Brenda Trim

Il Guerriero Depravato


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avesse il sole. Kyran sapeva per certo che non si trovavano sul pianeta terra.

      La sculacciò nuovamente quando la sentì prendere un respiro. “Non provare a fottermi” l’informò. Sorprendentemente la ragazza rimase in silenzio, ma incrociò le braccia al petto frapponendole tra la schiena di lui e il petto di lei.

      Kyran osservò con attenzione ciò che li circondava. L’area circostante era coperta da alberi dalle fronde rigogliose, e in lontananza percepì l’odore di acqua salata oltre a quello di vari animali che però non riconobbe. Si chiese dove si trovassero.

      I demoni di livello inferiore stavano attraversando i portali tra la terra e l’inferno. Non sapeva se avessero avuto accesso all’inferno, ma doveva indubbiamente stare allerta. Era plausibile che avessero raggiunto uno dei nove gironi dell’inferno. Esistevano molte leggende al riguardo, e non tutte corrispondevano a quelle umane che prospettavano fuoco e fiamme. Era superfluo aggiungere che Kyran non avesse idea di che cosa avrebbero trovato sul loro cammino.

      Quando si guardò indietro vide il portale che avevano appena attraversato, e notò che era delimitato da un arco di pietra su cui erano stati incisi dei simboli a lui sconosciuti, ma era inequivocabile che detenessero un vasto potere. La pietra dell’arco era ricoperta in diversi punti da piante rampicanti, mentre in altri era usurata. Si trattava di un luogo antico, che stimò antecedente ai propri settecento quindici anni.

      Normalmente era possibile attraversare il portale per fare ritorno al luogo d’origine. Kyran era però piuttosto certo che il confine appena varcato si fosse richiuso; ciononostante si voltò e fece ritorno all’arco. Quando l’attraversò, avanzò di cinque passi prima di ritrovarsi davanti a un muro di roccia ricoperto di detriti.

      La femmina infuriata lo colpì nuovamente alla schiena. “Signorina, se continui così ti spoglio nuda e ti infliggo una punizione che non dimenticherai”. Gli venne da sorridere quando la udì trasalire dalla sorpresa, e allo stesso tempo trattenne a stento un grugnito indotto dall’immagine descritta. Gli piaceva l’idea di punirla molto più di quanto avrebbe dovuto. Non si intratteneva mai con gli umani perché i loro corpi erano troppo deboli per resistere alla propria depravazione.

      “Toccami e sei morto, stronzo. Adesso mettimi giù”. La ragazza si agitava con vigore tra le braccia di Kyran, il quale doveva ammettere che era forte per essere un’umana, e non poteva non ammirare il suo coraggio nell’affrontare l’ignoto. La maggior parte delle sue simili in quella situazione si sarebbero rannicchiate in un angolo a piangere. Sicuramente Mackendra era al corrente che non si trovassero più nei pressi della propria casa. L’uomo si chiese se la ragazza avesse avuto il sospetto che fosse accaduto qualcosa di magico.

      Quando gli stivali di lei lo raggiunsero ai testicoli, Kyran la scagliò a terra protestando. Il dolore lo fece piegare in due, e si massaggiò l’area dolorante. Il suo primo istinto fu quello di afferrarla per i capelli e punirla per l’insulto inflittogli. L’aveva salvata da morte certa e lei lo ripagava con un calcio nelle palle? Doveva impartirle una lezione, e gli sarebbe piaciuto farlo.

      Mackendra si affrettò a girarsi, e Kyran sorrise quando lesse la scritta sulla sua maglietta. Solamente qualcuno di così sarcastico poteva portare con disinvoltura una maglietta che recitava ‘Armata Fino ai Denti e dall’Incazzatura Facile’. Si accorse in quel momento che portava sulle spalle uno zaino, e si chiese dove l’avesse trovato. Quando l’aveva presa in braccio a casa sua non l’aveva notato.

      Un istante dopo la ragazza era in piedi, era chiaro che fosse arrabbiatissima e pronta a fargliene vedere di ogni. L’interruppe prima che potesse dire qualsiasi cosa. “Andiamo” commentò prima di prenderla per un braccio e tirarla via da dove si trovava. “Dobbiamo andarcene da qui. Le creature di questo Reame hanno percepito il nostro arrivo. Non voglio esserci quando verranno a cercarci. Dobbiamo trovare un luogo sicuro dove decidere il da farsi”.

      Le parole di lui la fecero reagire in fretta, e Mackendra si corrucciò con fare confuso. “In che senso ‘questo Reame’? Dove mi hai portata? E, per la cronaca, non vado da nessuna parte insieme a te” disse liberandosi dalla stretta di lui.

      “Molto bene. Allora resta qui a farti mangiare” ribatté lui rivolgendole un’occhiataccia. Desiderava non essere talmente attratto dalla testardaggine di lei. Kyran prediligeva le femmine che si facevano sottomettere, mentre il carattere di Mackendra era l’opposto. Si voltò e si allontanò da lei di qualche passo, lasciandola indietro.

      “Farmi mangiare da cosa?” Domandò Mackendra. Quando Kyran si voltò si rese conto che la ragazza stava osservando con attenzione l’area circostante. Doveva ammettere che la femmina era una guerriera, in posa d’attacco e con i pugni chiusi.

      “Non lo so, è quello il problema. Non è sicuro restare qui, le creature che abitano questo Reame si stanno avvicinando”. Kyran udì un battito d’ali in lontananza e qualcosa che girovagava nella giungla che li circondava. Anche Mackendra doveva essersene accorta perché qualche minuto più tardi la sentì correre verso di sé a passo pesante. Era minuta, ma faceva tanto rumore quanto un elefante.

      Kyran si voltò di scatto e le mostrò i canini. “Porca puttana, fa’ meno rumore! Attirerai le creature”.

      Mackendra trasalì dallo spavento e sgranò gli occhi. In un istante la mano di lei scomparve dietro la schiena prima di ripresentarsi stringendo un oggetto che brillava alla luce violacea della luna. Balzò in avanti verso di lui “Sei uno di quei fottuti vampiri!” Esclamò affondando la lama nel petto di Kyran. Il freddo metallo gli ferì il cuore come se fosse stato burro.

      Il dolore e lo shock del gesto di lei lo fecero trasalire. Cadde in ginocchio quando non riuscì a reggersi in piedi. “Perché non sei morto? Dovresti ridurti in cenere…Non dovresti sanguinare…” La ragazza sembrava terrorizzata. Aveva lo sguardo fisso sulla ferita che sanguinava attorno alla lama.

      “Non sono uno Skirm” disse respirando pesantemente. Portò l’attenzione sulla ferita prima di afferrare il coltello. Si preparò per il dolore che sapeva avrebbe provato. Prima di estrarselo dal petto si rese conto che Mackendra aveva preso a correre. Per un momento non la considerò; doveva attendere qualche minuto affinché la ferita si rimarginasse, in modo da non dissanguarsi nella giungla. L’ultima cosa che voleva era lasciare una traccia per le creature.

      Non si erano allontanati a sufficienza dal portale a parere di Kyran. Se qualcuna delle creature che abitavano quel Reame avesse percepito la magia del loro arrivo, il primo luogo dove si sarebbero recati sarebbe stato il portale. Una cosa per volta. Kyran strinse i denti ed estrasse la lama dal petto.

      Cadde in avanti e abbassò il capo, cercando di respirare normalmente nonostante il dolore. Stava perdendo sangue rapidamente, il flusso veniva spinto dal battito cardiaco accelerato. Tentò di alzarsi in piedi ma ricadde a terra. Strisciò per alcuni metri prima di collassare e non riuscire più a muoversi. Quando iniziò a vedere i puntini di luce gli si allargò un sorriso in volto. Quella femmina era coraggiosa come lui e gli altri guerrieri, nonché forte e testarda.

      Chiuse gli occhi quando percepì le proprie membra rimarginarsi. Mentre gli si chiuse la ferita inflittagli da Mack al cuore, Kyran s’immaginò quanto sarebbe stato piacevole punirla. L’ascoltò allontanarsi; era certo che non avrebbe frapposto troppa distanza tra sé e il vampiro. Kyran prese un respiro profondo, crogiolandosi nel profumo unico di lei, di agrumi e vaniglia. Gli sarebbe piaciuto farle del male.

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      * * *

      Un incubo. Fu l’unica spiegazione che si diede Mack. Era stata svegliata dalle fiamme che stavano divorando casa sua, e quando stava per saltare dal secondo piano, era apparso un uomo strano nella stanza. Inizialmente aveva pensato si trattasse di un pompiere in quanto l’aveva presa in braccio sistemandosela sulla spalla. Poi era stata tutta una confusione di fiamme e fumo, e si era ritrovata nel proprio giardino sul retro.

      Le era andato il sangue alla testa e aveva sentito lo stomaco agitarsi minacciosamente. Le erano bastati due secondi per comprendere che quel tizio non era un pompiere. Non l’aveva messa giù appena dopo averla allontanata dalle fiamme, nonostante le numerose richieste. Quando l’uomo