lui si stanno riunendo anche a Chinatown, ci sono due tizi, sempre gli stessi, che vanno lì ogni giovedì... eccole qui, qui e qui".
Così dicendo indicò i tre punti sulla cartina.
"Sei sicura?", le chiese Sante.
"Lui sembra sicuro, io personalmente non so nemmeno di cosa stiamo parlando".
"Bene, gli daremo un'occhiata. Ora puoi andare e grazie per avergli creduto".
Otohori le tese la mano e lei si ritrasse, facendo finta di non averla notata.
"Sono io a dover ringraziare voi per avermi ascoltata, altri si sarebbero fatti una bella risata, e mi avrebbero liquidata con qualche scusa".
"Ti capita spesso, Magda?".
La voce della donna era puro cristallo, la cosa più bella che avesse mai visto e sentito.
"Di non essere presa sul serio, intendo".
"Nemmeno troppo spesso, tutto sommato. Non vado in giro a spiattellare le mie capacità da sensitiva... ora devo andare, non posso far tardi al lavoro".
Aprì la borsa e ne estrasse un bigliettino che porse a Terence.
"Questo è il numero del negozio dove lavoro, in caso vi servisse ancora Mori, sembra si sia trasferito in pianta stabile nella mia testa. Ora vado, è stato un piacere conoscervi".
Fece per voltarsi verso l'uscita, quando vide entrare un uomo molto alto, sul metro e novanta, aveva capelli ed occhi scuri, ed era vestito da capo a piedi di nero, proprio come tutti gli altri.
Fu colpita da un ricordo doloroso come un pugno in pieno stomaco, barcollò leggermente guardandolo, senza capire subito il collegamento che c’era tra di loro.
"Stai bene?".
Sante le si avvicinò per aiutarla, ma lei lo fermò, con un gesto della mano.
"Sì... sì, io... sto bene", credo.
"Magda! Sei proprio tu?".
Non può essere! pensò Magda, oddio non può essere uno di quegli uomini…
"Io devo andare, adesso".
Disse uscendo il più in fretta possibile da quella casa.
"Jess?".
Questi si sentì chiamare da uno dei suoi compagni, ma era troppo stordito per prestargli attenzione e corse verso la ragazza dai capelli rossi.
"Magda aspetta".
Lei si fermò a metà del vialetto, non disse niente né si voltò a guardare l'uomo che l'aveva seguita fuori dalla grande casa.
"Aspetta per favore", disse Jess.
"Io... tu stai bene?", le chiese.
Magda si girò verso di lui guardandolo di sfuggita, non riusciva a decifrare la sua espressione. No, non era uno di loro.
"Io ti ho cercata tanto".
L'uomo la guardava con affetto e preoccupazione.
"Tu chi sei?", chiese Magda.
"Quando ti ho visto ho pensato che fossi uno degli uomini che... insomma uno di loro, ma non è così, vero? Non ricordo molto bene ma... non so perché mi sembra di conoscerti. Tu sei quello che mi ha portata via da quella casa?".
Jess si avvicinò alla ragazza allungando un braccio per sfiorarle la guancia, ma lei si spostò all'istante per non permettere quel contatto, e lui ritrasse la mano.
"Scusa, non mi piace essere toccata... ora devo proprio andare, è molto tardi".
Voltandosi s’incamminò verso il cancello, che si aprì subito permettendole di uscire.
"Jess? Torna dentro".
Otohori lo chiamò, ma lui non rispose, né si mosse.
"Dai vieni, sei appena rientrato, e devi riposarti".
Il ragazzo inspirò a fondo e con il capo chino girò sui tacchi ed entrò.
Oltrepassata la grande porta, trovò tutti gli abitanti della casa ad aspettarlo.
Fu Terence a prendere la parola.
"È lei, vero? ".
"Non voglio parlarne".
Jess si avviò verso la grande scalinata di marmo bianco, ma Sante gli si parò davanti.
"È per lei che hai perso le ali?".
"Sentite sono stanco, l'unica cosa che voglio, in questo momento, è fare una bella doccia e una bella dormita, non necessariamente in quest'ordine...".
Detto ciò, salì le scale puntando dritto verso la sua camera.
Non poteva crederci, finalmente l'aveva ritrovata.
Capitolo 2
Ricordi dal passato
Magda iniziò a correre appena il cancello si richiuse alle sue spalle, diretta verso la fermata della metropolitana che l'avrebbe portata al lavoro, il suo adorato lavoro. Tra tutti gli animali del negozio e il volontariato nei rifugi, aveva sempre le giornate piene, e questo era un bene, perché doveva tenere la mente sempre occupata per non cedere ai ricordi, non voleva pensare al passato e faceva di tutto per riuscirci.
Quel giorno però sarebbe stata dura. Arrivata al negozio, salutò il proprietario e si preparò ad affrontare la giornata.
"Ciao Magda, come va?".
Il proprietario del negozio era un uomo sulla cinquantina, con corti capelli biondi e un paio di occhi azzurri, nascosti dietro lenti dalla montatura argentata.
Mark era un bell'uomo e si manteneva bene per la sua età, ma quello che piaceva di più a Magda, oltre al fatto che fosse gay, il che le garantiva una certa tranquillità sul lavoro, era che amava sul serio quello che faceva, e non avrebbe mai venduto un animale solo per soldi: prima di effettuare una vendita si accertava sempre di come e dove venissero sistemati gli animali, e proprio come lei, non era un gran chiacchierone.
Di conseguenza, il rapporto tra loro era sereno e tranquillo…
"Magda ti senti bene?".
"Come scusa?".
La ragazza si riscosse dai pensieri che le turbinavano nella mente.
"Sì Mark, grazie. Sto bene e tu?".
"Benissimo, Nathan tornerà da Montreal fra pochi giorni, odio tutte queste conferenze...".
Bene, pensò Magda, avrebbero sicuramente fatto una bella cenetta romantica sul bordo piscina della loro grande villa...
"Vi darete alla pazza gioia, quando tornerà...", disse sorridendo.
"Ti va di venire a cena da noi, sabato prossimo?".
Mark la guardava con preoccupazione.
“Puoi anche portare un amico, se vuoi".
"Mi farebbe piacere, è da un po’ che non vedo Nathan".
Il compagno di Mark, di cinque anni più giovane di lui, aveva capelli lunghi color mogano e occhi verde chiaro, era un famoso chirurgo molto impegnato, estremamente divertente e pieno di fascino, non vedeva l'ora di rivederlo.
"Sì, mi ci vuole proprio un po’ di svago... ".
"È il nostro anniversario, il decimo... così abbiamo pensato di festeggiare".
"Dovresti comprargli un bel mazzo di rose rosse, a Nathan piacciono queste cose", caspita! Pensò Magda, dieci anni sono un bel po' di tempo...
"E anche una bella bottiglia di champagne, che berrete nell'idromassaggio… wow! Immagino già la scena".
Mark ridacchiò.
"Mi stupisci tesoro, non ti facevo così romantica".
"Non lo sono infatti, almeno