Isabelle B. Tremblay

È L'Amore Che Ti Trova


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andò vergognosamente dalla casa di famiglia, lasciando un semplice biglietto d’addio che suo padre aveva gettato nella spazzatura. Lei, bambina, aveva recuperato il foglio stropicciato nel bidone. Lo aveva piegato con cura e nascosto nella sua scatola dei segreti.

      “Pensi che sia una buona idea?” chiese Emma.

      “Quale?”

      “Questa serata. Andare all’appuntamento con quel tipo. Uno sconosciuto.”

      “Sì! Un’ottima idea, direi. E so a chi stai pensando: Patrick. È FINITA. Ti ha mollata per una cadetta di polizia che sembra più un uomo che una donna. Io penso, anzi, che sia davvero un uomo.”

      Patrick Vinet era l’ex ragazzo di Emma. Informatico di professione, viveva ancora con sua madre. Dopo alcuni anni che si frequentavano lei era pronta per la convivenza, lui no: a casa di sua madre stava da dio. Veniva servito e riverito come un re e non voleva rinunciarvi. La lasciò per un’altra.

      “Devi proprio ricordarmi cosa mi ha fatto ogni volta?”

      “Non ho altra scelta, continui a pensare a lui. Ti farà bene vedere gente nuova. Divertirti, ridere. Che ne dici di una piccola avventura di una notte?”

      “E se fosse un serial killer?”

      “Morire tra le braccia di un dio greco non è poi così male come fine…”

      Charlotte scoppiò a ridere, mentre Emma abbozzò un sorriso. Prese la borsa che si trovava sul comodino e precedette Charlotte fuori dalla camera nello strettissimo corridoio, andando verso l’ascensore. Era felice di avere ottenuto quel nuovo contratto per la rivista e di passare del tempo con la sua amica, seppure in un contesto professionale. Non avevano avuto occasione di vedersi spesso nelle ultime settimane. Charlotte aveva un programma piuttosto fitto, mentre quello di Emma era più flessibile. Lavorava in proprio nel suo piccolo appartamento o nella caffetteria al piano di sotto, a seconda dell’umore del giorno.

      Frequentava poche persone da quando aveva rotto con Patrick. La sua cerchia di amici non era molto numerosa, ma aveva ancora alcuni compagni d’università con cui poteva uscire di tanto in tanto per svagarsi e vedere qualcosa di diverso dal suo salotto.

      Charlotte spinse il pulsante dell’ascensore per il piano terra. La porta si aprì quasi all’istante. Le due ragazze fecero un sorriso educato all’uomo e alla donna che erano già all’interno.

      “Non ti sembra una cosa… senza speranza?” sussurrò Emma.

      “No! Ti ha invitata lui. Stiamo rispondendo al suo invito. Smettila di dubitare, sei snervante”, rispose Charlotte, mettendosi una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio.

      L’uomo si voltò verso di loro e fece un gran sorriso, rivelando una fila di denti bianchi e dritti. Emma ne fu divertita perché le ricordò la pubblicità di un dentifricio che aveva visto in televisione il giorno prima.

      “Siete del Quebec?” disse, spazzando via una polvere invisibile dal suo impeccabile abito nero, in un francese quasi senza accento.

      “Sì”, risposero le due donne in coro.

      “È piuttosto raro sentire parlare in francese qui, ma vi dico che è una bella sensazione. Gabriel Jones. Vivo a Montreal”, disse presentandosi.

      “Com’è piccolo il mondo!” rispose Charlotte, analizzando l’uomo dalla testa ai piedi.

      “Anche noi viviamo a Montreal, che coincidenza!” aggiunse Emma sorridendo timidamente.

      “Un saggio ha detto che non ci sono coincidenze, solo appuntamenti”, rispose l’individuo, ammiccando con complicità alla giovane donna.

      Emma osservò l’uomo e lo trovò, a prima vista, molto attraente. Non avrebbe potuto confrontarlo con Ian, perché erano due tipi completamente diversi. Gabriel doveva essere alto circa un metro e ottanta. Aveva gli occhi azzurri e dimostrava una particolare vivacità. Il suo lungo naso presentava una  leggera curva. Immaginò che l’avesse rotto durante una partita di hockey. Il sorriso era franco e sembrava sincero. Era ben rasato con i capelli, neri e ondulati, leggermente in disordine. Appariva molto allegro e simpatico. Era evidente che aveva l’abitudine di parlare con gli sconosciuti e socializzare. Ebbero solo il tempo di presentarsi prima che l’ascensore si fermasse al quarto piano e l’uomo si dirigesse verso l’uscita.

      “Ci incontreremo di nuovo sicuramente. Vi auguro una bella serata, signore!” disse prima che la porta si chiudesse di fronte a lui.

      “Cosa?” mormorò Charlotte, leggendo lo sguardo espressivo che la sua amica le lanciava.

      “Era davvero… wow!”

      “Sì, ma sembra troppo serio”.

      CAPITOLO 2 – NOTTE INDIMENTICABILE

      Charlotte spinse la porta del bar, precedendo Emma, che era rimasta indietro. Il posto era accogliente, ma non così affollato come lo immaginava. Si trattava di un piccolo stabilimento con vista sulla spiaggia, situato a pochi passi dal loro hotel. Sul fondo della sala c’era un bancone. Davanti, sedevano alcune persone e, piazzato dietro, un cameriere preparava bevande e cocktail di tutti i tipi. Emma riconobbe Ian, in piedi e con la birra in mano, che chiacchierava con un gruppo di persone. Appoggiò la mano sul braccio di Charlotte per mostrarle dov’era il giovane. La sua amica riconobbe alcune facce che erano presenti nel pomeriggio alla partita di pallavolo.

      La musica, molto alta, era suonata da un trio maschile: cantante, chitarrista e tastierista. C’era anche una batteria, ma il posto era vuoto. Charlotte si diresse verso il bar per ordinare due cosmopolitan, mentre Emma scelse un tavolo nascosto. Ne approfittò per osservare Ian.

      Indossava dei jeans in denim blu scuro strappati in punti strategici e una maglietta bianca con la scritta Born To Be Wild, che la fece sorridere. Immaginava che fosse sicuramente il tipo di uomo nato per essere libero e indipendente. Una specie di intuizione. Lo trovava particolarmente carino e attraente. Aveva un berretto grigio sulla testa che gli dava uno stile un po’ bohémien e l’aspetto di un poeta. Sembrava assorbito dalla storia che stava raccontando ai suoi amici. Gesticolava molto e le braccia facevano grandi movimenti circolari.

      “Vagli a parlare”, disse Charlotte, posando sul tavolo i due bicchieri che aveva in mano.

      “No. Forse non si ricorda più di me.”

      “Digli che i suoi jeans gli fanno un culo da paura!”

      Emma scoppiò a ridere per il commento della sua amica.

      “È così che faresti tu?”

      “No, per niente. Gli direi: da me o da te? Non perdo tempo con queste cose. Quando mi piace un uomo vado dritto al sodo.”

      “Non riesco a immaginare che tu faccia così.”

      “Vuoi vedermi all’opera?”

      “No, va bene. Adesso ti credo. Non è necessario che ti esibisca…”

      “Esibirsi in cosa?” chiese una voce profonda alle loro spalle.

      Emma balbettò nel rendersi conto che Ian era vicino a loro. Il giovane le rivolse un grande sorriso e salutò Charlotte con la testa. Aveva una lattina di birra in mano.

      “Capisci il francese?” chiese Charlotte senza mezzi termini.

      “Mia zia vive a Westmount da circa vent’anni. Mia madre ebbe la meravigliosa idea di mandarmi là durante l’estate, quando ero bambino, per imparare il francese ed espandere la mia cultura. Lo capisco meglio di quanto lo parli. Mancanza di pratica”, rispose Ian.

      I suoi occhi non mollavano Emma. Era completamente ipnotizzato dalla donna. Vedeva soltanto lei. Decise di sedersi alla destra di Charlotte, di fronte a Emma. Non riusciva a spiegarsi perché fosse così attratto da lei. Era più forte di lui. Charlotte ruppe il silenzio che si era instaurato.

      “Torni ancora nel Quebec, a volte?”

      “Non ho molti motivi per tornarci, a dire il vero”, disse, immergendo lo sguardo in quello di Emma, che ascoltava senza dire una parola.

      “Posso trovartene un