Gemma Cates

Voglio Morderti Il...


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ufficialmente una porta aperta. Lasciavamo entrare chiunque, anche chi portava borse di carta.

      Aspetta un attimo.

      Un tizio che portava una borsa di carta? Perché c’era un fattorino della consegna a domicilio alla mia festa?

      “Consegna per te. Qualcuno ha ordinato questo e ha detto che dovevo assicurarmi che venisse consegnato direttamente a Megan.” Mi aveva guardato come se avessi dovuto saperne qualcosa. Come se l’avessi pianificato. Come… oh, voleva la mancia.

      “Seguimi.” Avevo degli spiccioli in cucina. Gli avevo dato una banconota da venti dollari per un ordine che non avevo fatto, lui mi aveva ringraziato e aveva posato la borsa.

      Dopo averla spacchettata, avevo trovato alcune vaschette grandi di queso. Ma certo. Se non fossi stata mezza sbronza, lo avrei capito prima.

      Avevo trovato anche una ricevuta che mostrava l’addebito per il queso, le spese di consegna e una lauta mancia per il fattorino, tutto prepagato.

      Mi sentivo un’idiota totale e non solo per la mancia da venti dollari.

      2

      Ero andata a letto davvero tardi quella sera.

      Davvero tardi.

      Dopo altri drink. Potenzialmente parecchi altri drink, perché non riuscivo a ricordare esattamente quanti fossero stati.

      Quello che ricordavo erano i messaggi.

      Con un villoso sexy.

      Messaggi da ubriachi.

      Quando la sveglia s’era messa a suonare, a una certa ora strana, mi ero girata e l’avevo spenta, perché ero troppo stanca, con troppi postumi da sbornia, troppo impreparata ad affrontare la vita anche solo per cominciare a prendere in considerazione gli eventi della sera prima.

      Ma poi la sveglia aveva ripreso a suonare, e poi ancora.

      Alla quarta volta ero abbastanza sveglia da ricordare quei fottuti messaggi. Tranne che nessuno era così stupido, nemmeno la me ubriaca delle tre del mattino.

      Mi ero sfregata gli occhi e avevo toccato l’icona dei messaggi, cercando di ignorare il fatto che erano le 6:37 del fottuto mattino e la notte prima avevo dormito meno di quattro ore.

      Ma lì c’era tutto: la mia stupidità, immortalata per sempre nello storico dei miei messaggi.

       Io: Hey figo chitarrista barista uomo peloso

       Figo peloso: Fammi indovinare… Megan

       Io: Sì! Sei molto più intelligente di quanto sembri

      Wow, stavo veramente incarnando la mia malefica stronza interiore con quello. Apparentemente, la mia malefica stronza interiore era meno carina alle tre del mattino di quanto fosse stata prima, durante la serata, perché erano trascorsi parecchi minuti senza ricevere risposta da Oliver. La me ubriaca aveva deciso di pungolarlo.

       Io: Grazie per il queso. È stato molto carino da parte tua.

       Figo peloso: Era il minimo che potessi fare dopo che mi hai accusato di averlo mangiato tutto.

      Apparentemente, la me ubriaca era confusa per questo, non vedendo l’ironia di un uomo ingiustamente accusato che faceva quella dichiarazione, ma sapendo che c’era qualcosa di sbagliato.

       Io: Dannatamente diretto. Aspetta. Sei stato tu a mangiare il queso? O non sei stato tu a mangiare il queso?

       Figo peloso: Ti sembro uno che consuma due chili di queso in una sera?

       Io: Sembri uno che scopa molte donne

       Io: e uno che ha decisamente molta energia nel cazzo

       Io: O forse no?

       Io: Oppure il tuo cazzo è così grosso che nessuno nota la pancia da queso

      Wow. La me ubriaca delle tre del mattino era fottutamente sfacciata. E giudicante. In realtà non pensavo che un uomo dovesse avere gli addominali scolpiti per essere fisicamente attraente.

      Però non avevo detto che la sua ipotetica pancia da queso fosse non attraente, solo che in confronto al suo mostruoso cazzo spariva.

      Bel problema. Qualcuno dovrebbe togliermi il telefono quando sono ubriaca. La mia migliore amica, Becca, mi chiama stronza malefica, ma per lo più è per scherzo. In realtà non sono una stronza malefica… di solito.

       Io: Ci sei?

       Figo peloso: Sto ancora elaborando.

      Forse, a questo punto avevo rivisto i miei messaggi e mi ero resa conto di avere esagerato? Non ero sicura di cosa pensassi. L’intera conversazione era piuttosto maledettamente confusa.

       Io: Um, scusa?

       Figo peloso: Pensi di chiedermi scusa o mi chiedi scusa?

       Io: È più che certo che ti chiedo scusa, ho deciso di mandarti messaggi da ubriaca nel cuore della notte

       Figo peloso: Perché l’hai fatto?

       Io: Perché hai risposto?

      Oh, guardami, ubriaca e ancora in grado di essere evasiva. Bel lavoro, Megan ubriaca.

       Figo peloso: Ero sveglio. Non riuscivo a dormire.

       Figo peloso: Ed ero contento di sentirti.

       Io: Davvero?

      Beh, cavolo. Avevo fatto bene per un minuto, ma la me ubriaca aveva decisamente bisogno di un po’ di attenzioni.

       Figo peloso: Davvero. Ti avevo dato il mio numero. Sono decisamente contento di sentirti. Anche alle 3:17 del mattino.

       Figo peloso: Esci con me.

       Io: Lo dici così?

       Figo peloso: Non è così che funziona? Un ragazzo conosce una ragazza e le dà il suo numero. La ragazza chiama. Il ragazzo le chiede di uscire.

       Io: Non sono sicura che funzioni in questo modo.

       Figo peloso: Ok

      E poi Oliver aveva fatto un po’ il malefico di suo. Quell’uomo sapeva di avere a che fare con una donna ubriaca che aveva una durata dell’attenzione pari a quella di un moscerino e la pazienza di una pulce.

      Aveva aspettato. Tre minuti.

       Io: Cosa intendi con ok?

       Figo peloso: Hai detto che non funziona in questo modo. Sono d’accordo.

       Io: Ma… non dovresti semplicemente rinunciare.

      Di nuovo il bisogno di attenzioni. La me ubriaca faceva pena.

       Figo peloso: Cosa dovrei fare?

       Io: Riprovare?

       Figo peloso: