incontrare chiunque. Dire qualsiasi cosa! Doveva trovarli!
Attraversò rapidamente la casa, raccogliendo le cose che le servivano per la giornata, poi corse fuori.
Dove siete andati, ragazzi? scrisse in un rapido messaggio per Naomi mentre risaliva velocemente il vialetto del giardino e poi il vicolo.
Siamo andati a fare colazione in città, le rispose Naomi.
Dove? le scrisse Lacey, pensando alla caffetteria d’angolo, di proprietà della donna che l’aveva accusata di omicidio, o al bar poco più avanti dove si erano dimostrati ostili nei confronti di un’americana che veniva ad aprire un negozio lungo la via principale. C’erano così tanti posti dove Lacey non voleva che andassero!
Nessun messaggio da parte di Naomi. Lacey allungò il passo.
Quando raggiunse il fondo della via principale, cominciò a camminare zigzagando da un lato all’altro del viale, controllando in ogni vetrina. Non erano alla caffetteria (grazie al cielo) e neanche nel bar. Non erano neanche in panificio, o in nessuna delle graziose sale da tè, con i loro muri color pastello e le tendine quadrettate, la cui particolarità avrebbe sicuramente esercitato il suo fascino su una sentimentale buongustaia come sua madre.
“Dove sono?” mormorò Lacey a voce alta.
Era quasi arrivata al suo negozio di antiquariato, quando improvvisamente vide con la coda dell’occhio qualcosa di arancione. Girò la testa e scorse gli inconfondibili ricci rossi di Frankie attraverso la vetrina della pasticceria di Tom.
“Oh, no…” disse, ancora a voce alta, accelerando il passo.
Man mano che si avvicinava, poteva vedere sempre meglio attraverso la vetrata. Sedute accanto a Frankie c’erano sua madre e Naomi. E poi c’era Tom. Erano tutti sorridenti, come se stessero condividendo un momento di piacevole entusiasmo.
Le si strinse lo stomaco mentre spingeva la porta ed entrava bruscamente nel locale.
Tutti si girarono al suono aggressivo del campanello.
“Lacey,” disse Tom, raggiante. “Grandi notizie. I tuoi vengono a Dover con noi!”
CAPITOLO SEI
Lacey afferrò Tom per il gomito e lo trascinò nella cucina della pasticceria.
“Cosa stai facendo?” sibilò.
“In che senso?” le chiese lui, confuso.
“Hai invitato la mia famiglia a unirsi a noi per la nostra gita romantica a Dover?”
Tom scrollò le spalle. “Hanno fatto il viaggio fino a qui da New York,” le disse. “Non possiamo andarcene e lasciarli qui. Sarebbe quantomeno maleducato.” Fece un passo avanti e le accarezzò con affetto il braccio. “E comunque sarà una buona opportunità per me per conoscerli meglio. Che vorrebbe dire conoscere meglio anche te. Non penso che tu mi racconteresti di tua spontanea volontà tutti gli aneddoti imbarazzanti della tua infanzia, no?”
Le rivolse un tenero sorriso, ma non servì ad ammorbidirla. Lacey si mise le mani sui fianchi.
“Ma dove li mettiamo? Non intendo dormire ancora sul divano!”
Tom le strinse le braccia con fare rassicurante. “Rilassati. Doveva essere una sorpresa, ma la locanda è effettivamente un faro riconvertito di recente. Ho prenotato la suite principale, ma c’è la possibilità di affittare l’intero edificio. Chiamo subito il proprietario e prenoto le altre stanze, ok? Ci sarà spazio a sufficienza per tutti quanti.”
Un faro? O santo cielo! Se Tom non gliel’avesse rivelato in circostanze tanto stressanti, Lacey sarebbe stata davvero emozionata. Era una cosa unica! Così esotica! E invece la sua mente era completamente annebbiata dallo shock e l’unica sensazione che riusciva a provare era totale frustrazione.
“Avresti dovuto chiedermelo prima,” bofonchiò.
Tom la guardò perplesso. “Pensavo che avessi voglia di passare del tempo con la tua famiglia. Non avevo idea che la cosa ti avrebbe dato fastidio.”
“Non mi dà fastidio,” ribatté lei immediatamente, anche se le era difficile comprendere il complesso dei sentimenti che provava, figurarsi spiegarlo. “È solo che volevo passare del tempo con te,” disse, espirando tristemente.
“Ho buone notizie,” le disse Tom con un sorriso malizioso in volto. “Vengo anch’io.”
Ma la battuta non ebbe l’effetto di rallegrarle l’umore. Era davvero tipico di Tom. Avrebbero dovuto godersi una gita romantica, anzi, la loro prima gita romantica! Ma con la sua famiglia alle calcagna, ogni possibilità di cene a lume di candela o champagne e fragole, o bagni nella Jacuzzi sarebbe stata assolutamente fuori discussione. Eppure sembrava che la cosa non lo infastidisse per niente.
Lacey non sapeva che parole usare per esprimere quello che stava pensando. Quindi gli rivolse un mesto sorriso e si limitò a ribattere: “Sì, immagino di sì.”
“Non pensi che mi stia comportando in modo egoista, vero?” chiese Lacey lasciandosi andare a un profondo sospiro. “È solo che ero davvero entusiasta di avere del tempo tutto per me e Tom, e poi lui li ha invitati a venire con noi. Cioè, ma ci credi?”
Stava fissando gli scuri occhi comprensivi di Chester. Il cane mugolò, come a indicarle che la capiva, e lei gli accarezzò le orecchie vellutate.
“Grazie,” mormorò Lacey. “Sapevo che avresti capito.”
In quel momento, Lakshmi apparve sulla porta con il suo camice verde scuro addosso. Abbassò lo sguardo su Lacey e Chester, accoccolati sul pavimento fuori dalla gabbia aperta. “State bene lì per terra?”
Lacey annuì. Era venuta direttamente dalla pasticceria di Tom alla clinica per avere un po’ di solidarietà canina dal suo Chester, che di certo non l’avrebbe giudicata, come probabilmente avrebbe fatto invece Gina. Voleva anche salutarlo, perché quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto per un po’ di giorni.
“Avevo solo bisogno di una sessione di pet-therapy,” scherzò Lacey. Liberò le gambe da sotto il peso di Chester, che le si era sdraiato in braccio. “Gina verrà a trovarti domani,” gli disse.
Chester la guardò con occhi tristi.
“Oh, piccolo, non farmi quella faccia,” gli disse. “Tu adori Gina.”
Chester sbuffò dalle narici, poi entrò obbediente nella sua cuccia, con la coda bassa e penzolante. Lacey provò una fitta di senso di colpa.
“Sta bene là dentro?” chiese a Lakshmi, piena di preoccupazione.
La dottoressa chiuse la porta della gabbia e vi mise il lucchetto. Chester guardava sconsolato attraverso il vetro.
“Sta benone,” le assicurò. “Sta reagendo bene alle pastiglie. Stavi dicendo che qualcun altro verrà a trovarlo mentre tu sei a Dover?”
Lacey sentì le guance che si arrossavano. Lakshmi doveva aver origliato tutta la precedente conversazione tra lei e Chester, con tutta la sua lamentosa tirata su Tom che aveva invitato la sua famiglia a Dover.
Si grattò il collo in modo imbarazzato. “Hai sentito tutto, eh?”
Lakshmi rise. “Uh-huh. Mi sa di sì. Ma non ti preoccupare. Io non penso per niente che tu ti stia comportando da egoista.” Abbassò la voce. “Io vado in vacanza per allontanarmi da mia madre. Se qualcuno la invitasse a venire, sarei furente.”
Anche Lacey rise. “Sono contenta di non essere l’unica.”
Con l’umore leggermente risollevato, lasciò Chester alle capaci cure di Lakshmi e tornò verso il suo negozio.
Sua madre, sua sorella e suo nipote erano tutti dentro quando arrivò. Frankie era seduto sul pavimento e giocava con Boudicca, mentre Naomi sedeva vicino alla finestra, sfogliando una rivista di pettegolezzi. Anche Shirley era seduta, con la schiena dritta e rigida, sulla poltroncina in velluto rosso, l’espressione un misto di disagio e noia.
“Eccola