Dawn Brower

Baia Di Kismet


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amaramente – Forse, se troverò la persona giusta.”

      A queste parole Nash chiuse gli occhi, come se qualcuno lo avesse colpito in faccia.

      “Certo, la persona giusta…Ora lasciami in pace, ho bisogno di dormire…” mormorò.

      Leilia annuì. Già era sorpresa della quantità di whiskey che Nash aveva bevuto e del fatto che riuscisse a tenere ancora gli occhi aperti, senza essere andato in coma!

      “Ottima idea! – esclamò – Aspetta, che ti aiuto a metterti sul letto.”

      “Ce la faccio!” protestò Nash. Cercò di mettersi in piedi, ma subito crollò di nuovo sul divano. “Beh, forse, se mi dai una mano…” mormorò.

      Leilia ridacchiò e poi gli allungò una mano per aiutarlo ad alzarsi. “Dai, andiamo, ragazzone!” sussurrò. Nash accettò di buon grado l’aiuto di Leilia. Le mise le braccia intorno alle spalle e si lasciò guidare nella stanza da letto; per fortuna l’appartamento era minuscolo! Più che sedersi, crollò affranto sul suo letto.

      “Dai, togliamoci questo maglione puzzolente!” rise Leilia, aiutandolo a svestirsi.

      “Mi stai spogliando per poter approfittare di me? “ biascicò Nash.

      “Non dire sciocchezze!” mormorò Leilia, arrossendo. Nash era davvero un bel ragazzo, con quel petto muscoloso! Fisicamente le era sempre piaciuto, ma non aveva mai osato dirglielo.

      “Comunque… se vuoi, io ci sto – scherzò Nash, lasciandosi sbottonare la camicia – Sarebbe una bella novità…” e si accasciò sul letto, con gli occhi chiusi.

      Leilia gli tolse le scarpe e poi gli sollevò le gambe sul letto, in modo da farlo stare più comodo. Lo coprì con una coperta e fece per andarsene, quando Nash aprì gli occhi e la chiamò. “Non andartene…Resta con me…” la pregò.

      Lei si chinò per guardarlo in faccia e quello che lesse nei suoi occhi non le piacque affatto; c’era un velo di tristezza che non gli aveva mai visto. E la stava supplicando. “Ok, resto con te finché non ti addormenti.” promise.

      “Di più non potrei chiedere…” farfugliò Nash, chiudendo di nuovo gli occhi.

      Leilia si stese sul letto accanto a lui e gli appoggiò la testa sul petto. Non sapeva perché, ma le sembrava la cosa più giusta da fare. Non era la prima volta che se ne stavano così sul letto, ma quella volta tutto l’insieme le parve più…intimo.

      Lui la strinse forte a sé e le sussurrò: “Ti amo. Ti ho sempre amato.” E posò le labbra su quelle di lei in un bacio casto.

      Il cuore di Leilia si fermò. Di sicuro, Nash non intendeva platonicamente. Era lui l’uomo della sua vita? Perché, se lo era, allora qualcosa di magico l’avrebbe legata a Nash, qualcosa che veniva dalla città e dal destino.

      Forse, il momento era arrivato.

      CAPITOLO QUINTO

      I raggi del sole dalla finestra penetrarono nella stanza, e si posarono sul volto di Nash che dormiva. Lui sussultò nel sonno, come se si sentisse bruciare, e lui aprì gli occhi. Si sentiva come se la testa gli pesasse una tonnellata, e un batterista impazzito gli martellasse nelle tempie. Si pentì di essersi ubriacato, la sera prima. Cercò di voltarsi, ma qualcosa di morbido al suo fianco glielo impediva. Aveva paura di vedere di cosa si trattava, e magari scoprire di avere qualcos’altro di cui pentirsi.

      “Lo so che sei sveglio – sussurrò Leilia, con la voce roca per il sonno – Il tuo respiro è cambiato.”

      Ma…che diavolo ci faceva Leilia a letto con lui? Che cosa aveva combinato, la sera prima? Non riusciva a ricordare nulla, se non che si stava scolando la bottiglia di whiskey mentre guardava alla tv il culo sodo di Gawain.

      “Non voglio svegliarmi…” mugolò, con la voce ancora impastata dalla sbornia.

      “Questo è ciò che accade quando si alza il gomito…” ridacchiò Leilia.

      Sentiva dolore in ogni fibra del suo corpo, eppure la risata di Lilia era musica per le sue orecchie. In qualche modo, riuscì a tirarlo su.

      “Avrei dovuto pensarci prima di scolarmi quella bottiglia di whiskey – mormorò Nash, tristemente – Ora devo pagare lo scotto della mia stupidità.” Cercò di stiracchiarsi. “Ho bisogno di un caffè.” disse.

      Continuava a non voler alzarsi. Sentire Leilia rannicchiata accanto a lui era il Paradiso e l’Inferno assieme. Qualunque stupidaggine avesse fatto per meritarsela lì, accanto a lui, era pronto a rifarla. Di solito, la fortuna non era mai dalla sua parte, con Leilia. Beh, non esattamente: aveva la fortuna di averla come amica. Anche se desiderava qualcosa di più.

      “Ne farò una tazza per tutti e due – disse Leilia, alzandosi – Tu resta qui e ripostati.” Ma Nash la trattenne: voleva godersela vicina ancora un po’.

      “Non andartene… – mugolò – si sta così bene, qui…”

      Lei non si ribellò al suo gesto, anzi lasciò fare, come se stare a letto insieme fosse la cosa più normale del mondo. Nash si girò a guardarla, e intravvide nei suoi nei suoi occhi blu cobalto qualcosa di indecifrabile.

      “C’è qualcosa che dovrei sapere?” le chiese. Lei era ancora vestita con la sua gonna e il topo, ma lui era a petto nudo. In quelle condizioni, più che baciarsi e toccarsi non sarebbe stato possibile. Dentro di sé sperò che non fosse accaduto neanche questo, tra loro. Se mai un giorno si fossero baciati, avrebbe voluto essere abbastanza sveglio da ricordarlo.

      “Cioè?” chiese Leilia.

      “Nel senso…se è successo qualcosa tra noi, ieri sera…” mugolò. Trattenne il respiro, in attesa della risposta di Leilia. Pregò di non essere stato tanto idiota ma, poiché non ricordava nulla, si preparò a fare ammenda.

      “Vuoi dire…oltre alla tua ubriacatura? – chiese Leilia – Niente, anche se….”

      Si morse il labbro nervosamente, ma non aggiunse altro.

      “Allora…famolo strano…” scherzò lui, lasciando scivolare le dita sui capelli bruni di lei. Erano così morbidi al tatto che in genere si accontentava di poterla accarezzare solo in quel modo. D’un tratto Leilia inclinò la testa da un lato e la fissò. “Ma tu mi ami, Nash?” chiese.

      A quella domanda, lui si sentì un tuffo al cuore. “Certo che ti amo, sei la mia migliore amica!” sussurrò.

      “Lo sai cosa intendo. Se provi qualcosa di più, di un’amicizia.” insistette lei.

      Nash tremò. Era proprio la domanda che temeva. Non capiva perché dichiararle il suo amore gli faceva tanta paura. La sera prima era stato sul punto di farlo, ma ora, alle luci fredde della mattina, gli sembrava quasi impossibile. E se lei si fosse arrabbiata e gli avesse detto che non potevano essere più amici? Ma doveva rischiare. Se avesse ottenuto una risposta positiva avrebbe toccato il cielo con un dito, altrimenti…Ma non poteva perdere l’unica persona al mondo che avesse mai amato.

      “Sì che ti amo, Leilia, ti ho sempre amata! Non c’è mai stata nessuna nel mio cuore, tranne te!” quasi singhiozzò.

      Lei si aprì in un dolce sorriso. “Finalmente! Erano secoli che aspettavo che me lo dicessi! Stavo iniziando a perdere le speranze!” Gli sfiorò la guancia con la mano. “Ma non ero sicura che potessi amarmi.”

      Non amarla? E come avrebbe potuto? Ai suoi occhi Leilia era semplicemente perfetta!

      “Oh Dio, Leilia, sono stato proprio uno stupido! Avremmo potuto stare insieme da tanto tempo, e invece avevo paura di dirtelo! Temevo di perderti!” esclamò Nash, con passione.

      “Non mi perderai mai, Nash. E ora che aspetti? Baciami!” gli sussurrò Leilia.

      Lui non se lo fece ripetere due volte. Premette