo fortunati, addirittura re Carris si ritirerà e scapperà.”

      Lori rise a quelle parole. “A volte dimentico quanto tu sia giovane, Royce, o forse quanto io sia vecchia. Non tutti hanno visto… quello che hai visto tu. Non tutti hanno la saggezza che deriva direttamente dallo specchio, o la tua certezza del fatto che tuo padre sia il re perfetto. La gente non si inchinerà in automatico solo perché lui torna.”

      “Spero che ti sbagli,” disse Royce.

      Lori sorrise, ma era un sorriso amaro. “Lo spero anche io, Royce. Lo spero anche io.”

      L’immagine della strega accanto al fuoco sbiadì e Royce si ritrovò sulla barca insieme agli altri. Con sua sorpresa, il sole aveva attraversato il cielo nel tempo che lui aveva speso a conversare con Lori, spostandosi molto più di quanto pensava fosse realmente il tempo trascorso.

      “Sei sveglio,” disse Matilde. “Bene. Mi sa che ci stiamo avvicinando alla costa, e dovremo metterci a remare quando saremo più vicini.”

      “Non vuoi essere tu a farlo, eh?” ipotizzò Royce.

      “Dopo tutto il tempo che ho passato a remare nelle Sette Isole?” chiese Matilde scuotendo la testa. “Te lo lascio volentieri.”

      Royce era felice che lei e Neave apparentemente avessero smesso di discutere per il momento. Andò verso suo padre, che era ancora seduto a prua, intento a lavorare sulla spada ossidiana.

      Royce quasi non la riconobbe. Suo padre aveva lavorato la lama, trasformando l’arma in qualcosa di liscio, affilato e letale. Aveva ricoperto l’elsa con una striscia di cuoio e vi aveva applicato sopra un’asta di legno per formare una guardia a croce. Ora sembrava occupato a sistemare qualcosa su quest’ultima, e Royce ci mise un attimo a riconoscere…

      “Il tuo anello con sigillo?” gli chiese.

      Suo padre annuì, finendo di premere il simbolo all’interno di un intaglio creato appositamente per contenerlo.

      “Non è molto, ma volevo che questa spada fosse qualcosa di personale, qualcosa che potesse essere solo tuo,” gli spiegò.

      “È perfetta,” disse Royce, prendendo la spada dalle sue mani. Provò la lama e sentì le regolazioni che erano state fatte. Ora era più leggera e la lama fischiò fendendo l’aria quando tirò un colpo di prova a vuoto. Non era la perfezione scintillante della spada di cristallo, ma era qualcos’altro con tutta una sua dignità, e si muoveva agilmente nelle mani di Royce.

      Lui rimase lì con suo padre e la mano di re Filippo gli si posò sulla spalla mentre entrambi guardavano in direzione del regno. Presto la linea scura della costa iniziò ad apparire alla vista e Royce si voltò a guardare suo padre.

      “Stiamo andando a casa,” gli disse.

      “Sì,” rispose lui. “E poi comincerà la lotta per riconquistarla.”

      CAPITOLO OTTO

      Olivia non era certa del motivo per cui la necessità di trovare Genevieve la stesse spingendo così fortemente verso sud. La logica diceva di restare con gli eserciti di suo padre, al sicuro in mezzo a migliaia di uomini, piuttosto che trovarsi in viaggio a cavallo là fuori, protetta solo da tre di loro.

      Haam, Wells e William sembravano nervosi là fuori in quelle condizioni, in spazi che erano ancora sotto il controllo del re Carris, ma parte del motivo per cui Olivia aveva scelto loro per il compito di proteggerle era che non avrebbero tentato di andare contro la sua volontà, contro ciò che lei doveva fare.

      Doveva trovare Genevieve. Olivia non sapeva perché, ma doveva farlo.

      “Siete certa di trovarti al sicuro così distante dall’esercito di vostro padre, mia signora?” chiese Haam. Olivia sapeva che stava solo dando voce alle preoccupazioni degli altri. E certo non lo biasimava per questo. Quello dopotutto era un posto pericoloso per tutti loro.

      “Ho voi a proteggermi,” rispose.

      Questo li portò a mettersi subito ben dritti in sella, gonfi di orgoglio. Quelli non erano cavalieri, e la differenza era ovvia. Le loro armature erano ammaccate e probabilmente messe insieme alla meno peggio con pezzi che provenivano da decine di posti diversi. I cavalli che avevano erano più adatti ad arare i campi che alla guerra. Le loro armi erano semplici e funzionali, ed era evidente che erano nervosi, guardandosi attorno a ogni rumore che proveniva dal lato della strada mentre continuavano ad avanzare verso sud.

      “Quanto manca ancora?” chiese William quando raggiunsero un crocevia. Si fermarono e cercarono di capire da che parte andare.

      “Dovremmo considerare l’opzione di tornare indietro,” disse Haam.

      Olivia stava in sella al suo destriero, giocherellando sovrappensiero con l’anello che Royce le aveva dato per il loro fidanzamento: il suo anello di famiglia, ma nientemeno che il simbolo del loro amore, adesso. Lo strofinò, e così facendo le venne in mente Genevieve. Pensò al modo in cui quella ragazza aveva guardato il castello e a quanto lei fosse stata ovviamente importante per Royce.

      “Continuiamo per quello che serve fino a che non la troviamo,” disse Olivia. “Immagino che sia diretta verso l’accampamento del re. Dobbiamo arrivare da lei prima che lo raggiunga.”

      “E se non ci riusciamo?” chiese Wells.

      Olivia scrollò le spalle, ma solo perché sapeva che non poteva dire ciò che stava pensando: che se necessario, avrebbe anche abbattuto un muro, avrebbe trovato un modo di passare attraverso un esercito, per trovare Genevieve. Solo il pensiero di lei le dava un coraggio che non l’avrebbe mai abbandonata. Olivia era certa di non poter essere felice con Royce sapendo che le cose non erano sistemate con Genevieve, con quella ragazza che ancora provava quei sentimenti per lui. Doveva trovarla.

      “Genevieve sarà andata da Altfor,” disse Olivia, scansando la domanda. “Altfor è con re Carris, quindi sappiamo dove lei è diretta. Questo ci dà una possibilità di raggiungerla prima che possa arrivarci.”

      “Lo spero,” disse Wells, “ma dobbiamo pensare a che punto girarci per tornare indietro. Quanto in là andiamo prima di tornare a casa?”

      “Andiamo fino a dove è necessario,” disse Olivia con assoluta determinazione. In quel momento sapeva che avrebbe seguito Genevieve anche nel mezzo di un incendio, se avesse dovuto. “E ora stiamo solo sprecando tempo, fermi qui come siamo. Dobbiamo proseguire. Ogni momento che passiamo fermi con i nostri cavalli è una possibilità per lei di allontanarsi ancora di più da noi.”

      Olivia partì nella direzione indicatale dalle informazioni che aveva riguardo alla posizione della corte di re Carris, spronando il suo cavallo al galoppo. Non le interessava che gli altri riuscissero a starle dietro o meno. I cavalli dei tre cavalieri si affrettarono a mettersi in postazione accanto a lei, e da lontano probabilmente davano l’impressione di un gruppo con una nobildonna che si spostava con la protezione dei suoi cavalieri.

      Alla fine passarono in mezzo ad alcuni gruppi di alberi, e poi risalirono il versante di una collina. Da là sopra Olivia poté vedere l’esercito di re Carris dispiegato sotto di loro, un’insegna dopo l’altra, tutte sollevate a indicare i nobili che si erano uniti a lui per mostrare il loro sostegno. C’erano migliaia di uomini, soldati ordinari e cavalieri, arcieri e fanti armati di lancia. I nobili e i cavalieri avevano le loro tende separate dagli altri, ciascuna con il suo piccolo gruppo di servitori e parassiti.

      C’era una fortezza al centro di tutto, solida e imponente. D’istinto Olivia capì che Genevieve doveva trovarsi lì. Altfor sarebbe andato lì per trovare il re, e Genevieve ci sarebbe andata per trovare Altfor.