sentì il momento in cui la corrente prese possesso della loro zattera, trascinandola verso la riva. Dietro di loro la testa del serpente marino uscì dalla superficie e le fauci del mostro si spalancarono, pronte a inghiottirli.
Royce guardò in basso attraverso gli occhi di Bragia, e scorse una conformazione rocciosa davanti a loro, evidente dall’alto, ma nascosta tra le onde se guardata dalla zattera. La indicò.
“A destra!”
Tutti spinsero con i remi, mandando la zattera a destra anche se la corrente continuava a spingere in avanti. Schivarono gli scogli, evitandoli per un pelo, e Royce si guardò alle spalle vedendo il serpente marino bloccato e intento a dimenarsi per liberarsi prima di girarsi e reimmergersi nelle profondità.
A quel punto Royce stava già controllando la presenza di altri scogli. Erano troppo vicini all’isola adesso per sperare di andare da qualche altra parte, e la corrente li trascinava in avanti inesorabilmente. L’unica possibilità era di schivare gli scogli meglio che potevano.
“A sinistra,” gridò Royce.
Spinsero con i remi e riuscirono ad evitare un altro gruppo di rocce, ma ora c’era una barriera corallina davanti a loro e Royce non riusciva a vedere alcun modo per aggirarla.
“Tenetevi forte!” gridò agli altri, e li vide aggrapparsi alla zattera subito prima che quella andasse a colpire le rocce sotto la superficie. Royce si trovò scagliato in avanti e per la seconda volta quel giorno finì in acqua, nuotando per tenersi a galla.
Mark aveva ragione quando aveva parlato dell’armatura: era impossibile che chiunque potesse nuotare indossandola, eppure non era peggio che nuotare con normali abiti addosso. Royce calciò nell’acqua per spingersi verso la superficie ed emerse mentre la corrente continuava a trascinarlo.
Il mare li sputò sulla terra asciutta con forza esplosiva e la sabbia si sollevò incontro a Royce mentre un’onda lo portava verso la spiaggia. Lo fece cadere lì, dolorante, e attorno a lui vide gli altri distesi sulla sabbia, Bolis e Matilde che sanguinavano, Neave e Mark ammaccati, e addirittura Gwylim frastornato per l’esperienza, nonostante la velocità con cui Royce lo aveva visto guarire precedentemente.
“Siamo vivi,” disse Mark, e Royce poté sentire lo shock nella voce dell’amico. Lo condivideva in parte, insieme alla contentezza al pensiero che i suoi amici fossero in salvo.
No, non in salvo.
Erano vivi, questo era vero, ma guardando verso l’acqua, Royce vide che la loro zattera era già stata distrutta e fatta a pezzi dalla corrente, portata via dalle onde. Non avevano alcun modo di tornare indietro adesso, né di fare la traversata verso un’altra isola.
Erano riusciti ad arrivare a una delle Sette Isole, ma ora sembrava che vi fossero incastrati.
CAPITOLO SEI
Dust scendeva verso il porto, circondato dai segni che riempivano il mondo attorno a lui. Nel volo degli uccelli vide che quella era la strada da seguire. Nel gorgogliare del corso d’acqua vide che avrebbe dovuto oltrepassare il mare.
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