Морган Райс

Solo chi è destinato


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i suoi amici. Sguainò la spada di cristallo tagliando subito le corde che tenevano legate le mani di Matilde.

      “Grazie,” disse lei strofinandosi i polsi. “Io… dietro di te!”

      Royce si girò di scatto e piantò la spada nel petto di un marinaio che lo stava per aggredire. Anche se barcollante e quasi incapace di stare in piedi, Royce ebbe la forza di conficcare la spada di cristallo nel corpo dell’uomo. Il marinaio reagì con la propria lama, e Royce sentì una specie di impatto contro la sua armatura mentre quello restava per un momento in piedi, immobile, prima di crollare a terra.

      Royce continuò a liberare gli altri, e un altro marinaio saltò loro addosso. Questa volta Bragia planò su di lui con gli artigli protesi contro il suo volto, tenendolo fermo per il tempo che bastò a Bolis per spingerlo in mare con un calcio.

      Poi la nave colpì gli scogli con uno schianto di legno che sembrava il rumore di una foresta che veniva sradicata, e l’intero ponte si capovolse.

      Gli uomini gridavano mentre scivolavano in mare. Royce vide qualcosa salire dall’acqua, una bestia lunga e simile a un serpente, con le pinne a ventaglio e i denti aguzzi. La creatura uscì dall’acqua, sollevandosi come una torre, un uomo urlante stretto nelle sue fauci mentre i suoi denti affilati lo masticavano. Un altro era stretto nelle sue spire, e Royce udì lo spezzarsi delle ossa mentre il movimento del mostro lo schiacciava.

      Royce ebbe un momento per starsene a fissare la crudeltà della morte, poi scivolò lungo il ponte, verso il bordo, verso la bocca del serpente marino che lo aspettava.

      Si aggrappò al parapetto, tenendosi a malapena. Accanto a lui Mark, Matilde, Bolis e Neave si tenevano con tutte le loro forze, mentre la nave continuava ad andare a pezzi.

      “Qual era esattamente il tuo piano?” chiese Mark.

      “Direi proprio questo,” ammise Royce. Mandare la nave a sbattere e poi tentare di capire cosa fare a quel punto. Era stata una mossa basata solo sulla speranza, e ora si trovavano su una nave che stava lentamente andando a pezzi, le sue due parti pronte a scaraventarli contro le rocce, o peggio a trascinarli con sé nel mare profondo.

      “Adesso cosa facciamo?” chiese Neave. Teneva un braccio agganciato al parapetto e con l’altro sorreggeva Matilde.

      “Penso…” disse Royce, tentando di fare chiarezza nella nebbia che gli offuscava i pensieri. “Penso che dobbiamo saltare!”

      “Saltare là dentro?” chiese Bolis. “Sei matto?”

      “Se restiamo, rimarremo incastrati nel relitto e verremo trascinati giù,” disse Royce. “Dobbiamo liberarci, e l’unico modo per farlo è saltare!”

      C’era anche un altro motivo per saltare. Gli altri uomini stavano avanzando lungo il ponte, e ce n’erano troppi per poterli sconfiggere in quella condizione indebolita. In qualsiasi condizione. Gwylim era lì, il sangue attorno alla bocca mentre ringhiava, ma cosa poteva fare una creatura come lui in una situazione del genere?

      Restava solo una scelta, e Royce decise per i suoi amici. Senza esitare, spinse Bolis e Mark oltre il parapetto. Matilde parve voler resistere, ma Neave la portò giù con sé. Anche Gwylim mise le zampe sul parapetto e poi, con un ringhiò, si gettò in mare.

      Ora restava solo una cosa da fare. Royce si mise in piedi sul parapetto e guardò l’acqua che mulinava e vorticava sotto di lui. Rimise la spada di cristallo nel fodero, sperò che l’armatura che aveva trovato nella torre fosse leggera come sembrava…

      … e saltò.

      CAPITOLO QUATTRO

      Raymond stava insieme ai sui fratelli nei pressi di un incrocio ai confini del territorio del vecchio duca, sapendo che doveva andare avanti, ma allo stesso tempo non volendo ancora separarsi dagli altri. Presto lui, Lofen e Garet sarebbero dovuti andare a impossessarsi di ciò che serviva a Royce, che serviva a tutti loro.

      “Nervosi?” chiese agli altri.

      “Certo che no,” disse Lofen con ovvia baldanza. Lofen era sempre pronto a combattere, e magari questo gli sarebbe stato utile nell’andare alla ricerca di Picti, ma ad ogni modo Raymond si trovò a pensare che sarebbe stato meglio che avesse una mappa e un’idea di massima.

      “Farò ciò che serve,” disse Garet, ovviamente tentando di apparire coraggioso come il fratello. Raymond avrebbe voluto dirgli che sapeva che lui era coraggioso: aveva visto quanto i suoi fratelli fossero stati forti quanto erano stati intrappolati nelle prigioni di Altfor. “Troverò soldati per la nostra causa.”

      “Vi troverò quelli che potranno essere di aiuto,” disse Moira, il suo cavallo vicino a quello di Garet. Raymond non era sicuro di cosa pensare della sua presenza lì. Il fatto che fosse una nobile sarebbe stato utile nel portare i nobili dalla loro parte, e poi si era offerta lei di aiutare, ma Raymond poteva già vedere il modo in cui Garet la guardava, e sapeva che le cose sarebbero state complicate.

      “Vedi di fare attenzione e non metterti nei guai,” disse Raymond al fratello più giovane. Portò poi la sua attenzione su Moria. Non si poteva negare che fosse bellissima, e certo non l’avrebbe biasimata per essere stata presa dai nobili, ma c’era comunque qualcosa nel modo in cui aveva offerto il suo aiuto che lo metteva a disagio. “E tu vedi di tenerlo al sicuro.”

      “Non sono un bambino,” disse Garet. “Sono un uomo, e farò un lavoro da uomo.”

      “Solo fintanto che ci porti la gente che ci serve,” disse Raymond.

      “Ho la parte facile,” insistette Garet. “Sei tu quello che deve persuadere la gente a insorgere.”

      Raymond annuì. “Insorgeranno. Lo faranno per Royce.”

      Aveva visto il modo in cui suo fratello era riuscito a convincere la gente a combattere più aspramente, e come era stato capace di sconfiggere i peggiori nemici. Aveva ucciso un grande guerriero come Sir Alistair e aveva guidato l’esercito del conte di Undine. La gente sarebbe insorta in nome di Royce.

      “Immagino allora che questo sia un arrivederci,” disse Lofen. Non c’era molta emozione nella sua voce, ma Raymond sapeva che la stava tenendo lì, sotto la superficie. Sperava solo che suo fratello potesse elaborare una richiesta più sentita quando fosse arrivato dai Picti. Sperava anche che stesse al sicuro, perché aveva visto di cosa erano capaci quei selvaggi della terra quando si erano trovati dalla roccia guaritrice.

      “Non è un arrivederci per lungo tempo, spero,” disse Raymond. “Ricorda solo…”

      “Di portarli al castello del conte di Undine, non a quello del vecchio duca,” disse Lofen. “Sì, lo so. Lo hai detto già tante volte.”

      “Volevo dire che voglio bene a tutti e due, fratelli,” disse Raymond. “Anche se tu sei un idiota, Lofen, e Garet è alle prime armi per avere un po’ di sale in zucca.”

      “Almeno noi non facciamo la mamma chioccia oppressiva,” ribatté Garet con veemenza. Fece girare il suo cavallo e lo spronò ad avanzare. “Ci vediamo presto, fratello, con un esercito!”

      “Gli starò attenta,” disse Moira, seguendo Garet con il proprio cavallo.

      “Me lo auguro,” le rispose Raymond.

      “Ti stai comportando in modo duro con lei,” disse Lofen mentre i due si allontanavano.

      “È più la dolcezza di Garet nei suoi confronti che mi preoccupa,” disse Raymond

      Vide suo fratello scrollare le spalle. “Almeno ha con sé una donna bellissima che conosce la gente che vedrà. Perché non ho potuto portare con me quella Neave…”

      Raymond rise. “Pensi che sarebbe stata interessata a te? L’hai vista con Matilde. E poi i Picti saranno facili da trovare. Vai nei posti più selvaggi e aspetta che uno di loro ti tiri addosso qualcosa.”

      Lofen deglutì. “Tu scherzi, ma non penso ti piacerebbe se tornassi infilzato da un sacco