Giovanni Haas

Jessica Ek


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allunga un biglietto da visita corretto a penna come quello che ha dato a Matteo.

      «Sarà fatto.»

      Sicuro che ti chiamo, trovo la vecchia e ti chiamo. Questo è il primo pensiero di Roberto che lei intercetta; distingue chiaramente un apprezzamento nei suoi confronti e non può che sentirsi lusingata essendo lei di qualche anno più vecchia. Certo le dà abbastanza fastidio il suo apostrofare la ex direttrice “la vecchia” in maniera quasi dispregiativa, ma decide di passarci sopra.

      Lo spero, sceriffo, lo spero.

      Pensa, mentre gli stringe la mano.

      Il tempo di risalire sulla Twingo e viene invasa da un fortissimo sentimento di collera, respira e si guarda intorno fino a intravedere il ragazzo di prima che passa davanti alla sua auto, diretto verso l'entrata dalla casa.

      Ora può vedere chiaramente il tatuaggio sopra la nuca: si tratta del numero '10' e, con tutte le stranezze che si vedono oggi, non si domanda il significato. Il giovane dalla testa rasata cammina coprendo dei graffi sul viso con la mano destra, sulla quale sono evidenti i segni di un morso.

      Hello Kitty ha tirato fuori le unghie.

      ***

      Sono quasi le due di un pomeriggio uggioso. Nico ha visionato attentamente tutti i documenti ricevuti da Edo ed è riuscito a farsi un’idea a grandi linee sul caso; le informazioni concrete sono troppo poche e gliene manca una fondamentale per riuscire a scovare il Killer delle Laureande prima che possa uccidere Francesca: il movente.

      Nico sa bene che senza conoscere il motivo che spinge una persona a compiere un gesto estremo sarà difficile risalire alla sua provenienza, ai luoghi che frequenta, al metodo di adescamento delle vittime e ipotizzare quanto intende tenerle in vita una volta cadute nella sua trappola.

      Si guarda intorno, finisce di bere il caffè ormai freddo e sistema le carte sulla scrivania. Un ragnetto scappa via strappandogli un sorriso; è sempre così solo ultimamente.

      Il programma della sua giornata è semplice: uscire a mangiare un boccone e tentare di stimolare un flashback. Prima, però, deve accendere la stufa, altrimenti prima di sera quei locali saranno un frigorifero; prende il primo libro da una scatola di cartone appoggiata lì accanto e legge il titolo: “Und dann gabs keines mehr”, chissà che vuol dire.

      Lo mette nel vano per la legna con un po' di diavolina e gli dà fuoco, poi riempie lo spazio rimasto con dei pezzi di legna e altri libri e chiude lo sportello che cigola in modo fastidioso. In genere non ama bruciare i libri, ma in tempi di magra pur di lavorare a una temperatura decente gli tocca sacrificare un po’ del suo idealismo.

      Anche se gli va un po’ stretta e non si abbina particolarmente al suo cappotto, ha deciso d'indossare la cuffia violetta per andare in giro; in questo modo, il contatto fisico e mentale con Francesca (il contatto non è con il tessuto, ovvero: indirettamente lo è, ma tu devi fare capire che il tessuto serve a captare un contatto con Francesca) sarà costantemente assicurato. Quello che spera è di incappare per caso in un gesto, un odore, un’emozione che possano ricondurlo a lei. Ci spera. Prega che accada e che non sia tardi.

      Una volta in centro compra i giornali in tre edicole differenti, mangia un kebab seduto su una panchina in piazza Vecchio mercato e beve un caffè in un bar dove spera di incontrare il tizio che gli deve pagare la fattura. Ma Poretti non si fa vivo. Così Nico paga la consumazione e si mette a girovagare nelle vie pedonali senza un obiettivo preciso.

      Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non sta perdendo tempo: è in cerca di quell'elemento, quella sensazione che, con l'aiuto del berrettino, gli permetterà di avere una percezione, il suo primo contatto con il passato di Francesca. È per questo motivo che non fa la spesa in un unico negozio, ma la suddivide in più botteghe, per vivere più situazioni in luoghi anche molto differenti tra loro. Così passa dalla macelleria climatizzata con la luce bianca e fredda dei tubi fluorescenti, alla pasticceria riscaldata con le luci calde e soffuse. La frutta la prende al mercato rionale. Cerca di guardare tutti e tutto, di scambiare una parola con più persone possibile per aumentare la possibilità di captare lo sguardo giusto, la parola giusta: il dettaglio che accenda la connessione.

      Quando torna al parcheggio, due ore dopo, è un po' amareggiato per non aver ottenuto risultati, ma sa che non è così semplice e non funziona come nei film, dove gli sarebbe bastato toccare la cuffia per conoscere tutto sul passato di Francesca.

      Ce la faremo, Francesca. Dobbiamo solo avere pazienza e ce la faremo. Tu, ovunque ti trovi, resisti.

      Arrivato alla Mazda prende dalla tasca il mazzo di chiavi che scorre tra le dita in cerca di quella dell’automobile. Nella destra ha i giornali e le riviste appena acquistati. In quel momento la voce di una ragazza lo raggiunge alle spalle.

      «Mi scusi, posso disturbarla un attimo?»

      Nico alza lo sguardo che era rivolto alle chiavi: c’è una ragazza con in testa una cuffia viola davanti alla macchina, e gli sorride. Per un attimo sbarra gli occhi, non si può sbagliare: quella è Francesca!

      Non ha un viso preoccupato, pare serena, tranquilla.

      «Mi scusi!» La voce lo fa uscire dallo stato di trance in cui era caduto. Sussulta e sente un rumore di metallo levarsi dall'asfalto.

      «No, accidenti!» Nico stringe la mascella e respira profondamente. Il flashback è terminato. È stato breve, troppo breve, e ormai è andato, impossibile recuperarlo.

      «E che modi! Non ha neppure visto cosa le volevo offrire. Peggio per lei.» Ancora quella voce, la stessa che gli ha provocato il brevissimo viaggio mentale.

      Nico si volta. C’è una ragazza con sciarpa e cuffia bianche che ha in mano dei volantini, forse dei buoni per un fast food. Lo guarda un po' risentita, si gira e se ne va a passo veloce.

      «Ehi, scusami… io… » dice Nico, ma lei è già oltre l’angolo.

      L’avevo agganciata, cavolo pensa, mentre raccoglie le chiavi che gli erano cadute e sale in macchina; incrocia le braccia sul volante, ci appoggia la fronte, chiude gli occhi e si concentra ancora. Deve riuscire a visualizzare quel momento di vita non suo, vissuto per un solo attimo; è fondamentale recuperare più dettagli possibili. Purtroppo, sono davvero pochi istanti: due, forse tre secondi. Quello che continua a vedere è il sorriso dolcissimo di Francesca e l’aria di non avere nessuna preoccupazione, entrambi indizi che stonano con la realtà dei fatti.

      Qualche minuto dopo alza la testa, si spinge contro lo schienale e riapre gli occhi.

      Se solo quella ragazza non mi avesse distratto, avrei potuto vedere a chi si stava rivolgendo Francesca. Chi guardava? Perché sorrideva?

      In un guizzo di nervi per l’occasione perduta colpisce il volante con un pugno; è tremendamente frustrante sapere di averla agganciata per qualche istante e poi averla persa senza la possibilità di registrare un qualsiasi dettaglio utile a ritrovarla. Imprecando a mezza bocca avvia il motore e si allontana dal parcheggio.

      È un inizio: il collegamento c'è stato e ne arriveranno altri.

      S’impone di pensare positivo mentre percorre la strada a ritroso in direzione del suo ufficio. E’ una bella giornata di sole, tutti i negozi sono aperti e le persone passeggiano sui marciapiedi, come se niente fosse: come se andasse tutto bene.

      Finché i problemi non toccano noi stessi e la sfera delle nostre conoscenze pensiamo che siano solo fatti da ascoltare in radio o al Tg.

      Nico scuote la testa. Quella normalità però in fondo gli fa bene. Gli ricorda che fuori dalla dimensione nervosa e oscura del suo lavoro esiste un mondo che va avanti placido per la sua strada, ci sono le stagioni, c’è il sole e, soprattutto, persone che stanno bene e che non sono affatto scomparse. Il giretto in macchina lo calma.

      Quella ragazza non ha nessuna colpa; anzi, probabilmente è stata lei a far partire il flashback, quindi dovrei ringraziarla, non avercela con lei per avermi risvegliato.

      Tornato nel suo studio, mette da parte i giornali