Francesco Domenico Guerrazzi

Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi


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fra i suoi avversarii: «Saul anche esso è tra i profeti?»[12]

      Tumulti gravissimi nei pressi di Massa Ducale, con collisione di contadini e soldati, non senza morti e feriti.[13]

      Tumulti contemporanei succedono a Lucca, a Pisa, a Livorno, e si temono a Firenze.[14]

      Tumulti di contraria indole a Laterina, dove in mezzo a scariche di fucile gridasi dai campagnuoli: Viva i Tedeschi! Morte alla Guardia Civica.[15]

      Conflitto sanguinoso, e aperta rivolta a Livorno nel 2 settembre 1848. Fortezze assalite dal Popolo, capitolano col Generale Torres. Si tratta di eleggere un governo provvisorio. Il Governo perde ogni autorità sul paese.[16]

      E mentre, come sarà in breve chiarito, io mi conduco a Livorno per salvare, quasi malgrado il Ministero, cotesta mia Patria dall'anarchia, e ricondurla, già già tracollante nella Repubblica, sotto la obbedienza del Principe Costituzionale, la Patria in data del 22 settembre 1848 narra, che a Lucca, a Pistoia, a Prato (e a Firenze non mancano) gli agitatori indefessamente travagliansi; nel 28 settembre afferma, che uno spirito di vertigine ha suscitato agitatori da per tutto; e già fino dal 7 settembre cotesto Giornale, i fini, le occasioni, e i motivi del tremendo agitare adduceva nelle seguenti parole: «Il partito repubblicano in Italia non ha dimenticato il suo disegno dopo il fatale armistizio. Esso allegando, che i Principi Costituzionali d'Italia non potessero più sostenere la causa della Indipendenza con una guerra ordinata, ha detto non esservi altro scampo che una guerra insurrezionale dei Popoli, e per muovere i Popoli ha creduto espediente di prendere, e creare tutte le occasioni di agitare lo interno degli Stati, a fine di potere in queste commozioni sostituire la Repubblica al Principato Costituzionale, e allora con tutte le eccitazioni possibili alzare le moltitudini, e precipitarle furiose e infierite contro gli eserciti austriaci.» E quanto diceva era vero.

      Tumulti in Firenze nei giorni 3 e 4 di ottobre, tendenti a offendere la pubblica tranquillità, e la personale sicurezza.[17]

      Tumulti a Pisa il 7 ottobre, qualificati perfidi tentativi di anarchisti.[18]

      Tumulti a Livorno nel 19 ottobre 1848, per quanto avverte la Gazzetta di Firenze del giorno 20.

      Il Consiglio Generale ebbe a sospendere la seduta del 23 settembre 1848 come nell'8 febbraio 1849. Il Presidente in quel giorno si cuopriva, e si allontanava; dopo un'ora riapriva la seduta appunto come nell'8 febbraio 1849.[19]

      La Guardia Civica lucchese, per sottrarre il conte De Laugier alle ingiurie della plebe ammutinata, ebbe a tenerlo custodito nella caserma nello agosto 1848.[20]

      La milizia, già sul cadere del luglio 1848, dava lo esempio pessimo di cacciare via gli Ufficiali.[21]

      E con più infame delitto le palle avanzate dalla guerra lombarda sparava nel collo al Capitano, uccidendolo a Pecorile nel 9 agosto 1848.[22] Gregarii eccitati all'odio dei superiori; superiori disprezzanti i gregarii: ogni vincolo infranto, milizia diventata ormai terrore non difesa. Questi erano i soldati, che si ha coraggio sostenere corrotti da me! Di ciò pure sarà ragionato altrove. —

      La mancanza delle carte necessarie non mi concede di tessere racconto più esatto dei tumulti che agitarono la Toscana dal 1846 in poi; ma basterà tanto per dire apertamente, ch'è falso si manifestasse l'agitazione fra noi sul declinare del 1848 soltanto: da più lontana origine essa muove; più antichi di quello che i Giudici dissimulano, sono gli attentati per rovesciare la forma governativa dello Stato; più vecchio che i Giudici non fingono, il disfacimento di ogni mezzo governativo per prevenire, e per reprimere; prima assai del febbraio 1849 il Popolo aveva imparato a turbare le sedute del Consiglio Generale. Chi per vaghezza, o per obbligo si accinge a raccontare fatti, o dopo lungo studio giunse a conoscerli, oppure non vi giunse: nel primo caso gli esponga ingenuo; nell'altro taccia verecondo. Qualunque poi o per fatuo, o per servile, o per altro più pravo consiglio opera diversamente, non compone storie, ma commette infamie: e quale seminò, tale raccoglie. —

      Le quali cose condurranno a confessare, che non inutile fu la mia chiamata al Ministero. Me posero a lottare, non a governare; io fui la barriera ultima intorno allo abisso; e se i miei concittadini andranno persuasi di questo, che se io non era, deplorabili giorni avrebbe veduto la Toscana, terrò siffatta persuasione per conforto del mio indegno patire. Perchè poi ne vadano meglio convinti, esporrò in quali stremi fosse ridotto il paese.

      Ho riportato qui sopra le parole gravissime del Ministro Ridolfi. Se esaminiamo gli atti dell'autorità, i discorsi pronunziati nelle Camere legislative, e le confessioni degli stessi Ministri, troveremo sempre il medesimo lamento. Nella seduta del Consiglio Generale del 16 ottobre 1848 il deputato Mazzoni domanda «se sia o no vero, che dal settembre del decorso anno la Toscana sia stata senza Polizia, e a confessione dello stesso Governo senza forza?» Odaldi deputato, risponde distinguendo l'azione della Polizia sul senso morale e sul senso politico, ma di leggieri concede, la Toscana essere rimasta da lungo tempo priva di forze governative.

      Replicando io al collegio onorandissimo dei Negozianti livornesi, che mi compartiva lode (dolce al mio cuore) «di avere ricomposto l'ordine, e data tranquillità al paese, indispensabili per la prosperità del Commercio e della Industria,» diceva: «il Governo della Toscana è ben lontano da possedere i mezzi governativi, che assicurando e confermando ogni maniera di onesto vivere civile comprimano i conati delittuosi di gente che ardisce profanare il nome di libertà per procedere poi impunemente da infame........ Ma se la Toscana non possiede ancora mezzi permanenti e duraturi necessarii a governare gagliardamente, supplisce adesso il Ministero con operosità straordinaria, con l'autorità personale, con le aderenze d'individuo, con lo entusiasta consenso di voi, e di quanti appartengono al Popolo buono.»[23] E con parole supreme ammoniva per via telegrafica il Governatore di Livorno il 16 novembre 1848: «energia, Governatore, energia, o fra un mese Toscana diventa un mucchio di cenere

      Il Prefetto di Firenze volgendosi al corpo dei Veliti, Pompieri, e Portieri, così favellava: «È vero, che i tempi e gli eventi produssero un pregiudicevole indebolimento alla forza che assicura la esecuzione della legge; ma se voi volete, potrete con la opera vostra e col vostro zelo rilevare le forze indebolite, ed ottenere plauso dal Governo.»[24]

      Ne porge eziandio splendida testimonianza il mio Rapporto al Principe per la instituzione della Guardia Municipale; io confido che i buoni, a cui mi volgo, vorranno ritornare col pensiero sopra quel documento uscito da me, e che ebbe lode nei tempi.

      Il Senatore Corsini, per cagione della violenza usata contro l'Arcivescovo di Firenze interpellando il Ministero intorno ai mezzi di cui il Governo intendeva servirsi per impedire che i disordini si rinnovassero, tale si ebbe risposta dal Ministro Mazzoni: «Il Governo si propone usare la maggiore vigilanza che gli è dato adoperare; porrà in opera tutti i mezzi possibili per prevenire disordini, ma avendo ricevuto dagli antecedenti Ministri la somma del Governo toscano nello stato più deplorabile, non è da aspettarsi da lui più di quello che umanamente sia abilitato a fare secondo LE FORZE, che vengono accumulandosegli intorno.»

      E nella stessa tornata, non dissentendo nessuno, egli aggiungeva: «Pur troppo al Governo si è fatto carico delle circostanze in cui si trova; ma, oso dirlo senza superbia, se noi non fossimo stati, più gravi — gravissimi inconvenienti avrebbero funestato la patria nostra

      Le parole del Mazzoni, quantunque sieno testimonianza di cose conosciute universalmente, e pronunziate davanti a Collegio dove molti dei Ministri precedenti sedevano, oggi, come di uomo esule ed incolpato, non si vorrebbero attendere. Ma si oda in grazia quale ricevessero immediatamente conferma dalla bocca del Senatore Capponi, poco anzi Presidente del Consiglio dei Ministri: «Intorno alle parole dell'onorevole Ministro di Grazia e Giustizia, che concernono il passato Ministero cui ebbi l'onore di partecipare, intorno a queste io sono fortunato di non potere altro che usare lo stesso linguaggio, che intorno alle interpellazioni ha usato l'onorevole Ministro. Le condizioni dei tempi, il pubblico stato delle cose, il movimento degli animi produssero tali cose, che quella medesima insufficienza, che ha trovato nel reprimere ogni atto in sè biasimevole, quella stessa insufficienza fu da noi sperimentata.»[25]

      Nel Programma ministeriale del 19 agosto