buste.”
“Quella donna ha delle buste?” La donna si sedette.
Lui annuì mentre toccava una riga di testo sullo schermo.
“Buste piene di soldi?”
“No.”
“Quante buste?”
“Uhm, nove, stasera.”
“Per chi sono?”
“Lei fa troppe domande.”
“Sono solo curiosa del perché Leticia con nove buste è più interessante di me.”
“Leticia è bella quasi quanto lei, ma è il contenuto delle buste a essere importante.”
Vide un sorrisetto incurvare le sue labbra lucide di gloss color caramello.
“Per chi sono?”
“È un poliziotto?” chiese.
“No.”
“Allora perché mi sta facendo il terzo grado?”
“Cocaina,” disse la donna.
“Cosa?” chiese lui. “Sta vendendo droga qui dentro?”
“No, deve essere il contenuto delle buste.”
“Oh, santo cielo.” Bell batté un pugno sulla cover del computer. “No, non è cocaina, né qualcos’altro di illegale. È solo un foglio di carta nelle buste senza nulla scritto sopra. Ora, potrebbe andarsene prima che arrivi Leticia?”
“Mi faccia capire bene. Leticiacon nove buste, ciascuna delle quali contenente un singolo foglio di carta senza la minima traccia di soldi o droga, e senza nomi scritti sopra, per lei è più interessante che lasciare che io la intrattenga per un’ora o due?”
“Santo cielo, credo che finalmente abbia capito.”
Gli mise una mano calda sulla coscia. “È gay?”
Bell deglutì mentre la sua mano risaliva la sua gamba. Si schiarì la gola.
“Hmm… direi proprio di no,” disse lei. “Cosa diavolo c’è scritto su quel pezzo di carta? Ed è la stessa cosa su tutti?”
Lui le tolse la mano dalla coscia e la strinse. “Guardi, è fuori dalla sua portata, sia finanziariamente sia, e me ne dispiace, intellettualmente.”
“Sta dicendo che sono povera e stupida.” Lei strappò via la mano dalle sue. “Perché non aggiunge anche brutta?”
“Certamente lei è l’opposto di brutta, ma questi nove giocatori sono tutti certificati Mensa, e hanno soldi da buttar via.”
“Ha,” disse lei. “Mensa è un’organizzazione il cui unico requisito per l’ammissione è avere il QI della fascia superiore. E quanti soldi pensa che abbia?”
Si concesse di osservare i suoi occhi blu, di superare il sorriso e il seno coppa C e di scendere verso la vita stretta e l’orlo della gonna che aveva una lunghezza quasi indecente.
“Quattro o cinquecento all’ora.”
“Le piacerebbe. Per cinquecento neppure mi sbottono la camicetta.”
Ci siamo. Se non abbocca, dovrò aspettare che un altro pesce nuoti nel mio laghetto torbido.
Prese un profondorespiro ed espirò. “Bene. Abbiamo nove giocatori stasera. Ciascuno ha comprato il posto con mille dollari. Se dà un’occhiata al nostro amichevole barman laggiù…”
Indicò Blinker al bar. Quando lei guardò da quella parte, Blinker le sorrise e annuì.
“Vede quel vaso di fiori laggiù?” chiese Bell. “Sul ripiano in alto, sopra Blinker?”
“Sì. È la sua ciotola per le mance?”
Bell rise. “Contiene i novemila dollari che hanno pagato i giocatori.”
“Davvero?” Si voltò verso Bell.
“Sì. Dentro ciascuna delle buste di Leticia c’è un unico foglio di carta con un puzzle, un enigma, o qualche altro rompicapo.”
“Un puzzle diverso o sempre lo stesso?”
“No, sempre lo stesso.”
“Quindi, questi ricconi pagano mille dollari per un indovinello, e chi lo risolve si becca un sacco di soldi?”
“Wow, forse fa parte della fascia superiore.”
“Assolutamente no. Ma sembra troppo facile. È certo che siano intelligenti?”
“Sì. Ma le manca un piccolo dettaglio del gioco. I soldi vanno a chi lo risolve per primo, e ognuno ha un solo tentativo. Se la risposta è sbagliata, non c’è un secondo tentativo, e il giocatore è eliminato fino al prossimo gioco. O se indovina, ma un altro lo risolve prima, perde i propri mille dollari.”
“Bè, diavolo, potrebbero semplicemente cercare la soluzione su Google.”
“Possono provarci. Non c’è una regola contro l’uso di Google o dei libri, e del resto, possono anche chiedere aiuto a qualcuno, ma non servirebbe a niente.”
“Perché?” chiese la donna.
“I puzzle sono elaborati dal Ringmaster, la persona che guida il gioco. E non sono mai stati pubblicati da nessuna parte.”
“Che cosa ci guadagna?”
“Se nessuno risolve il rompicapo prima dell’inizio del gioco successivo, il Ringmaster si becca tutto il vaso.”
La donna fischiò. “Quanto spesso il Ringmaster si becca i soldi?”
“Non molto. L’ho visto due volte negli ultimi trenta giochi.”
“E c’è un nuovo gioco ogni notte?”
Bell annuì.
“Che lavoro fa il Ringmaster?” chiese.
“Il professore di matematica e probabilità all’università di new York.”
“E quante sono le probabilità che mi dica il suo nome?”
“Quasi nulle.”
“Allora mi dica quali puzzle sono apparsi in questi giochi.”
“Un attimo.” Bell tirò fuori il cellulare e cliccò su un messaggio. “Questo è stato veloce. Il Ringmaster ha detto di no, ma posso farle un esempio.”
“Bene.”
Bell prese un tovagliolo dal portatovaglioli in mezzo al tavolo. Con la penna disegnò un grande triangolo con due verticali dentro e due linee che lo attraversavano orizzontalmente.
“Quanti triangoli vede?”
Quanti triangoli?
La donna voltò il tovagliolo verso di lei per studiare la figura. “Dodici.”
“Ne è sicura?” chiese. “Si ricordi, ha un solo tentativo. Sbagli, e perde mille dollari.”
Mentre la donna si concentrava sui triangoli, Bell salutò con un cenno della mano una signora che era appena entrata. Indossava un vestito borgogna con scollo a V, che era passato di moda da almeno dieci anni. Era un po’ consumato ma pulito e ben tenuto. Aveva circa quarantacinque anni, vecchia per la professione, tuttavia con le rughe e le ciocche di capelli grigi ben dissimulate, faceva ancora una buona impressione. Si faceva chiamare “Coco Phoenix.”
Coco ricambiò il saluto di Bell, evidentemente felice di vederlo. Con qualche cenno della mano gli comunicò che sarebbe tornata a trovarlo dopo aver parlato con un ragazzo al bar.
“Quattordici,” disse la donna accanto a lui.
“È sicura?”
“Sì. Quanto ci ho messo?”
“Circa cinque