May alle Isole Bermude (1598) il Reporte of the laste voyage of Capiteine Frobisher (1577) la History of travayle of John Barbot (1577) e la True relation of the travailes of William Davies barber and surgeon. Questa è del 1614, ma probabilmente correva già manoscritta fra i lettori inglesi avidi di avventure marinaresche. In tutti questi volumi si ritrovano particolari descrittivi che coincidono con quelli della Tempesta. Così nel viaggio del Frobisher è fatta parola di Sycorax, una povera selvaggia che egli trovò in un'isola e che ritenne essere una strega; e in quello del barbiere-chirurgo Davies si parla di Setebos che era una divinità adorata dai Patagoni. Inoltre tutti quei viaggiatori asserivano che le Bermude erano isole abitate da diavoli, da spiriti e da streghe e questa loro asserzione trovò tanto credito che la credenza se ne propagò fino agli ultimi anni delle guerre civili.
Quello che Guglielmo Shakespeare non potè togliere da nessun volume fu la festevolezza, la grazia e la poesia magnifica di questo lavoro che ottenne subito un grandissimo favore. Tanto grande che il Fletcher si affrettò ad imitarlo con un suo The sea voyage e lo imitò Sir John Sucling coi Gobelins, e per fino il Milton ne trasse non poche ispirazioni per The mask at Ludlow Castle. Del resto, una conferma del grande trionfo che dovette riportare questo lavoro si ha anche in una velenosa annotazione che il Ben Jonson fece alla sua Bartholomew Fair. «Se non vi è nella sua fiera un mostro servo» egli dice «chi può aiutarla? L'autore ha in odio di mostrare la natura spaventosa, nelle sue commedie come colui che inventa Racconti, Tempeste e simili scempiaggini del genere.» Ma i lettori contemporanei si troveranno più d'accordo col Warburton il quale osserva che «La Tempesta e il Sogno di una notte di mezza estate sono i più nobili sforzi di quella sublime e miracolosa immaginazione particolare allo Shakespeare, che si libra oltre i limiti della natura senza perderne il senso o—più propriamente—trascina la natura fuori di quei confini che ella stessa si era stabiliti».
PERSONAGGI RAPPRESENTATI
ALONZO, Re di Napoli.
SEBASTIANO, suo fratello.
PROSPERO, Duca legittimo di Milano.
ANTONIO, suo fratello, usurpatore del Ducato di Milano.
FERDINANDO, figlio del Re di Napoli.
GONZALO, vecchio e onesto consigliere del Re di Napoli.
ADRIANO }
FRANCESCO } Signori.
CALIBANO, schiavo deforme e selvaggio.
TRINCULO, buffone.
STEFANO, servo ubriacone.
Padrone della nave, Quartiermastro, Marinari.
MIRANDA, figlia di Prospero.
ARIEL, spirito aereo.
IRIDE }
CERERE }
GIUNONE } spiriti.
NINFE }
MIETITORI }
Altri spiriti al servizio di Prospero.
La scena è a bordo di una nave sul mare, poi in un'isola disabitata.
LA TEMPESTA
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
A bordo di una nave, sul mare. Una bufera con tuoni e fulmini.
Entrano il PADRONE della nave e il QUARTIERMASTRO.
Mastro….
Eccomi, Padrone: che c'è?
Bene. Parla ai marinari e manovrate alla spiccia: altrimenti andiamo tutti a fondo. Presto! presto!
Exit.
Entrano vari MARINARI.
Su, cuori miei: presto, presto, cuori miei! Forza! forza! Serrate il bompresso. Attenti al fischio del Padrone! Soffia finchè tu non ne possa più, vento mio: finchè abbiamo spazio!
Entrano ALONZO, FERDINANDO,
ANTONIO, SEBASTIANO, GONZALO.
Bravo mastro: mi raccomando di stare attento.
Dove è il Padrone? Siate uomini!
Fatemi la grazia di starvene giù, per ora!
Dov'è il Padrone, Quartiermastro?
Non lo sentite? C'imbarazzate la manovra. Rimanete nelle vostre cabine: così, aiutate la tempesta.
Su, su, brav'uomo, un po' di pazienza.
Quando l'avrà il mare. Via di qua! Che importa a queste ondate il nome del Re? Alle vostre cabine! Silenzio e non c'impicciate.
Sta bene. Ma rammentati chi hai a bordo.
Nessuno a cui voglia bene più che a me! Voi siete un consigliere: se potete comandare il silenzio a questi elementi e ricondurre la calma, non toccheremo più una gomena. Fate uso della vostra autorità. E se non lo potete, ringraziate il cielo di aver vissuto tanto e preparatevi nella vostra cabina per la disgrazia presente,—se disgrazia ha da esserci. Coraggio, ragazzi! Levatevi dai piedi, vi dico!
Exit.
Quest'uomo mi rassicura! Non ha nessun segno d'affogato sopra di sè: il suo fisico è tutto per la forca. Serbalo per l'impiccagione, o buona sorte! E fa che la corda del suo destino sia la gomena della nostra salvezza: sulla nostra c'è poco da contare! Se non è nato per finir sulla forca, il nostro caso è disperato.
Exeunt.
Rientra il QUARTIERMASTRO.
Giù l'albero di maestra! Presto! Più giù! più giù! Cerchiamo d'incappare la vela.
Si odono grida dal di dentro.
La peste a quelli strilloni! Urlano più della tempesta e dei nostri comandi.
Rientrano SEBASTIANO, ALONZO e GONZALO.
Da capo? Cosa venite a fare? Dobbiamo lasciare andare ogni cosa e affogare? Volete proprio colare a fondo?
Un cancro alla lingua, cane bestemmiatore e senza pietà!
E allora, manovrate da voi!
Alla forca, carogna, alla forca! Figlio di puttana! insolente ciarlone! Abbiamo meno paura di te, d'affogare.
Garantisco io che non affogherà: fosse pure la nave non più forte di un guscio di noce nè più sfondata di una sfrontata baldracca.
Serrate le vele! serrate le vele! Ammainate le drizze. Di nuovo in pieno mare: al largo.
Entrano alcuni marinari bagnati.
—Tutto è perduto!
–Preghiamo! Preghiamo!
–Tutto è perduto!
Exeunt.
E che? È dunque necessario che le nostre bocche sieno fredde?
Sono in preghiera il principe ed il Re. Andiamo a unirci a loro: il caso nostro non è diverso!
Non ho pazienza!
Siamo truffati delle nostre vite da ubriaconi! Quel brigante là dall'ampia gola! Possa tu giacere affogato e travolto da ben dieci maree!
E pure egli morrà impiccato se bene contro ciò giuri ogni goccia che quanto può s'apre per inghiottirlo.
Rumori confusi dall'interno.
–Misericordia!