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Danimarca, 4 ottobre 2009
“La cantante ed eroina popolare argentina Mercedes Sosa è morta per un collasso di più organi in un ospedale di Buenos Aires dopo essere stata ricoverata tre settimane fa. La sua carriera è durata oltre sei decenni e questa artista ha registrato più di quaranta album, esibendosi in tutto il mondo. Sosa fu il punto di riferimento sotterraneo per molti argentini durante il periodo della dittatura e tramite le sue canzoni diede vita al movimento di protesta della classe operaia, un movimento che portò al crollo della giunta militare nel 1983. Mercedes Sosa divenne famosa in Europa quando visse in esilio in Spagna e in Francia dal 1979 al 1982. Ha vissuto fino a settantaquattro anni. "
É UNA DOMENICA sera e mi accomodo a guardare le notizie con mio marito. Insieme ad un resoconto sulla morte di Mercedes Sosa, sullo schermo televisivo compare un breve filmato di una bellissima signora dai capelli lunghi e scuri, che indossa un abito nero con sopra un poncho andino rosso. Con straordinaria passione e una voce notevole e piena di sentimento, canta una canzone, "Gracias a la vida" (Grazie alla Vita). Resto affascinata dalla sua autenticità e carisma, ed in breve tempo capisco che sto guardando una donna genuina e sincera, così pura e straordinaria che inizio a chiedermi perché non ne ho mai sentito parlare prima d'ora. Come se nient'altro avesse importanza, mi alzo per usare Internet e scoprire di più su questa signora. Compare un enorme numero di collegamenti YouTube. Comincio a guardare ed ascoltare.
Nella prima clip, Mercedes canta "Zamba por vos" (Zamba per Te) in modo così glorioso con il quartetto folcloristico argentino, Los Chalchaleros. Raggiante ed aggraziata come un dolce abbraccio, Mercedes arriva sul palco con un sorriso consolatorio sulle labbra e uno scintillio di vitalità negli occhi. Tra infiniti applausi procede a salutare i membri del gruppo, attirandoli in caldi abbracci. Quindi si rivolge alla folla e con un atteggiamento calmo, inizia a cantare con la sua voce contralto: profonda, piacevole e morbida.
La seconda clip che guardo è “Todo cambia” (Tutto Cambia), registrata al Festival de Viña in Cile, 1993. Vestita di nero dalla testa ai piedi, appare mistica e monumentale, suonando altrettanto potente e convincente come il suo aspetto. Sento una tremenda energia che emana da lei mentre conquista il palco con i suoi passi di danza latinoamericana e la sciarpa che oscilla sopra la sua testa. Vedo una persona dinamica e schietta che non ha timore di esprimere il suo vero io. Lo sguardo sincero e tenero ma deciso nei suoi occhi mi affascina e mi sento come se stesse guardando direttamente nella mia anima attraverso lo schermo del computer. C'è qualcosa in lei, una "presenza mistica", che raggiunge le parti più profonde del mio essere e il mio pozzo di desiderio. Le lacrime mi scorrono sul viso mentre mi rendo conto di aver incontrato qualcosa che ho sempre sperato di trovare.
Istintivamente so che è una cantante con un messaggio e una missione. Voglio scoprire cosa sono.
Buenos Aires, 4 ottobre 2009
A SEGUITO dell'annuncio ufficiale del Presidente che segna l'inizio di tre giorni nazionali di lutto, le bandiere sventolano a mezz'asta in tutta l'Argentina. In tutto il Paese i concerti e gli spettacoli in programma durante questo periodo vengono cancellati e si ricevono le condoglianze dei capi di stato – in America Latina e nel resto del mondo.
"La Negra" (La Nera), come è stata chiamata affettuosamente a causa dei suoi capelli neri e la sua origine argentina del Nord, di discendenza Andina, giace pacificamente nella sua bara nella sala più formale del Congresso, il "Salón de los Pasos Perdidos ", un onore riservato solo alle icone nazionali più importanti. In Avenida Callao, il viale principale che porta al Congresso, i fans fanno la fila per renderle omaggio.1
Nel salone Pasos Perdidos, ghirlande sontuose adornano l'imponente sala di marmo. Giganteschi lampadari ed enormi candele illuminano l'oscurità della stanza dal soffitto alto con la bara scoperta posizionata proprio al centro. La presidente argentina, Cristina Fernández de Kirchner, accompagna la famiglia di Sosa mentre rendono omaggio alla cantante. La famiglia, incluso il figlio di Mercedes, Fabián Matus, e i suoi due nipoti, Agustín e Araceli, si stringono l'uno all'altro come in un mezzo abbraccio mentre Cristina accarezza la mano senza vita di Mercedes Sosa. Il marito di Christina, l'ex presidente Néstor Kirchner, è al suo fianco in maniera circospetta con uno sguardo cauto.
Ci sono anche persone comuni. Rispettosamente, uno stormo crescente di persone in lutto passa accanto al feretro aperto dove la si vede riposare nel suo abito blu ricamato. I suoi lunghi capelli neri, che all'età di settantaquattro anni, non hanno una sola ciocca di grigio, incorniciano il viso calmo, con gli zigomi alti. Le sue mani sono accuratamente adagiate sul ventre attorno ad un mazzo di rose bianche. La cantante argentina Luna suona le sue canzoni mentre i fan piangenti cantano e si alternano per lasciare fiori vicino alla sua bara.
5 Ottobre 2009
FABIÁN E i parenti più stretti di Mercedes seguono la bara di legno marrone mentre viene deposta nel carro funebre parcheggiato fuori dal Congresso. Lungo tutta Avenida Rivadavia, folle di persone in lutto, di tutte le età, si radunano per guardare il carro funebre che la trasporta nel suo ultimo viaggio, dal Congresso al crematorio. Stanno uniti in un momento della storia argentina che dissolve i confini sociali e politici.
La processione di carri funebri avanza lentamente ed un certo numero di persone in lutto porta stendardi che dicono cose adorabili su di lei. Un vecchio rivoluzionario sulla sessantina ha in mano uno stendardo che dice "Grazie per la tua vita e la tua lotta." Si vede un certo numero di persone battere le mani e sventolare la bandiera argentina con aggraziato entusiasmo. I giovani rumoreggiano felici, cantando " Olé Olé Olé Olé, Negra Negra", in modo ripetuto come se fosse la squadra di calcio nazionale che torna dopo aver vinto un campionato. Praticamente ad ogni angolo, gruppi di persone con strumenti diversi iniziano a cantare. La musica meravigliosa riecheggia per le strade di Buenos Aires, musica che ha donato speranza e conforto per decenni, sfidando la tirannia ed incoraggiando la democrazia.
È un giorno di dolore che arriva in profondità nell'anima argentina. L'eroina popolare nazionale, la madre della nazione, è morta. Ma ciò che lei ha dato attraverso la sua vita e le sue canzoni non morirà mai. Esse vivono.
La processione lascia lentamente il Congresso. Il primo carro funebre trasporta tutte le decorazioni floreali. L'ultimo porta la bara.
Tempo prima dell'Esilio
San Miguel, Tucumán, 9 luglio 1935
AL'OSPEDALE DI SANTILLÁN, nel nord-ovest dell'Argentina, la ventiquattrenne Ema del Carmen Girón ha appena partorito. Sono le sette del mattino. La figlia appena nata dorme tranquillamente tra le sue braccia. La bambina annunciò il suo ingresso nel mondo con un forte vagito che poteva essere ascoltato in tutto il reparto maternità. Quello che nessuno sa è che una delle migliori voci della storia ha appena emesso il suo primo suono. Ema è grata per questa nuova e preziosa vita che tiene tra le braccia e, per un po', dimentica tutte le sfide finanziarie che verranno per crescere un bambino. Ema ha un lavoro come lavandaia e suo marito, Ernesto Quiterio Sosa, lavora nell'industria dello zucchero raccogliendo canna da zucchero e spalando carbone nel forno del Mulino di Tucumán.
Attraverso la finestra semiaperta, Ema può sentire i saluti dei cannoni in lontananza. Li conta: ventuno. Il 9 luglio è la festa dell'Indipendenza Argentina. Ema sente d'istinto che non è una coincidenza che sua figlia sia nata in questo giorno. Si confida con l'ostetrica, che è appena tornata nella stanza, “Un giorno questa ragazza diventerà qualcuno con