voleva mettere in discussione tutto.
“Hai ragione, dannazione.”
Lo assecondai. E che cazzo. Avevo già perso il mio ruolo di alfa. Non avevo intenzione di perdere anche il mio drago. Mi rivolsi a Nora. «Credi che potresti aiutarci a leggere questo antico idioma?»
«Chance» disse Tanner sottovoce. «Che cazzo stai facendo?»
Scossi la testa. Per una volta, avrei ascoltato quello che aveva da dire la vecchia. E non era perché al mio drago piaceva guardare sua nipote. La magia di Nora era misteriosa, e forse stare al passo era il modo più semplice per procedere.
«Non riesco a leggere ciò che c’è scritto. Ho dato un’occhiata, ma non sono riuscita a cogliere nemmeno una parola. Solo sensazioni.»
«Nonna, stai parlando per enigmi» disse Monique. Era rimasta vicino alla porta. La nostra energia aveva praticamente alzato un muro tra lei e noi.
«Mia nipote deve imparare a credere nella magia.» Nora mi mise una mano sul braccio e fece un cenno in direzione di Monique. «Forse tu puoi insegnarle come.» Si voltò e andò verso la porta.
«E questo cosa ha a che fare con l’incantesimo?» le chiese Rafe.
Nora lo guardò di traverso. «Tutto.» Poi se ne andò.
Monique era sbalordita. «Mi dispiace» disse. Il suo sguardo guizzò tra la direzione presa dalla nonna e me. «So che può essere una donna difficile.»
Rafe si prese gioco di lei. «Non sai quanto. Dove diavolo sei stata tutti questi anni, comunque?»
«A studiare medicina.» Monique incrociò le braccia davanti al petto nel caso in cui quel muro di energia non fosse stato abbastanza per proteggerla da noi. «So che dipendete da questa scatola per cambiare qualcosa che vi riguarda, ma io non credo nella magia.»
Rafe alzò le spalle. «Sei tu che ti perdi qualcosa.»
Monique prese un respiro profondo e si fece coraggio. «Farò andare via la nonna da qui il prima possibile. Se preferite, possiamo trasferirci in un hotel. Resterò a Summerland solo finché non si sarà rimessa in sesto.»
“Falla restare” chiese il mio drago.
«No.» Ignorai lo sguardo di Rafe mentre mi avvicinavo a Monique. Magari non credeva nella magia, ma irradiava da lei. «Fate parte della nostra famiglia. Potete restare nelle caverne per tutto il tempo che volete.»
«Grazie.» Monique strinse le labbra per smorzare un sorriso. Non avrebbe permesso a se stessa di sentirsi a proprio agio con noi. «Cercherò di tenerla sotto controllo.»
A quel punto fu il mio turno di ridere. «È impossibile controllare Nora Whynot.»
«Come se non lo sapessi» rispose Monique ridacchiando. «Posso controllare ogni altro aspetto della mia vita, ma con la mia famiglia, beh, è un’altra storia.»
Interessante. Quella donna teneva alta la guardia, ma mi aveva appena rivelato parecchio. Si proteggeva nell’unico modo che conosceva.
«Spero che tu rimanga per un po’, Monique.» Il mio drago era pronto a ruggire. «Potrebbe piacerti, questo posto.»
Lei sospirò. «Mi piace già.»
E detto ciò, andò via.
Capitolo tre
Monique
«Puoi tornare a Nashville ogni volta che vuoi.» La nonna mi stava aspettando nel corridoio. Aveva lasciato la porta aperta quando era uscita, convinta che la seguissi. Avrei voluto farlo, ma qualcosa mi aveva fatta rimanere dentro la stanza. Il mio cuore svolazzava ogni volta che parlavo con Chance, ma dovevo lasciare che quella fosse solo una fantasia divertente.
«Nessuno ti trattiene contro la tua volontà. Può aiutarmi Sophie a trovare una casa» aggiunse quando non risposi.
«Non me ne andrò prima che tu ti sia sistemata.» Per quanto mi piacesse quel posto, avevo un po’ di nostalgia. Cecily mi aveva mandato un mucchio di foto. Il suo tour era terminato, e lei era nel bel mezzo di una grande festa in un bar sul tetto di un palazzo. Una festa piena di celebrità. La prossima volta sarai tu la mia accompagnatrice, aveva scritto.
Era sempre la prossima volta e mai la volta buona. Mi ero persa un sacco di feste a causa dei turni in ospedale, o perché ero troppo esausta anche solo per pensare di mettere il naso fuori di casa. E in realtà, quando ci andavo, volevo sempre filare via. Non avevo niente in comune con le persone presenti. Quella sera avevo un appuntamento con una bottiglia di vino e un libro – una volta tanto non un articolo scientifico – e non avrei fatto a cambio con nulla al mondo.
La nonna scosse la testa, tenendosi al passo con me mentre tornavo in camera mia. «Se tu dessi una possibilità a ciò che ti circonda, potrebbe piacerti.»
«Ho un lavoro e una casa in un’altra città» le ricordai.
«E sono entrambi vuoti, in questo momento. Voglio che tu rimanga. Sophie è entusiasta di averti qui. E penso che anche a Chance farebbe piacere averti intorno.»
«Ho paura ad avere un appuntamento con uno qualsiasi degli uomini di questa città. Quanto tempo è rimasta qui, Sophie, prima di sposarsi? Una settimana?» Scherzavo, ma la costante paura di essermi persa qualcosa, che di solito provavo per i selfie di Cecily assieme alle celebrità, era partita in quarta al pensiero del marito della mia sorellina. Non eravamo abbastanza in confidenza per scambiarci i dettagli intimi, ma dal modo in cui lei e Tyson si guardavano, potevo essere certa che le loro notti fossero tutto tranne che tranquille.
«Due settimane. Hai tempo per pianificare la tua fuga.» La nonna ridacchiò. «Vado in camera mia. Ho perso uno dei miei libri di incantesimi preferiti nell’incendio, e voglio rimetterlo insieme prima della celebrazione di Mezza Estate.»
«Puoi ordinarne uno nuovo?» le chiesi. La nonna era brava con la tecnologia, ma alcuni di quei vecchi libri erano fuori stampa. «Se vuoi te ne cerco uno quando torno in città.»
Lei scosse la testa. «Un Libro delle Ombre è una cosa molto personale. Non ce ne sono due uguali, perché è scritto dall’incantatore per l’incantatore stesso. È un diario, una storia personale della mia spiritualità.»
«Mi dispiace che tu l’abbia perso.» E, per la prima volta, mi sentii triste per non aver capito quel lato della mia famiglia. Fino a quel momento non mi avevano incuriosita granché quegli uomini concentrati su antichi testi, impegnati a cercare di decifrare il codice di un alfabeto morto da tempo. Forse c’era una traccia di verità, in tutto quel parlare di magia. Ma io avevo bisogno di qualcosa di concreto, per poterci credere. «Mi dispiace ancora di più di non averne mai saputo nulla fino a ora.»
Avevamo raggiunto la porta della stanza occupata dalla nonna. «Dai una possibilità a quell’uomo, Monique Louise. Smettila di preoccuparti delle cose che ti stanno aspettando a casa. Mentre sei qui, sii qui.»
Dopo quel discorso, la mia bellissima camera per gli ospiti mi sembrò claustrofobica. Ero lì, in montagna, e non ne stavo approfittando. Era una notte bellissima e limpida. Le giornate erano ancora lunghe, e il cielo era di quel blu brillante che compariva quando il sole si rifiutava di cedere il posto alla luna. Le sfumature arancioni erano come le cicatrici della battaglia, ma le stelle avevano avuto l’ultima parola, e già punteggiavano il cielo.
Quel posto era meraviglioso. L’aria limpida, il paesino nella valle che brillava sotto di noi. Forse avrei potuto leggere all’aria aperta, quella sera.
Vagai lungo un sentiero scosceso, desiderando di aver cambiato i sandali che ancora indossavo con un paio di scarpe da ginnastica. Avevo fatto le valigie al volo, prima di arrivare lì, e non mi aspettavo di fermarmi a lungo. E siccome continuavo a ripetermi che sarei partita presto, non mi ero presa la briga di fare shopping.
Due sedie Adirondack in legno fiancheggiavano una buca per un focolare con una vista mozzafiato sulla Summerland Valley. Perfetto. Qualcuno aveva lasciato uno di quegli accendini