Joey Gianvincenzi

Le Regole Del Paradiso


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il giorno prima per puro caso tra alcune cianfrusaglie.

      Ashley prese silenziosamente i soldi, si avvicinò al ragazzo che aveva osato mettersi in mezzo alle sue faccende e gli assestò una violenta ginocchiata sui genitali. Il ragazzo si piegò su se stesso e si accasciò a terra senza fiato.

      "Da domani portameli anche tu un po' di soldi” aggiunse sistemandosi una ciocca di capelli fuori posto.

      "Io non....” cercò di dire qualcosa, ma quando Ashley gli affondò pesantemente un piede in mezzo alle gambe, il ragazzo si affrettò a dire che avrebbe portato la grana già dal giorno successivo.

      Quando la reginetta si mise a sedere le sue amiche la guardarono un attimo allibite, forse impaurite, poi parlarono l'una sopra all'altra pur di complimentarsi con lei.

      * * *

      La lettera dell'uomo che temeva di più in assoluto gli venne recapitata a mano da un giovane che, furtivo, si guardava intorno per essere sicuro che nessuno lo vedesse.

      "Questa gliela manda il capo” informò consegnandogli una busta bianca; Gary la prese e se la infilò subito in tasca. "Nessun errore. La serata, non appena lui sarà qui, dev'essere perfetta. Se ti devi rifare questa sarà l’occasione giusta per rimediare agli errori commessi”. Il ragazzo se ne andò senza salutare, si limitò a sistemare il berretto che gli era calato da una parte. Gary digrignò i denti e tornò subito a casa nonostante fosse diretto a sbrigare un paio di faccende in centro. Si rifugiò in camera sua chiudendo a chiave la porta.

      "Jolie non venire in camera, oggi non la pulire per niente, va bene?” disse estraendo la lettera.

      "Sei sicuro Gary? Potrei anche…”

      "No, oggi non devi pulire la mia camera!” gridò con foga. Sempre senza esagerare, non poteva superare i limiti con Jolie.

      "La camera non la pulisco, ma quel tono non lo usare con me, mi sono spiegata?” rispose lei che stava dietro la porta della camera da letto per essere sicura di farsi sentire bene.

      "D'accordo, d’accordo” aggiunse lui per chiudere in fretta la discussione. Quando sentì i suoi passi allontanarsi, finalmente poté dedicarsi alla lettera. L'aprì con l'emozione che si prova quando si legge o si tiene tra le mani qualcosa di incredibilmente proibito. Si accinse subito a leggerne il contenuto.

      Tra una settimana esatta sarò di nuovo a Seattle. Devi rimediare agli errori fatti altrimenti, stavolta, non ti risparmio. Sai come farmi divertire. Giocati bene questa possibilità.

      Ãˆ l’ultima.

      R.H

      Sentì la faccia andare a fuoco. Ogni cosa dipendeva dalle mosse che avrebbe fatto, lui stesso era racchiuso nelle sue mani; una mossa sbagliata, solo una e sarebbe stato fatto fuori. Rütger era un uomo perfido, ma lo sarebbe diventato ancora di più se di mezzo ci fosse stato il profumo di una donna interessante. Era la sua peggior malattia, andava fuori di testa non appena ne vedeva una giovane e bella e se qualcuno, come Gary, per un motivo o per un altro gliel’avesse tolta da davanti gli occhi, si sarebbe infuriato. Si sedette sul bordo del letto sperando che il forte mal di testa si sarebbe placato nel giro di qualche minuto. Rimase senza fiato mentre il suo cervello intensificava i pensieri, creando solo centinaia di problemi, di domande senza focalizzarsi su ipotetiche soluzioni: come fare per accontentarlo? Qualsiasi cosa avesse fatto sarebbe bastata? Avrebbe dovuto far ricorso a ogni sua capacità organizzativa, avrebbe pregato la fortuna e l'avrebbe implorata di non tradirlo; avrebbe ucciso tutti i suoi conoscenti pur di non fallire in quel delicato compito senza precedenti. Fece forza sulle ginocchia e si alzò nonostante la rabbia che aveva dentro pesasse una tonnellata. Raggiunse il suo armadio e fece per far scattare la serratura con la piccola chiave di bronzo, ma si accorse che qualcuno aveva aperto le due ante senza richiudere il mobile a chiave. Era stato chiaro da sempre con Jane, Jolie e Ginger: nessuno, per nessun motivo, in nessun'occasione, mai e poi mai avrebbe dovuto aprire quell'armadio. Tutte e tre avevano risposto che avrebbero mantenuto la parola. Gary socchiuse gli occhi e serrò i denti. Iniziò a respirare a fatica. Aprì di scatto l'anta e si accorse di qualcosa di agghiacciante relativo alla sua cassettiera. Il suo cuore batté all'impazzata e la gola gli si seccò in una sola manciata di interminabili secondi: un minuscolo triangolino di carta bianca usciva fuori dal terzo cassetto: qualcuno aveva frugato tra le lettere e adesso sapeva tutto sul suo passato.

      Chiuse gli occhi e si disse che quella volta avrebbe ucciso qualcuno.

      * * *

      Per i corridoi sembrava di vivere un intervallo ininterrotto: i ragazzi giravano tranquillamente e, tra grida e schiamazzi, sprecavano le ore che avrebbero dovuto impiegare per imparare qualcosa. Come ogni giorno il suo sguardo finì inevitabilmente sulla porta della stanza proibita, quella in cui nessuno aveva il diritto di entrare. Quel velo di mistero affascinava Jane che, curiosa, andò a leggere un foglio affisso al centro della porta. Il messaggio era composto da un'unica frase che informava gli studenti della possibilità di partecipare al concorso musicale di fine anno che, da quando era stato effettuato il restauro, si teneva con cadenza regolare; gli invitati, fino all'anno precedente, erano stati sempre numerosi e molto soddisfatti dello spettacolo offerto, anche grazie a una delle più straordinarie musiciste del mondo: Sarah Kattabel. Una donna di quarant'anni che aveva rapito tutta la stima e l'ammirazione di Jane. La adorava; ogni volta che la incontrava di sfuggita nei corridoi del liceo, la salutava; solo un paio di volte aveva avuto il piacere nonché l'onore di parlarci di persona. Era successo due anni prima, quando, tra i professori, era corsa la voce di Jane e dell’esame scritto che aveva sostenuto su Mozart. Il suo professore di lettere era rimasto talmente tanto impressionato dallo stile di scrittura, dal contenuto e dal messaggio retorico nascosto dietro quello che doveva essere solo un tema su un musicista a piacere, che lo aveva fatto leggere ai suoi colleghi, fino a farlo avere alla famigerata Sarah Kattabel. Entusiasta, aveva detto che dopo anni di studio sui libri più disparati, non aveva mai letto nulla di equiparabile a quello che una giovane studentessa era riuscita magnificamente a scrivere su uno dei compositori musicali più geniali. Aveva infatti voluto incontrarla per complimentarsi personalmente con lei.

      Jane non avrebbe mai più dimenticato l'incredibile emozione che la sconvolse quando si ritrovò a chiacchierare con una grande donna che considerava a tutti gli effetti un idolo. Legati al nome di Sarah, inoltre, c’erano i sette segreti della magnifica melodia da lei stessa creata: tutti avrebbero voluto saperli, ma a quanto sembrava la musicista non li aveva rivelati a nessuno.

      Appena letto il foglio appeso sulla porta, uscì un ragazzo con uno spartito in mano e in quel momento Jane cercò di buttare un'occhiata all'interno della stanza tanto segreta: quello che riuscì a vedere fu semplicemente la sagoma veloce di una ragazza che passava.

      Teneva la chitarra in mano e un plettro tra le labbra.

      * * *

      Sarah Kattabel veniva dal Massachusetts, esattamente da Haverhill. Fin da bambina si mostrava sveglia e acuta, anche se la precoce genialità musicale che le scorreva nelle vene non venne né scovata né tanto meno lontanamente intuita dai genitori. A tavola si parlava del direttore della fabbrica di ceramica in cui lavorava il padre, poi si passava al vice direttore della fabbrica, alle troppe ore della fabbrica, ai pochi o ai troppi ordini arrivati in fabbrica: sempre e solo la fabbrica. Quando Sarah, ormai una signorina di quindici anni, cercava di argomentare qualcosa di diverso a tavola, per esempio citando qualche politico americano o qualche autore letterario, il padre, puntualmente, rispondeva: "Loro basta che indossino giacche e cravatte, che ne sanno che si passa in fabbrica!"

      Quando poi si tirava in ballo un artista: "E che gliene frega a Michelangelo che io domani devo alzarmi alle cinque, è bello che morto, beato lui!"

      Sarah, nonostante la volontà, nonostante un velo di tristezza che le ricordava che tanto ogni speranza, con lui, era persa, non poteva fare a meno di sorridere alle battute spontanee anche se a volte volgari e scurrili, dell'uomo che per anni le aveva permesso di studiare a scuola,